Dalle microalghe estratta un’alternativa green all’olio di palma

Un team di scienziati di Singapore ha messo a punto un metodo per estrarre efficacemente oli vegetali edibili da semplici e comuni microalghe, da utilizzarsi in sostituzione dell'olio di palma altamente inquinante

L’olio di palma è un prodotto molto utilizzato nell’industria alimentare, grazie alle sue peculiari caratteristiche: è inodore e insapore, ha un costo relativamente basso, mostra grande resistenza alle temperature e irrancidisce difficilmente (quindi può essere utilizzato in prodotti che durano a lungo). Ecco perché lo troviamo praticamente ovunque, dalle merendine alle creme spalmabili, dai biscotti ai sughi pronti.

Tuttavia, come vi abbiamo già raccontato in molti articoli, si tratta di un prodotto dannoso per la nostra salute (poiché è ricco di grassi saturi, che possono danneggiare la salute delle nostre arterie e provocare problemi cardiovascolari) e per quella dell’ambiente: la coltivazione delle palme da olio, infatti, è una delle principali cause della distruzione delle foreste tropicali.

(Leggi anche: I 10 prodotti di uso comune che contribuiscono alla deforestazione)

Per provare a sostituirlo con un prodotto che sia più sostenibile dal punto di vista ambientale e al tempo stesso anche più salubre, un team di ricercatori della Nanyang Technological University di Singapore ha messo a punto un metodo efficace per estrarre un olio vegetale edibile da un particolare tipo di microalga comune, la Chromochloris zofingiensis.

Per estrarre l’olio, i ricercatori hanno utilizzato acido piruvico (un acido organico molto presente in natura) aggiunto ad una soluzione di microalghe e un liquido atto a stimolare la crescita della pianta. Questa miscela è stata tenuta esposta alla luce ultravioletta per un periodo di due settimane, per favorire il processo di fotosintesi clorofilliana, dopodiché le alghe sono state lavate e trattate con metanolo per estrarre gli oli prodotti durante la fotosintesi.

L’olio vegetale prodotto avrebbe proprietà chimiche molto simili a quelle dell’olio di palma, secondo gli scienziati, ma un ridotto contenuto di grassi saturi rispetto a questo. Inoltre, la più alta percentuale di grassi polinsaturi presente nell’olio di microalghe aiuterebbe a ridurre i livelli di colesterolo “cattivo” nel sangue e, di conseguenza, anche il rischio di malattie cardiache e ictus.

Si tratta solo di una prima fase della sperimentazione che, assicurano i ricercatori, può essere ancora migliorata dal punto di vista della sostenibilità – sostituendo, ad esempio, le lampade a luce ultravioletta con la luce naturale del Sole, o estraendo l’acido piruvico dagli scarti della lavorazione della soia o dalla buccia della frutta.

Stiamo cercando di creare un’economia circolare, trovare usi per potenziali rifiuti e reinserirli nella catena alimentare – spiega l’autore dello studio, William Chen. – In questo caso, ci affidiamo a uno dei processi chiave della natura, la fermentazione, per convertire la materia organica in soluzioni ricche di nutrienti, che potrebbero essere utilizzate per coltivare le alghe, il che non solo riduce la nostra dipendenza dall’olio di palma, ma mantiene il carbonio fuori l’atmosfera.

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Fonti: Journal of Applied Phycology / Nanyang Technological University

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