Come le lobby della carne ci manipolano per nascondere gli allevamenti intensivi

Alcune lobby del settore della carne "agiscono in modo tentacolare in ambiti della vita pubblica e privata": la denuncia di Greenpeace.

Alcune lobby del settore della carne “agiscono in modo tentacolare in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata”: la denuncia di Greenpeace contro i gruppi di settore pronti a tutto pur di prevenire il calo del consumo di carne 

Mangia carne migliore”, “Non fare a meno delle proteine animali”. Spot e slogan nelle scuole, negli studi medici, sui social network, in televisione, che lasciano poco spazio all’immaginazione: le lobby della carne si stanno infiltrando ovunque, anche di nascosto, per spingerci a consumare sempre più carne, senza necessariamente distinguere tra carni industriali e carni ecologiche.

È la denuncia che arriva da Greenpeace, che in un nuovo rapporto (Come le lobby della carne ci manipolano per convincerci che l’allevamento intensivo non esiste e che la carne è necessaria quotidianamente) si è focalizzata sugli stratagemmi con cui la lobby della carne ha risposto in Francia al cambiamento di gusti dei consumatori e delle politiche agricole, alimentari e ambientali europee.

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Molte organizzazioni di categoria, infatti, promuovono il consumo di carne, sostenendo che sia per definizione sostenibile.

In realtà mirano a farci credere che in Francia non esistono allevamenti intensivi, e quindi cercano di prevenire la riduzione del consumo di carne necessaria per rispondere alle l’emergenza climatica Questo è ciò che abbiamo studiato, dicono da Greenpeace Francia.

Greenpeace lobby carne

Greenpeace/Twitter

Una rete di influenza “dilagante”

Nel rapporto, Greenpeace ha identificato 25 organizzazioni professionali e interprofessionali che difendono gli interessi dell’industria della carne e formano “una rete tentacolare di influenza“. Tredici di questi sono legati alla Federazione nazionale dei sindacati degli allevatori (FNSEA), nove al ramo suino (Inaporc) e dieci al ramo carne e bestiame (Interbev).

Greenpeace osserva, ad esempio, che l’Interbev avrebbe sviluppato una strategia per influenzare i bambini e i giovani, che l’Inaporc finanzia un club parlamentare chiamato “Club des amis du porc” o che il 60% del bilancio dell’Associazione nazionale interprofessionale del pollame da carne (Anvol ), si è dedicata, nel 2020, alla comunicazione.

rete lobby

©Greenpeace

Una vera e propria rete, appunto e attraverso questa comunicazione le lobby intendono “convincere i consumatori di carne che sono preoccupati per il loro impatto sul pianeta e sul benessere degli animali“, osserva Greenpeace.

Dal canto loro, in pratica, il settore della carne afferma che “gli allevamenti, anche quando sono industriali”, sono “parte integrante della soluzione alla crisi climatica e ambientale”. E non vengono, così, mai presentati “come una delle sue cause”.

Secondo la Ong, i produttori giocano sui cliché dei valori francesi, mettendo in luce “il mito delle proteine”, stabilendo “un legame tra carne e identità nazionale” o – peggio – facendo credere che “la carne crei legami sociali”.

Greenpeace denuncia così, tra le altre, la campagna pubblicitaria di Interbev “Ama la carne, mangia meglio” del 2020 e ne critica la brochure “Salute: non dimenticare la carne!” distribuita da Interbev nel 2016 in 7.900 sale d’attesa degli operatori sanitari. E ricorda, inoltre, come le organizzazioni interprofessionali partecipino a numerosi eventi medici e nutrizionali professionali e pubblici.

lobby carne

©Greenpeace

E l’Europa?

L’Europa finanzia campagne pubblicitarie a favore del consumo di carne e finalizzate al rilancio della carne in Europa, denuncia Greenpeace. Nel periodo 2016-2020, oltre 250 milioni di euro sono stati destinati a campagne di promozione della carne e latticini. Le organizzazioni francesi hanno ricevuto 68 milioni di euro per la promozione di carne e latticini, a fronte di soli 17 milioni di euro per frutta e verdura.

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La carne quindi monopolizza il 54% di tutti i fondi ricevuti per la promozione dei prodotti agricoli, a discapito in particolare di
legumi, frutta e verdura. E, dal canto suo, la FICT (Federazione salumifici industriali di suini, ristoratori e trasformatori) ha dispiegato una vasta campagna di comunicazione di più di uno milioni di euro in Giappone per importatori, ristoratori o distributori. I seminari sono stati organizzati a Tokyo e Osaka, gli spot mandati in sei regioni, gli annunci mostrati sulla stampa online, sul cartaceo e sui social network. E ha anche speso circa 600mila euro in Canada per azioni simili nel periodo 2020-2021. In entrambi i casi, dicono da Greenpeace, le campagne sono state finanziate dall’Unione Europea – e quindi dal contribuenti — fino all’80%.

Il rapporto pubblicato da Greenpeace è associato a una petizione online per denunciare l’influenza delle lobby della carne sui bambini. Firma la petizione QUI.

QUI trovi il report completo.

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