Pinoli insostenibili, da dove provengono? Quando il pesto fa male l’ambiente

I pinoli, insieme al basilico, sono gli ingredienti principali della ricetta tradizionale del pesto. La preparazione del pesto non è un’esclusiva dell’Italia. Avviene ormai in diversi Paesi del mondo e la crescente richiesta di pinoli rischia di diventare un vero e proprio problema ambientale.

I pinoli, insieme al basilico, sono gli ingredienti principali della ricetta tradizionale del pesto. La preparazione del pesto non è un’esclusiva dell’Italia. Avviene ormai in diversi Paesi del mondo e la crescente richiesta di pinoli rischia di diventare un vero e proprio problema ambientale.

Che cosa sta succedendo? Secondo l’International Union for Conservation of Nature, come riporta il New York Times, la maggior parte dei pinoli importati negli Stati Uniti provengono dal pino coreano, presente soprattutto nella parte meridionale dell’Estremo Oriente russo.

Si tratta di una zona di primaria importanza ambientale: rappresenta soltanto l’1% del continente russo ma ospita circa un quarto delle specie animali ormai a rischio di estinzione sul territorio nazionale. Qui i pini non si trovano mai da soli, ma convivono con altri alberi come betulle e querce.

L’importanza del pino coreano all’interno di questo particolare ecosistema non deve essere dimenticata. Orsi, scoiattoli e cinghiali dipendono da questi alberi e dal nutrimento che offrono con le loro pigne per sopravvivere all’inverno.

In Nord America soltanto il 20% dei pinoli in vendita sul mercato proviene da alberi del territorio. Fino a poco tempo fa i pinoli venivano importati principalmente dall’Europa, soprattutto dall’Italia, ma con la crescita della domanda mondiale ora i prezzi sono alle stelle e l’attenzione del mercato si è spostata verso le varietà asiatiche meno costose, delle quali il pino coreano con la sua produzione di pinoli è la più importante.

Il problema è che la raccolta dei pinoli nelle delicate foreste russe sta mettendo in pericolo gli ecosistemi e rischia di privare animali già in pericolo d’estinzione del loro nutrimento invernale. Succede che i pinoli raccolti in Russia vengono venduti ai commercianti cinesi che li trasportano nei confini del proprio Paese. Dalla Cina i pinoli vengono quindi spediti verso i mercati esteri.

La raccolta dei pinoli in Russia sta diventando insostenibile e l’intero ecosistema dei pini coreani potrebbe giungere presto al tracollo. Gli orsi che vivono in questa zona della Russia, al confine con la Cina, appaiono sempre più affamati e perciò si avvicinano ai centri abitati.

I pinoli raccolti in Russia dalle varietà di pino coreano portano dunque con sé un costo ambientale nascosto di cui fino a questo momento non eravamo a conoscenza.

COSA POSSIAMO FARE?

Proviamo a fare attenzione alla provenienza dei pinoli che acquistiamo. Leggiamo bene le etichette delle confezioni. Purtroppo alcune confezioni che troviamo in vendita potrebbero contenere pinoli di provenienze diverse: Cina, Corea, Russia e Pakistan. I pinoli italiani si riconoscono per le dimensioni regolari e dal color avorio, mentre i pinoli orientali tendono ad essere giallognoli e di forma allungata.

Per sostituirli, almeno in parte, se siamo in dubbio sulla provenienza dei pinoli, possiamo acquistare mandorle, noci, pistacchi o nocciole di provenienza italiana per preparare un pesto alternativo. Una strategia che ci farebbe anche risparmiare denaro, dato che negli ultimi anni i prezzi dei pinoli sono saliti alle stelle.

Ovviamente il vero problema non è dato dalla piccola manciata di pinoli che usiamo per preparare il pesto fatto in casa, ma dalle grandi quantità richieste dall’industria. I puristi del pesto tradizionale non rinuncerebbero mai ai pinoli per prepararlo e grazie al cielo in Italia siamo fortunati: abbiamo tanti pini e se vogliamo possiamo raccogliere i nostri amati pinoli gratis e a chilometri zero.

Fonte foto: Huffpost

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