Terremoto, ecco perché l’Italia trema. Intervista al geologo Silvio Seno

“C’è ancora tanta preoccupazione che questa sequenza di forti scosse continui proprio perché è una situazione piuttosto tipica della sismicità dell’Appennino”.

“C’è ancora tanta preoccupazione che questa sequenza di forti scosse continui proprio perché è una situazione piuttosto tipica della sismicità dell’Appennino”.

Silvio Seno, professore ordinario di Geologia strutturale presso l’Università degli Studi di Pavia, spiega a greenMe.it, cosa sta accadendo nei territori del centro Italia, che continuano a essere interessati dal terremoto.

Ancora centinaia di scosse mentre il maltempo non lascia tregua, numerose le frazioni isolate e quelle senza corrente elettrica e acqua. In ginocchio l’Abruzzo con l’esondazione del fiume Pescara e la tragedia che ha colpito i turisti dell’Hotel Rigopiano spostata da una slavina post sisma.

Nel Centro Italia dallo scorso 24 agosto 2016 sono state oltre 47mila le scosse di terremoto.

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“La sequenza di scosse dell’Appennino centrale ci dice che la catena subisce ancora questo processo di trasformazione, e insiste su una delle aree a più alta pericolosità sismica d’Italia, con una storia sismica molto lunga, con magnitudo simili o superiori a quelle manifestate ora. Il processo è in corso, e atteso”, dice il geologo.

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La scia sismica si sta spostando verso Sud, che significa?

“Significa che con queste ultime scosse si sono attivate delle ‘sequenza di fase’ che erano state silenti per un periodo piuttosto lungo. Dal ‘700 non si erano manifestati nella zona di Montereale grandi episodi, ovvero di magnitudo simile a quella attuale.

Di conseguenza, le fratture che hanno interessato questa zona dell’Appennino sono iniziate nella parte settentrionale, e ora coinvolgono più quella sequenza di terremoti che aveva provocato il grande sisma dell’Aquila”.

Era mai accaduto che si succedessero scosse così forti a così breve distanza temporale tra di loro?

“È una situazione piuttosto tipica della sismicità dell’Appennino, ovvero sequenze lunghe con ripetizioni di episodi importanti, e nuove rotture. Per esempio, proprio nella stessa regione, nel ‘700 ci furono sequenze di episodi con magnitudo superiore a 6, realizzate con diversi episodi a breve distanza temporale l’uno dall’altro, anche di poche settimane o pochi mesi”.

Dobbiamo aspettarci scosse più forti?

“C’è in effetti ancora preoccupazione che questa sequenza possa andare avanti con altri episodi importanti. Ma ovviamente la prospettiva potrebbe non realizzarsi. Nella storia sismica di questa porzione dell’Appennino si possono verificare episodi con magnitudo superiore a 5 (anche la storia recente ce l’ha dimostrato). Vedremo nei prossimi giorni il decorso di questi episodi più meridionali. Ovviamente speriamo tutti che queste siano le scosse più forti e che progressivamente decrescano, ma non è escluso che possano verificarsi anche sismi con magnitudo superiore“.

Roberta De Carolis

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