Studio svela perché i vaccini Covid mRNA non bloccano la trasmissione, ma proteggono solo dalla malattia severa

I vaccinati contro il Covid-19 avrebbero anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma non nella saliva. Lo studio.

Sebbene il vaccino BNT162b2 COVID-19 – che contiene una molecola denominata RNA messaggero (mRNA) con le istruzioni per produrre una proteina presente su SARS-CoV-2 – sia noto per indurre anticorpi neutralizzanti IgG nel siero che proteggono dalla malattia, non è stato studiato in dettaglio se potrebbe generare un’immunità specifica nei siti della mucosa, che rappresentano piuttosto la principale via di ingresso dello stesso SARS-CoV -2

La vaccinazione mRNA BNT162b2 porta a una forte risposta immunitaria sistemica aumentando drasticamente lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti nel siero, ma non nella saliva, indicando che almeno l’immunità della mucosa orale è scarsamente attivata da questo protocollo di vaccinazione, non riuscendo così a limitare l’acquisizione del virus al suo ingresso. Il risultato è che i vaccinati contro il Covid-19 avrebbero anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma non nella saliva.

Un dato che potrebbe spiegare come mai il vaccino a mRNA sia efficace e protettivo contro la malattia severa, ma meno performante nel blocco dell’infezione e quindi della circolazione del virus. Sono queste le conclusioni di uno studio condotto dall’Università dell’Insubria e dall’Asst dei Sette Laghi sulla risposta immunitaria mucosale evocata dalla vaccinazione anti-Covid19 con Pfizer-BioNTech, pubblicato su EBioMedicine, rivista del gruppo editoriale The Lancet. 

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I vaccini a mRNA

L’Agenzia Europea per i medicinali e l’AIFA hanno autorizzato due vaccini anti COVID-19 a m-RNA: sono i vaccini Pfizer mRNABNT162b2 (Comirnaty) e COVID-19 Vaccine Moderna mRNA -1273 (Spikevax). Come agiscono?

Come spiega l’AIFA, i virus SARS-CoV-2 infettano le persone utilizzando una proteina di superficie, la Spike, che permette l’accesso dei virus nelle cellule, nelle quali riescono poi a riprodursi. Tutti i vaccini in studio sono stati messi a punto per indurre una risposta che blocca la proteina Spike e quindi impedisce l’infezione delle cellule e i due vaccini COVID-19 a mRNA approvati per la campagna vaccinale utilizzano molecole di acido ribonucleico messaggero (mRNA) che contengono le istruzioni perché le cellule della persona vaccinata sintetizzino le proteine Spike.

Le proteine prodotte stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici. In chi si è vaccinato e viene esposto al contagio virale, gli anticorpi così prodotti bloccano le proteine Spike e ne impediscono l’ingresso nelle cellule. La vaccinazione, inoltre, attiva anche le cellule T che preparano il sistema immunitario a rispondere a ulteriori esposizioni a SARS-CoV-2

Il vaccino, quindi, non introduce nelle cellule di chi si vaccina il virus vero e proprio, ma solo l’informazione genetica che serve alla cellula per costruire copie della proteina Spike. Se, in un momento successivo, la persona vaccinata entra nuovamente in contatto con il SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo.

L’mRNA del vaccino non resta nell’organismo, ma si degrada poco dopo la vaccinazione.

Lo studio

Per la ricerca, campioni di siero e saliva di 60 operatori sanitari vaccinati con BNT162b2 sono stati raccolti due settimane dopo la prima dose e due settimane dopo la seconda dose. I titoli degli anticorpi totali IgG e IgA anti-proteina S1 e la presenza di anticorpi neutralizzanti contro il dominio di legame del recettore sia nel siero che nella saliva sono stati misurati rispettivamente mediante ELISA, acronimo di enzyme-linked immunosorbent assay (saggio immuno-assorbente legato ad un enzima), un metodo d’analisi immunologica che rientra nella categoria dei test immunoenzimatici. 

Il ciclo di vaccinazione completo genera un titolo anticorpale IgG sierico elevato come dose singola in individui sieropositivi precedentemente infetti. La concentrazione sierica di IgA raggiunge un plateau dopo una singola dose nei soggetti sieropositivi e due dosi di vaccino nei soggetti sieronegativi. Dopo la seconda dose il livello di IgA era più alto nei sieronegativi rispetto ai sieropositivi. Nella saliva il livello di IgG è di quasi due ordini di grandezza inferiore a quello sierico, raggiungendo i valori massimi dopo la seconda dose. La concentrazione di IgA rimane bassa e aumenta significativamente solo negli individui sieropositivi dopo la seconda dose. I titoli anticorpali neutralizzanti erano molto più alti nel siero che nella saliva.

vaccini saliva

©EBioMedicine

Cosa significa? Che, al completamento del primo ciclo di due dosi di vaccino, tutti i soggetti immunizzati presentano anticorpi neutralizzanti anti-Spike nel sangue ma non nella saliva, nella quale sviluppano anticorpi neutralizzanti solo gli individui precedentemente esposti all’infezione naturale e le cui mucose orali sono state a contatto con gli antigeni virali.

Oggi il riacutizzarsi della pandemia – spiegano i ricercatori Lorenzo Azzi e Greta Forlani – fa emergere sempre con maggiore urgenza la necessità di indurre un’immunità sterilizzante per bloccare la diffusione del virus. A nostro parere per raggiungere questo obiettivo occorre rafforzare le difese immunitarie a livello delle vie aeree, sviluppando ad esempio preparazioni vaccinali somministrate nel cavo orale o nelle vie nasali, che rappresentano la prima barriera all’ingresso del virus nell’organismo. Sulla base delle evidenze sperimentali ottenute da questo primo studio, stiamo valutando l’andamento della risposta immunitaria umorale nel siero e nelle mucose negli stessi soggetti a circa sei mesi dal termine del ciclo vaccinale e dopo il terzo boost antigenico.

Secondo gli studiosi, questi dati spiegherebbero almeno in parte perché la vaccinazione a mRNA sia efficace e protettiva contro la malattia severa, ma meno performante nel blocco dell’infezione e quindi della circolazione del virus tra i soggetti vaccinati. 

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Fonti: EBioMedicine / AIFA

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