Finlandia: stop al reddito di cittadinanza. Ecco perché l’esperimento è fallito

Il reddito di cittadinanza in Finlandia giunge al capolinea. Il paese, il primo a introdurlo in maniera sperimentale, ha sancito la fine di questo esperimento. Le motivazioni ufficiali non sono state ancora rese note ma alcune analisi hanno spiegato perché l'iniziativa non ha avuto l'esito sperato

Il reddito di cittadinanza in Finlandia giunge al capolinea. Il paese, il primo a introdurlo in maniera sperimentale, ha sancito la fine di questo esperimento. Le motivazioni ufficiali non sono state ancora rese note, ma alcune analisi hanno spiegato perché l’iniziativa non ha avuto l’esito sperato.

Il governo finlandese sospenderà il reddito di cittadinanza alla fine di un periodo di studio di due anni invece di estenderlo. Introdotta all’inizio del 2017, la misura dava a 2.000 finlandesi disoccupati di età compresa tra 25 e 58 un pagamento mensile di 560 euro per due anni, fino a dicembre di quest’anno.

“In questo momento, il governo sta apportando cambiamenti che stanno allontanando il sistema del reddito di cittadinanza”, ha detto a Svenska Dagbladet Miska Simanainen.

I possibili motivi del flop

I cittadini che lo hanno ricevuto non avevano alcun obbligo di cercare né accettare un impiego. In ogni caso, pur trovando lavoro, avrebbero comunque avuto diritto allo stesso importo. Un vero e proprio stipendio gratis che aveva destato non poche perplessità. Ufficialmente il governo non ha specificato i motivi del flop ma sono molte le analisi che negli ultimi mesi ne hanno decretato lo scarso successo.

In primo luogo, si parlava di piani per includere i lavoratori nell’esperimento a partire dall’inizio del 2018, ma ciò non è accaduto. Poiché i lavoratori non sono stati inclusi, l’analisi sull’effettiva utilità del reddito di cittadinanza è stata limitata, non potendo includere l’impatto, positivo o negativo, dell’iniziativa nel promuovere cambiamenti di carriera o nella formazione professionale.

“Due anni sono troppo brevi per essere in grado di trarre conclusioni estensive per un esperimento così vasto”, ha detto a YLE Olli Kangas, esperto in materia. “Avremmo dovuto concedere più tempo e più denaro per ottenere risultati attendibili.”

In secondo luogo, un rapporto dell’OCSE consegnato dall’ex primo ministro finlandese e attuale vice segretario generale dell’organizzazione, Mari Kiviniemi, ha dimostrato che il programma era troppo costoso. Inoltre avrebbe fornito una protezione sociale insufficiente e non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, addirittura incrementando la povertà in Finlandia.

In terzo luogo, il sistema previdenziale finlandese prevede sussidi di disoccupazione, sussidi per l’alloggio, indennità di assistenza a domicilio per i figli e molti altri servizi. I critici dell’Ocse hanno notato che il reddito di cittadinanza attuale non spingeva i beneficiari a cercare un impiego:

“La Finlandia dovrebbe sviluppare un modello per combinare i sussidi di disoccupazione, i sussidi di reddito, il sostegno all’alloggio e l’assegno per l’assistenza ai figli a carico – e dovrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di unire le indennità giornaliere. Mettendo tutto questo insieme nascerebbe un modello in grado di incoraggiare la ricerca di lavoro” ha detto Kiviniemi.

Reddito di base nel settore tecnologico

Anche se l’esperimento della Finlandia si sta concludendo con risultati parziali e deludenti rispetto alle aspettative iniziali, il reddito di base è una politica sociale sempre più popolare tra i leader del settore tecnologico, come Elon Musk, Chris Hughes co-fondatore di Facebook e il futurista Ray Kurzweil.

Gli imprenditori tecnologici approvano il cosiddetto UBI, un sistema in cui ogni individuo riceve una quantità standard di denaro. A loro avviso, oltre a contrastare la povertà, potrebbe anche aiutare a risolvere il problema dell’aumento della robotizzazione nella forza lavoro.

Il futuro della Finlandia

Tuttavia, in Finlandia i sussidi di disoccupazione esistenti erano così alti e il sistema così rigido che un disoccupato avrebbe potuto scegliere di non cercare lavoro perché avrebbe rischiato di perdere denaro. In questo senso, il reddito di cittadinanza era stato stato pensato come un incentivo spontaneo alla ricerca di un nuovo impiego, un modo per reinventarsi avendo in un certo senso le spalle coperte.

Così non è stato. A dicembre dell’anno scorso, il parlamento finlandese ha approvato una legge che porterà il sistema di welfare del paese nella direzione opposta. La nuova legge prevede che le persone in cerca di un impiego lavorino per almeno 18 ore per tre mesi. E se non riescono a trovare un lavoro simile, perdono una parte dei benefici. Il ministro delle finanze Petteri Orpo ha già in programma un nuovo progetto, ancora non illustrato, una volta che l’esperimento sul reddito di cittandinanza si concluderà, a dicembre 2018.

“Quando l’esperimento del reddito di cittadinanza terminERà quest’anno, dovremmo lanciare un processo di credito universaleha detto Orpo.

Nessun risultato ufficiale dell’esperimento sarà pubblicato fino al 2019, dopo che il progetto pilota sarà ufficialmente giunto al termine.

Il reddito di cittadinanza in Canada

Altri paesi, tra cui il Canada, stanno sperimentando il reddito di cittadinanza. In Italia ancora non se ne parla, anche se è in vigore un altro sistema, quello del reddito di inclusione (Rei). Si tratta di una misura volta a contrastare la povertà e che consiste in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona. Per la componente economica, è previsto un limite di durata, con possibilità di rinnovo, subordinato alla verifica del persistere dei requisiti. Si rivolge prima di tutto alle famiglie con bambini in povertà assoluta e ai lavoratori che hanno perso l’impiego e hanno più di 55 anni di età, con un Isee non superiore ai 3mila euro. Inoltre, l’erogazione del reddito è subordinata alla partecipazione a misure utili per trovare lavoro o per migliorare il livello di occupabilità della persona e della famiglia indigente. Si tratta di un intervento diverso rispetto al reddito di cittadinanza, di inclusione attiva e di “accompagnamento” verso il lavoro.

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Francesca Mancuso

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