Enologica 33: a Montefalco la green economy del vino

Montefalco (conosciuto anche come la ringhiera dell' Umbria), in provincia di Perugia, dal 14 al 16 settembre ha ospitato Enologica 33, manifestazione dedicata al vitigno che ha reso la cittadina Umbra famoso in tutto il mondo, il Sagrantino.

Montefalco (conosciuto anche come la ringhiera dell’ Umbria), in provincia di Perugia, dal 14 al 16 settembre ha ospitato Enologica 33, manifestazione dedicata al vitigno che ha reso la cittadina Umbra famoso in tutto il mondo, il Sagrantino.

La tre giorni montefalchese, divenuta ormai una tra le principali manifestazioni enologiche d’Italia ha visto nel programma numerosi eventi di carattere strettamente viticolo – enologico (banco di assaggio dei vini di Montefalco, passeggiate sulla strada del sagrantino, brevi corsi di assaggio e di abbinamento vino – cibo, convegni e presentazioni di libri sul tematiche legate al vino) affiancati a manifestazioni extra enologiche (mostre e concerti)

Momento molto partecipato della tre giorni è stato il convegno “la green economy del vino, territorio, innovazione, qualità, sostenibilità” tenutosi venerdì 14 settembre nel prestigioso scenario del complesso museale di San Francesco, in pieno centro storico.

Con il convegno si è inteso mettere in luce che la ricerca di strategie di sviluppo da parte delle aziende deve passare attraverso scelte economicamente ed ambientalmente sostenibili (scelte green).

ecologica

Il convegno promosso dall’amministrazione comunale montefalchese e dall’imprenditore viticolo Marco Caprai si è sviluppato in due sessioni, nella prima dal titolo “dai produttori ai mercati internazionali: strategie di produzione innovative per le nuove richieste della green economy” nella quale sono state presentate le scelte “green” di alcune aziende viticole della penisola, nonché progetti in ambito viticolo promossi da istituzioni pubbliche.

Nella seconda parte dal titolo “quale green value per il vino italiano? nuovi valori, nuovi mercati e nuove opportunità per la viticoltura europea del nuovo millennio” si è cercato partendo da interventi istituzionali di andare oltre il vino in senso lato spaziando un po’ più a 360° sul valore e le potenzialità del made in Italy agroalimentare.

La prima parte ha visto l’intervento istituzionale della Dott.ssa Margherita Vitale, della segreteria tecnica del Ministero dell’ Ambiente che ha presentato un progetto a sostegno dell’economia vitivinicola, più specificatamente della green economy, che si colloca nel programma di riduzione dei gas serra e nella promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, progetto che consiste in un partenariato tra Ministero dell’Ambiente e aziende private (di vari settori produttivi) al fine di valutare il dato ambientale delle produzioni italiane.

L’obiettivo del progetto è quello, partendo da standard internazionali di misurazione dell’impatto ambientale, di tarare quest’ultimi su quelli che sono le realtà produttive italiane.

Il progetto di viticoltura sostenibile uno tra i primi promossi dal Ministero dell’ Ambiente, in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e Perugia e la Cattolica di Piacenza e alcune aziende pilota selezionate, ha messo a punto una metodologia di calcolo e valutazione dell’impronta ecologica del vino, basata non soltanto sull’impronta di acqua e di carbonio ma anche sulla gestione agronomica del vigneto e del territorio creando un codice di sostenibilità delle aziende vinicole che segua precise linee guida (sviluppo del programma di gestione ambientale, realizzazione del software e della piattaforma web, formazione, certificazione di processo e tecniche di sostenibilità, disseminazione dei risultati) per arrivare al risultato finale, la creazione di un marchio garantito dal Ministero per la produzione sostenibile della viticoltura italiana.

Gli indicatori individuati sono 4 :

Carbon foot print (impronta carbonica , valuta le emissioni di gas serra generate direttamente od indirettamente da un processo produttivo)

– water foot print (volume di acqua consumato direttamente od indirettamente nella realizzazione di un prodotto durante tutte le sue fasi), gestione agronomica del vigneto (indicatori sono rappresentati dall’ uso dei prodotti fitosanitari, gestione della fertilizzazione, uso delle macchine ed effetti sulla compattazione del suolo, gestione della sostanza organica, controllo dell’erosione, gestione della biodiversità),

gestione del territorio (mantenimento dell’integrità del paesaggio, consumo del suolo, qualità scenica e rappresentatività, promozione turistica della zona, salute e sicurezza degli operatori, comunicazione della sostenibilità, comunicazione riguardante il consumo consapevole).

I risultati (che dovrebbero essere presentati in occasione dell’ edizione 2013 di Vinitaly) saranno comunicati in maniera quanto mai semplice introducendo delle classi di sostenibilità e ricorrendo a strumenti quali software e piattaforme che siano da supporto al programma di sostenibilità.

La Carbon Footprint di Salcheto (Montepulciano)

La parola è poi passata ai produttori, in primis Michele Mannelli dell’azienda Salcheto di Montepulciano nel Senese che ha illustrato il progetto Salcheto carbon free.

Il progetto in questione portato avanti di concerto con l’Università di Siena, Ibmet CNR, CSQA (ente certificatore), Valore Italia, Extra, Fabbrica del sole, si propone di sviluppare diversi aspetti:

  • Carbon foot print di una bottiglia di vino rosso
  • Carta di Montepulciano per la carbon footprint del vino
  • Calcolo eco sistemico degli assorbimenti del vigneto
  • Packaging a minor impatto
  • Indice di biodiversità del vigneto
  • Indice del consumo di acqua

Il carbon footprint permette di monitorare gli effetti clima alteranti delle attività attraverso le emissioni generate, ed i consumi di energie fossili, dando credibilità alle strategie aziendali.

La metodologia di analisi della carbon footprint si compone di varie fasi: fase di campagna (lavorazioni manuali e meccaniche sui vigneti), trasformazione e confezionamento in cantina, commercializzazione e ufficio.

Altro elemento di sostenibilità è stato l’inserimento del calcolatore di Co2 sulla bottiglia che permette al consumatore via web tramite un codice apposto sull’etichetta di calcolare la carbon foot print in base al luogo dove il vino viene stappato.

SOStan, Planeta di Menfi (Agritento)

L’attenzione si è spostata in Sicilia, regione dalla quale arriva l’esperienza di Alessio Planeta dell’omonima azienda agricola, di Menfi in provincia di Agrigento che in realtà raggruppa un maggior numero di aziende sparse in giro per la Sicilia (circa 350 ettari di superficie totale).

Planeta ha evidenziato come anche in viticoltura sia sempre più necessario muoversi nel campo della sostenibilità considerando tutti gli elementi a monte di essa : cambiamenti climatici, scarsità e costi elevati della risorsa idrica, aumento dell’energia, perdita di suoli agricoli, limitata crescita dell’ offerta alimentare.

Ci si chiede a questo punto quali sono i motivi che dovrebbero portare un‘azienda ad aderire ad un progetto di sostenibilità, che deve essere non tanto una destinazione quanto una direzione, per far ciò è necessario che l’azienda sia attiva nell’aumentare la protezione ambientale, risponda efficacemente alle preoccupazioni sociali nonché alle necessità espresse dal mercato del vino, riduca input ed output non necessari ed i costi superflui, minimizzi il rischio ambientale e migliorare l’autosufficienza economica.

L’azienda Planeta grazie ad un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Ambiente e con le Università di Milano (che si occuperà della parte agronomica) e Piacenza ha sviluppato SOStain programma di sostenibilità ambientale volontaria allo scopo di incrementare il livello di sostenibilità delle aziende operanti, che trae ispirazione dal California sustanable winegrowing alliance e che segue numerosi indicatori (risorse idriche, colturali, suolo, energia,risorse umane ed economiche, naturali e territoriali).

Tauleto wine fragrance di Cantine Umbre Cesari

Dalla Sicilia la geografia della sostenibilità ci porta in Emila Romagna precisamente a Castel San Pietro Terme nel Bolognese da Gian Maria Cesari delle Cantine Umberto Cesari.

L’azienda emiliana ha messo in atto scelte green in tutte le fasi produttive, riutilizzando i sottoprodotti del vigneto (tralci e scarti di potatura come cippato, foglie e grappoli come fertilizzante) e quelli della cantina (i raspi trovano utilizzo in distilleria, dalle vinacce si estraggono i polifenoli, dai vinaccioli si estraggono oli essenziali).

Caratteristiche benefiche di polifenoli ed oli essenziali sono sfruttate in maniera innovativa dando vita ad una linea di prodotti cosmetici denominata Tauleto wine fragrance.

Tale linea di prodotti sfrutta componenti chimici resveratrolo, bioflavonoidi ed antociani estratti dalle vinacce grazie ai quali si ottengono creme per il viso oli per il corpo, ecc.

L’azienda si è dotata di pratiche ecosostenibili anche per quanto riguarda l’irrigazione (ricorrendo alla sub irrigazione), il controllo degli insetti dannosi (utilizzo di trappole a feromoni), l’ impiego di concimi organici (basso impatto ambientale), l’utilizzo di tappi in sughero ( naturali, biodegradabili e riciclabili) e di bottiglie più leggere (riduzione delle emissioni di Co2), l’ interramento del 50% della cantina di nuova costruzione (risparmio di energia elettrica), la raccolta differenziata (riutilizzo di materie prime).

La scelta green guarda anche alle energie rinnovabili, la nuova sede è stata dotata di un impianto fotovoltaico integrato (dalla potenza di 16 kwp), ed è in progetto una centrale a biomasse (2,9 MW di potenza) al fine di produrre biogas (4000000 m3 l’anno) e compost, riducendo le emissioni di CO2 di 5,182 tonnellate e recuperando 1,6 MWh di energia termica.

Dopo le aziende è stata la volta degli enti di ricerca, Tito Caffi dell’ Università Cattolica di Piacenza ha illustrato i progetti Vite.net e vitebio.net , sistemi di supporto alla difesa della peronospora in viticoltura biologica con lo scopo di rendere la viticoltura intensiva sostenibile.

Il sistema utilizza tecniche DSS (decision support system) raggiungibili semplicemente da un palmare o da un computer tramite l’inserimento di username e password che raccolgono informazioni in continuo da centraline agrometereologiche GPRS.

Vitebio.net si inserisce in un progetto europeo più complesso che permette di avere il “vigneto in un click“, basato su modelli grazie ai quali è possibile ottenere informazioni sul prodotto e sulla dose ottimale da utilizzare contro i principali agenti patogeni nonché sul rischio di infezione, il grado di protezione e sul registro dei trattamenti.

Leonardo Valenti, docente di viticoltura ed enologia presso l’Università degli Studi di Milano ha presentato il progetto “Montefalco 2015; the new green revolution” finanziato dalla regione Marche.

Il progetto, denominato Gea (gestione efficienza e sostenibilità ambientale) Vite nasce con l’intento di introdurre un protocollo vitivinicolo che permettesse di misurare la sostenibilità ambientale.

Gli indicatori presi in considerazione sono numerosi : sicurezza ambientale e del lavoro, cantina, gestione del vigneto, formazione e comunicazione, ambiente paesaggio e biodiversità, qualità delle uve e del vigneto, nuovi impianti, gestione del suolo.

Il progetto si basa su di un software, GEA.Vite (www.geavite.it) che permette l’autovalutazione aziendale, il calcolatore ITACA per calcolare l’impronta carbonica, strumenti per la valutazione della qualità del suolo e indici di rischio dei trattamenti fitosanitari, inoltre è possibile per l’azienda effettuare una sorta di auto valutazione.

Sviluppato il software è stato formalizzato un nuovo decalogo di regole di adesione volontaria che una volta sottoposte ad un ente certificatore permetteranno all’azienda di ottenere la certificazione New green revolution.

La seconda parte si è aperta con due interventi istituzionali, l’Assessore all’agricoltura della Regione Umbria, Fernanda Cecchini che ha posto l’accento sull’elevato numero di progetti presentati (ben 44) nell’ambito del piano di sviluppo rurale e che una parte consistente di essi siano dedicati alla vitivinicoltura, la viticoltura umbra, ha sottolineato inoltre l’assessore si configura d alta qualità, sono presenti vigenti importanti e non è necessario che ne vengano reimpiantati di nuovi; Aldo Longo della Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione Europea ha invece fatto un breve excursus sulla politica agricola comune.

Il Dott. Longo è partito affrontando tre eventi importanti per la politica agricola comune : la riforma vino del 2008, le prospettive della Commissione Europea per la politica agricola comune dopo il 2013 e la riforma della PAC 2014 – 2020.

Ultimi due interventi prima delle conclusioni sono stati Mauro Rosati Direttore e fondatore del consorzio Qualivita e Oscar Farinetti fondatore di Eataly, che si battono per la protezione e la valorizzazione dei prodotti agro alimentari.

Rosati ha posto l’accento sulle eccessive certificazioni presenti nel nostro paese (494) e che forse il suo concetto viene un po’ travisato, e di pari passo con questo si chiede come il ristoratore scelga i prodotti che utilizza e come sono cambiate le abitudini alimentari degli italiani (21 milioni di persone consumano un pasto fuori casa).

Il tentativo di Qualivita di promuovere il made in Italy agroalimentare si è addirittura scontrato con il colosso della ristorazione Mc Donalds (MCD Italia) che ancora nel 2006 fedele alla sua origine utilizzava solo materie prime principalmente statunitensi, l’idea della quale Qualivita si è fatta promotrice era di inserire nel menù un panino 100% italiano, ma il diniego della dirigenza Italiana di MC Donalds si è rivelato molto forte.

Nonostante tutto nelle sedi italiane della catena di ristorazione con l’andare del tempo sono stati inseriti numerosi prodotti italiani (speck Alto Adige, Grana Padano, mozzarella, mele della Valtellina, arance di Sicilia, ecc) ed è stato creato MC Italy con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Nell’intento di porre l’accento sulla valorizzazione dei prodotti agroalimentari italiani si è dato vita allo standard Qualivita allo scopo di avvicinare dal punto di vista della comunicazione le imprese della ristorazione e i consumatori; tale standard ha permesso l’introduzione del bilancio della qualità delle aziende ristorative, fornendo uno strumento di valutazione della sostenibilità che includa anche il bilancio ambientale e sociale.

Oscar Farinetti fondatore di Eataly si batte per valorizzare il made in Italy agroalimentare e le professionalità che sono dietro i prodotti.

Farinetti ha portato l’esempio un po’ assurdo dell’etichetta di un vino per creare la quale bisogna quasi essere “ingegneri nucleari” dovendo rispettare determinate quanto assurde dimensioni mentre le stesse etichette non riportano che generiche indicazioni (ad esempio “contiene solfiti”) e che in campagna è fondamentalmente possibile utilizzare un po’ quello che si vuole.

Critiche infine vengono mosse anche all‘eccessivo costo dei vini dovuto agli elevati costi delle materie prime e che i vini stessi potrebbero essere fatti in maniera più naturale.

In conclusione il Dott. Mario Guidi, Presidente di Confagricoltura ha sottolineato il fatto che le potenzialità e le capacità italiane anche in campo agricolo devono essere messe a frutto, e che è fondamentale riuscire a mettere insieme le cose, nel nostro paese ad esempio siamo famosi per il pomodoro e per la mozzarella ma è la pizza che nel mondo da valore a ciò che è Italia.

Potenzialità che devono essere messe anche nel raggiungimento degli obiettivi della sostenibilità che va declinata a 360° passando dal mantenimento dell’ambiente e del territorio per proteggere l’intera viticoltura mondiale.

Domenico Aloia

Leggi anche:

Cantine ecosostenibili: vino carbon free. Il caso della Salcheto di Montepulciano (SI)

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