Vogliono mettere le targhe alle biciclette (quindi tassarle): vi spieghiamo perché non è una buona idea

La proposta è di quelle che divide: targare le biciclette e rendere obbligatoria l’assicurazione. Ciò significherebbe per i cittadini un esborso enorme, di fatto dando la mazzata finale alla mobilità sostenibile (che già in Italia non se la passa benissimo)

Sta facendo discutere l’annuncio del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini che, rispondendo al question time alla Camera dei Deputati, ha aggiornato su alcune novità riguardanti la riforma del Codice della Strada previste per le due ruote.

Il pacchetto mobilità, ha fatto sapere, interverrà anche sulla mobilità dolce, sulle due ruote che non erano disciplinate nel 1992 prevedendo casco, assicurazione, targa e frecce obbligatorie per monopattini e biciclette.

Se da una parte alcuni obblighi possono apparire giusti, ad esempio quello del casco per proteggere i ciclisti troppo spesso vittime di gravissimi incidenti o la regolamentazione più severa per i monopattini, dall’altra c’è il rovescio della medaglia. Prevedere una targa e un’assicurazione significa, per chi ha scelto questa mobilità sostenibile e alternativa, vedersi tassare a tutti gli effetti l’uso delle biciclette.

I costi esorbitanti disincentiverebbero l’uso delle due ruote a pedali

L’Italia, si sa, già di per sé è un Paese molto indietro per quanto riguarda l’uso delle due ruote a pedali, cui troppo spesso si preferisce l’auto o i mezzi pubblici ben più inquinanti anche e soprattutto per un problema di sicurezza sulle strade.

Immaginate se a ciò si aggiungesse il fatto di dover pagare per avere una bici. In primis si andrebbe a porre la necessità di istituire un Pubblico Registro Ciclistico (simile al Pubblico Registro Automobilistico) che si occupi di registrare le biciclette e dunque emettere le targhe.

Poi, esattamente come avviene ad esempio con i ciclomotori, sarebbe a carico del cittadino immatricolarle. Di quanto parliamo, in soldoni? Possiamo paragonare la spesa a quella prevista per un piccolo 50cc che costa all’utente ben 55 euro cadauno. Pur supponendo una cifra minore, rimane comunque alto l’esborso iniziale anche solo per acquistare un classico regalo al figlio promosso a scuola. Oltre al costo della bici, dunque, anche quello dell’immatricolazione.

La contrarietà anche dell’ANCMA

A ciò dobbiamo aggiungere il prezzo dell’assicurazione. Il quadro che ne esce è allarmante e preoccupante. Con tutta probabilità, vista anche la crisi economica, ben pochi genitori si troverebbero a poter spendere tutti questi soldi per iniziare i più piccoli alla mobilità alternativa. E di conseguenza loro stessi, già restii ad andare a lavoro in bici, abbandonerebbero del tutto questa idea.

In fin dei conti la bici è un mezzo più faticoso delle quattro ruote, ma ha dalla sua il fatto che non si spende quasi nulla rispetto all’auto per cui invece si hanno i costi del parcheggio, del carburante e così via. Se ora però andiamo anche a togliere questo discorso, rendendo la bici persino economicamente svantaggiosa, chi la userebbe più?

Critica nei confronti del provvedimento anche l’ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) che in una nota ha fatto sapere come questi obblighi non siano contemplati in nessun Paese d’Europa:

Si tratta di misure che non vanno nella direzione di ottenere maggiore sicurezza, per la quale serve un impegno strutturale ed educativo a tutela di chi utilizza la bicicletta, che è un utente debole della strada.

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