Nutella: arriva dall’UE la minaccia per la crema spalmabile più famosa al mondo

Che mondo sarebbe senza Nutella? Presto forse potremmo scoprirlo, se si avvererà quanto si sta delineando dopo l'ultimo voto del Parlamento Europeo in materia di etichettatura dei prodotti alimentari.

Che mondo sarebbe senza Nutella? Presto forse potremmo scoprirlo, se si avvererà quanto si sta delineando dopo l’ultimo voto del Parlamento Europeo in materia di etichettatura dei prodotti alimentari.

Pochi giorni fa è stato infatti respinto un emendamento fortemente voluto dagli industriali del settore e presentato dell’eurodeputata tedesca Renate Sommer (Ppe) che chiedeva l’eliminazione dei profili nutrizionali dalla normativa con cui l’Europa punta a regolamentare l’informazione sulle etichette alimentari. Noi che da sempre ci battiamo per una maggior chiarezza nei confronti dei consumatori, vogliamo vederci chiaro: la norma mirerebbe ad evitare che si facciano pubblicità ingannevoli su prodotti non propriamente sani. In particolare, il profilo nutrizionale che la UE sta definendo per gli alimenti prevede che per ogni 100 grammi di prodotto, non ci possano essere più di 10 grammi di zucchero, 4 grammi di grassi saturi e 2 milligrammi di sale.

Se questa norma dovesse passare, i prodotti che non rispettano le quantità stabilite non potrebbero più essere pubblicizzati facendo riferimento positivo alle loro proprietà nutrizionali o salutistiche. E in questo, se i parametri fissati non saranno troppo rigidi, possiamo a buon diritto dare ragione alla UE nella lotta contro le pubblicità ingannevoli.

Dall’altro lato, ciò che ci stupisce è invece la deroga fatta per i chewingum, le pastiglie per la tosse e i biscotti: se infatti è vero, come afferma Francesco Paolo Fulci (vicepresidente della Ferrero), che non esistono prodotti dolciari in grado di rispettare quantità di zucchero così restrittive, allora ci chiediamo perché esonerare questi prodotti dalla norma. Riteniamo, insomma, che sia molto più sano un prodotto dolciario o da forno contenente più di 10 gr di zucchero per 100 gr di prodotto, che non un chewingum o una pastiglia per la tosse eccessivamente “dolci”.

Ma la UE ci ha abituati a queste contraddizioni: già tempo fa vi avevamo parlato della bocciatura della proposta di legge italiana su una corretta e trasparente etichettatura del latte a lunga conservazione e dei prodotti da esso derivati. Non solo: nella proposta era anche presente il divieto dell’impiego di polveri di caseina e caseinati nella produzione di formaggi. E dunque: non è meglio una bella fetta di pane con Nutella piuttosto che un bicchiere di latte proveniente da chissà dove o un formaggio fatto con finto latte?

Allo stesso modo anche la Coldiretti rileva le “stranezze” delle politiche europee in campo di etichettatura. In una nota di commento al voto espresso recentemente si legge infatti: “A subire gli effetti delle normative comunitarie lo scorso anno era stato un altro importante prodotto della dieta mediterranea come il vino per il quale […] è stata autorizzata la possibilità di zuccheraggio per i paesi del nord Europa, ma anche la produzione e la commercializzazione di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes“.

La Ferrero teme invece l’eccessivo allarmismo che si potrebbe creare attorno al settore dolciario: “Oggi ci potrebbero dire di non fare messaggi promozionali -sostiene Fulci – ma domani (e gia’ alcune organizzazioni di consumatori spingono in questo senso) ci faranno scrivere come sulle sigarette: ”Attenti e’ pricoloso, favorisce l’obesita”.

Insomma, va bene la trasparenza, sicuramente d’accordo con la mala fede delle pubblicità ingannevoli, ma non bisogna neanche sfociare nell’eccesso opposto, con proibizionismi che andrebbero probabilmente ad intaccare alcuni prodotti della tradizione gastronomica italiana, lasciando libero il campo ad altre cose ben più nocive.

Ben più importante sarebbe invece, a parer nostro, identificare con univocità gli ingredienti presenti negli alimenti (olii vegetali, aromi generici, ecc.) e la loro provenienza: probabilmente anche così sparirebbero dagli scaffali molti prodotti di uso comune, ma non si rischierebbe di danneggiare anche chi invece fa le cose seguendo criteri di trasparenza e genuinità.

Eleonora Cresci

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