Nocciole italiane cercansi per la Nutella, ma il prezzo da pagare per tutti noi sarà molto alto

La Ferrero continua ad aumentare la produzione italiana di nocciole ma i danni ambientali delle monocolture intensive sono molti

La Ferrero, nell’ambito del progetto che prevede di allargare la fornitura italiana di nocciole utili a produrre la Nutella (e non solo), continua a cercare nuovi terreni per le piantagioni nel nostro paese. Questo però, secondo alcuni agricoltori e associazioni, pone dei rischi ambientali. Come potete immaginare, infatti, si tratta di coltivazioni intensive.

Nel 2018 la Ferrero ha lanciato il “Progetto nocciola Italia” un piano che prevede l’aumento di  piantagioni di nocciole nel nostro paese, l’obiettivo fissato è di 20 mila nuovi ettari entro il 2025. Questi terreni si andrebbero ad aggiungere ai già attivi 70 mila ettari destinati alle piantagioni di nocciole in Italia.

Un obiettivo, quello di produrre nocciole italiane e di importare la frutta secca utile a produrre la Nutella il meno possibile, che a prima vista sembra una buona idea ma le cose, come sempre, vanno viste anche da altri punti di vista.

Coltivazioni intensive di nocciole ci sono già ad esempio in provincia di Viterbo ma il fatto che si miri ad estendere sempre più queste piantagioni fa sì che il problema sia sentito un po’ in diverse zone d’Italia.

Il progetto mira ad estendersi ad esempio ai territori del Valdarno ma proprio qui le preoccupazioni di agricoltori e associazioni sono state raccolte già l’anno scorso in una lettera aperta da cui è nato anche una pagina Facebook “Progetto nocciola Italia? No, Grazie” che sottolinea diversi svantaggi delle coltivazioni intensive di nocciole.

E in effetti le cose da considerare sono molte: in primis sui campi si utilizzano frequenti trattamenti con pesticidi di vario genere (fungicidi, diserbanti) e anche fertilizzanti.  Di fatto, dunque, aumentare i terreni coltivati a nocciole significa aggravare i problemi ambientali (e non solo) dovuti all’utilizzo di questi prodotti, problemi che ormai conosciamo bene: inquinamento dell’aria e dell’acqua, impoverimento del suolo, perdita di biodiversità, ecc.

C’è poi anche il discorso della dipendenza degli agricoltori dai prezzi fissati dalla multinazionale mentre Slow Food Valdarno sottolinea il problema delle monoculture in termini di svalutazione del paesaggio e perdita di biodiversità.

Cosa nota che le monocolture intensive hanno vita breve e “intensa”, per l’appunto. Una volta che, dopo 15-20 anni, saranno “usurati”, i territori colonizzati avranno da gestire una serie di conseguenze ambientali importanti, prima fra tutte un enorme danno alla biodiversità che è, per quanto riguarda particolarmente la Toscana, il principale patrimonio paesaggistico, è il marchio che contraddistingue e garantisce salubrità e sostenibilità nei territori, è quella bellezza che abbiamo il dovere di consegnare al futuro.

 E in ultimo, ma non certo per importanza, la salute delle persone.

Purtroppo, l’incidenza di tumori (in particolare melanomi cutanei e leucemia) nella provincia di Viterbo (dove ci sono coltivazioni intensive di nocciole, in particolare nell’area dei Cimini), come riportano i dati del Registro tumori della provincia di Viterbo (2019) è:

significativamente superiore alla media italiana. Nel primo caso, negli anni 2008-2013 si è registrato un tasso standardizzato di 24,6 casi ogni 100 mila abitanti negli uomini e di 19,9 nelle femmine.

Per tutti questi motivi, il territorio del Valdarno che abbiamo citato come esempio è orientato verso un secco no alle colture intensive di nocciole, ma una netta presa di posizione è stata già presa da altri. Come il Consorzio di Valorizzazione e Tutela della Nocciola di Calabria di Torre di Ruggiero di cui vi avevamo parlato in un precedente articolo. (Leggi anche: Il consorzio delle nocciole dice no a Ferrero in Calabria: “non svendiamo le nocciole alle multinazionali”) 

Di diversa posizione è invece la sindaca del Comune di Nomaglio in provincia di Torino che nei giorni scorsi ha lanciato un appello agli agricoltori affinché aumentino le coltivazioni di nocciola.

Scelte che possono fare la differenza e purtroppo, come è anche in questo caso, grandi affari e tutela del territorio e dell’ambiente non vanno sempre d’accordo.

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Fonti: Slow Food Valdarno Facebook /  Progetto Nocciola Italia? No, grazie Facebook /Cambia la Terra

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