Agromafie 2015: incassi per 60 miliardi con il falso Made in Italy

Agromafie, un settore che non conosce crisi. Nonostante la fase di recessione attraversata dall'economia italiana, questo business illegale ha subito un aumento del 10 per cento in un solo anno fino a raggiungere i 15,4 miliardi di euro nel 2014

Agromafie, un settore che non conosce crisi. Nonostante la fase di recessione attraversata dall’economia italiana, questo business illegale ha subito un aumento del 10 per cento in un solo anno fino a raggiungere i 15,4 miliardi di euro nel 2014.

A rivelarlo è stato il terzo Rapporto Agromafie realizzato da Coldiretti, Eurispes, e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Gli illeciti non rispamiano alcun campo, dalla produzione alla distribuzione fino alla vendita, sempre più condizionate dalla criminalità.

Cause ed effetti che si intrecciano e che colpiscono non solo i produttori, grandi e piccoli, ma l’immagine stessa dei prodotti simbolo del nostro paese, il Made in Italy.

Furti e commercio clandestino. E aumentano le importazioni dei prodotto simbolo

Le olive finiscono nelle mani di ladri e nel commercio clandestino dell’extravergine. Il mercato del Made in Italy alimentare quest’anno è stato colpito da una vera e propria carestia nei suoi prodotti simbolo. Il rapporto ha calcolato che quest’anno sugli scaffali dei supermercati troveremo il 35 per cento in meno di olio di oliva italiano, ma anche un calo del 25 per cento degli agrumi, del 15 per cento per il vino fino al 50 per cento per il miele. Minimo storico per il raccolto di castagne. Colpa dei cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate e l’uso di ingredienti di minore qualità.

E i prodotti devono poi arrivare dall’estero, come l’olio con una quota di importazioni da paesi come Spagna, Turchia e Grecia era già altissima, almeno l’80%, anche prima della crisi dei raccolti. Secondo Coldiretti il mercato europeo dell’olio di oliva, con consumi stimati attorno a 1,85 milioni di tonnellate, rischia di essere invaso dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza. Una vera e propria emergenza se si considera che l’Italia è il principale importatore mondiale di olio (460mila tonnellate). Betacarotene, clorofilla, oli di semi e olio di sansa, sono i nemici dell’extravergine d’oliva, con la possibilità di vedere nel circuito della distribuzione alimentare prodotti adulterati.

I falsi Made in Italy, un giro d’affari da 60 miliardi

Il nostro Paese è sotto tiro da parte di organizzazioni criminali nazionali e transnazionali che in pochi istanti muovono risorse finanziarie enormi e derivanti anche da traffici illegali di alimenti. Siamo letteralmente invasi da migliaia di tonnellate di prodotti e generi alimentari che, attraverso sofisticati meccanismi di alterazione, sofisticazione e contraffazione, sono commercializzati senza esserlo come prodotti tipici italiani o come eccellenze per un valore che potrebbe superare i 60 miliardi. Ad esempio i limoni sudamericani che sono spacciati come limoni della penisola sorrentina; gli agrumi nordafricani si trasformano in agrumi siciliani e calabresi; con cagliate del Nord Europa si produce la mozzarella italiana spacciata per originale mozzarella di bufala; con il grano proveniente dal Canada che arriva nei porti pugliesi diventando puro grano della Murgia, si produce il pane di Altamura.

Per non parlare di olio e pomodoro. Tonnellate e tonnellate di olio provenienti da Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna entrano nel nostro Paese per produrre un olio comunitario che viene miscelato con lo straordinario olio extravergine d’oliva italiano al fine di poter raddoppiare illegalmente i profitti e collocare sul mercato milioni di bottiglie di apparente olio italiano.

La contraffazione e il web

La mortadella Daniele prodotta negli Usa, il kit per preparare il Parmigiano ma anche il Chianti bianco svedese o il Barolo in polvere da ottenere in poche settimane in Canada sono alcuni dei prodotti simbolo dell’Italia che si possono comprare on line. Nel 2014 l’incremento dell’e-commerce nel nostro Paese è stato del 17% rispetto all’anno precedente, per un giro d’affari di 13,2 miliardi di euro, con il settore agroalimentare che si colloca al secondo posto, tra quelli che pesano maggiormente sulle vendite online (12%). Ma la Rete viene usata spesso come porto franco trasformandosi in uno dei canali ideali per la diffusione del cosiddetto “Italian sounding”.

Ed è così che circolano in paesi come Australia, Nuova Zelanda e Canada i kit per il falso Parmigiano Reggiano, il falso Pecorino Romano ed altri celebri formagg come la mozzarella, la ricotta e l’asiago. Tra gli alimenti per i quali si riscontrano più frodi ci sono i prodotti tipici della tradizione locale e regionale (32%), i prodotti Dop e Igp (16%) ed i semilavorati (insaccati, sughi, conserve, ecc.,12%).

I ristoranti in mano alla criminalità

Complice anche la crisi economica, il crimine sta cercando dir penetrare in modo sempre capillare nell’economia legale. Quello della ristorazione è uno dei settori che fanno più gola. In alcuni casi la mafia è in possesso addirittura di franchising. Almeno 5.000 i locali della ristorazione nelle mani della criminalità organizzata in Italia. Ed è così che attività “pulite” si affiancano a quelle “sporche”, avvalendosi degli introiti delle seconde

Alla mafia vanno a genio le aziende agricole, ma anche la grande distribuzione alimentare (centri commerciali e supermercati). La camorra mira invece a tutto il settore agroalimentare ed alla ristorazione in modo specifico. La ‘ndrangheta, per infiltrarsi nel comparto agroalimentare, sfrutta le connivenze all’interno della Pubblica amministrazione.

Ripuliti 1,5 miliardi sporchi

Le agromafie sono riuscite a infilare in questo settore il loro denaro sporco, ottenendo con poco sforzo capitali puliti attraverso meccanismi di money dirtying. Almeno un miliardo e mezzo di euro transitano sotto forma di investimento dall’economia sana a quella illegale, circa 120 milioni di euro al mese, 4 milioni di euro al giorno.

Francesca Mancuso

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