Stafilococco resistente agli antibiotici nella carne di maiale in Gran Bretagna. E in Italia?

Sapete che in Italia la prevalenza dell'MRSA nei suini e negli esseri umani è fra le più alte in Europa? Nonostante ciò, ancora non esiste monitoraggio specifico sull'MRSA. Eppure, in altri paesi, come l'Olanda, sono stati attuati dei piani di riduzione dell'uso di antibiotici con riduzione conseguente di prevalenza di MRSA

Sapevate che in Italia la prevalenza dell’MRSA nei suini e negli esseri umani è fra le più alte in Europa? Nonostante ciò, ancora non esiste monitoraggio specifico sull’MRSA. Eppure, in altri paesi, come l’Olanda, sono stati attuati dei piani di riduzione dell’uso di antibiotici con riduzione conseguente di prevalenza di MRSA.

È quanto denuncia CIWF, chiedendo al Ministero della Salute quali siano i piani per affrontare quella che potrebbe diventare una vera e propria emergenza. I riflettori su questo tema sono stati riaccesi da una ricerca commissionata in Gran Bretagna dalla “Alliance to Save Our Antibiotics”, che ha trovato carne di maiale, già in vendita presso i supermercati, contaminata dall‘MRSA, il batterio Stafilococco aureo resistente alla meticillina.

Lo studio indica che in Gran Bretagna i consumatori che mangiano carne di maiale due volte a settimana possono essere esposti all’MRSA ogni tre mesi. Lo Stafilococco aureo resistente alla meticillina proveniente dagli allevamenti può causare infezioni gravi e invasive anche alle persone: polmonite, infezioni delle ossa, del sangue e del cuore.

Lo studio ha trovato il batterio resistente in 2 su 52 campioni di carne che si trovavano già in vendita presso i supermercati, rappresentando in questo modo una minaccia reale per la salute dei consumatori: in Gran Bretagna coloro che mangiano carne di maiale due volte a settimana possono essere esposti all’MRSA ogni tre mesi.

Anche se un’adeguata cottura uccide l’MRSA, il pericolo sta nel fatto che il batterio può trasferirsi sulla pelle delle persone quando la carne viene maneggiata prima della cottura, con la possibilità di causare un’infezione in un momento successivo. Inoltre, le persone che sono direttamente a contatto con gli animali da allevamento, inclusi operatori delle aziende agricole e veterinari, sono più a rischio.

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L’emergenza della diffusione di batteri antibioticoresistenti come l’MRSA è legata anche all’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti intensivi, che si rende necessario a causa delle condizioni estreme e non rispettose del benessere, in cui sono allevati gli animali.

“L’MRSA associato al bestiame sta evolvendo e ne stanno emergendo varianti più pericolose. Gli scienziati avvertono che potrebbe infine portare ad una pandemia negli umani visto che così tanti animali sono portatori del super batterio”, ha spiegato Cóilín Nunan, Consulente scientifico della Alliance.

In Italia, anche se si registra un calo negli ultimi anni, ancora un’impressionante 71% degli antibiotici venduti sono destinati agli animali da allevamento. Nel triennio 2010-13 l’incidenza di MRSA negli esseri umani nel nostro Paese si aggirava intorno al 36% , seppur con un trend in calo, mentre una ricerca commissionata nel 2009 dall’Unione Europea aveva rilevato un’alta prevalenza di MRSA solo tra i suini (34,9%).

Cosa stiamo ancora aspettando? Bisogna al più presto ridurre l’uso di antibiotici sugli animali. Per questo CIWF Italia Onlus chiede quindi quali siano, concretamente, le strategie in atto da parte del Ministero della Salute per attuare una riduzione del consumo di antibiotici negli allevamenti e per monitorare la prevalenza dell’MRSA nei suini e il possibile contagio della popolazione attraverso gli operatori di settore.

Roberta Ragni

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