Etichetta di origine: approvata finalmente la legge che la rende obbligatoria a tutela del Made in Italy

Per salvare i prodotti del made in Italy sono scesi in piazza direttamente gli agricoltori – in occasione della riunione della Commissione Agricoltura della Camera per l’introduzione dell’etichetta obbligatoria – per chiedere di proteggere e salvare i prodotti autentici del nostro territorio, che a causa delle contraffazioni e alterazioni rischiano di passare in secondo piano, con tutte le perdite economiche che ne conseguono. Finalmente l’esito dell’incontro a Montecitorio ha avuto effetti confortanti: l’etichettatura obbligatoria è stata approvata.

Per salvare i prodotti del made in Italy sono scesi in piazza direttamente gli agricoltori – in occasione della riunione della Commissione Agricoltura della Camera per l’introduzione dell’etichetta obbligatoria – per chiedere di proteggere e salvare i prodotti autentici del nostro territorio, che a causa delle contraffazioni e alterazioni rischiano di passare in secondo piano, con tutte le perdite economiche che ne conseguono. Finalmente l’esito dell’incontro a Montecitorio ha avuto effetti confortanti: l’etichettatura obbligatoria è stata approvata.

L’approvazione della legge pone fine ad un grave inganno nei confronti dei produttori italiani e dei consumatori che attribuiscono grande importanza alla provenienza degli alimenti – ha fatto sapere la Coldiretti in un comunicato – per quasi un italiano su quattro (23 per cento) il cibo italiano dal campo alla tavola vale almeno il doppio con due italiani su tre (65 per cento) che sono disponibili a pagare dal 10 per cento in su, secondo l’indagine Coldiretti-Swg. La fiducia nel Made in Italy rispetto al prodotto straniero è del 91 per cento per gli alimenti, del 66 per cento per i vestiti, del 55 per cento nei mobili, del 49 per cento per la cosmetica, del 39 per gli utensili, del 26 per auto e motorini e del 18 per l’elettronica e cresce nel 2010 in tutti i settori. La superiorità del Made in Italy alimentare è attribuita al rispetto di leggi più severe, alla bontà e freschezza e alla garanzia di maggiori controlli”.

Anche perché, secondo quanto emerge dal rapporto Coldiretti e Eurispes “Circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio Made in Italy, in quanto la legislazione, sino ad oggi, lo consentiva, nonostante in realtà esse potessero provenire da qualsiasi punto del pianeta”.
A partire dalle ore 15.00 – ora in cui era stata fissata la riunione politica a Montecitorio – migliaia di agricoltori della Coldiretti provenienti da tutte le Regioni, con vari rappresentanti delle Istituzioni e parlamentari di maggioranza ed opposizione – si sono ritrovati per sostenere il loro lavoro e festeggiare con una – e qui i vegani inorridiranno – salsiccia dimostrativa lunga 100 metri, realizzata esclusivamente con carne italiana.
Un’occasione per evidenziare ancora una volta il ruolo importante svolto dai prodotti alimentari made in Italy e l’importanza di difendere – in ambito europeo e mondiale – l’autenticità dei prodotti del nostro Paese, anche in funzione delle ultime vicende sulle uova alla diossina, e mantenere sempre alto il valore dei cibi e delle manifatture italiane.
Per questo, gli agricoltori e gli addetti al settore alimentare – ma anche i cittadini che vorrebbero sapere con esattezza ciò che comprano e mangiano – si sono battuti affinché venisse approvata la legge “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” da parte della Commissione Agricoltura della Camera, con il quale si chiude un percorso durato oltre 10 anni, durante i quali la Coldiretti – in sintonia con le associazioni dei consumatori – si è sempre impegnata per salvaguardare la qualità dei nostri prodotti.

Ciò che interessa, in particolare, è l’articolo 4, ovvero il punto fondamentale della legge, che riguarda l’obbligo di etichettare – e quindi identificare in modo dettagliato – i vari prodotti che subiscono i vari processi di produzione, lavorazione, trasformazione e commercializzazione.

Intanto, l’assenza di un’etichetta sui cibi (voluta e auspicata dal 97% degli italiani) è costata ben 5 miliardi di euro al comparto agro-alimentare.

Si tratta – ha fatto sapere la Coldiretti con un comunicato – di una misura importante per la sicurezza alimentare con il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina o l’olio di girasole dall’Ucraina. L’attenzione all’origine del prodotto è evidenziata dal fatto che ben il 97 per cento degli italiani ritiene che dovrebbe essere sempre indicato il luogo di allevamento o coltivazione dei prodotticontenuti negli alimenti, secondo l’indagine Coldiretti/Swg”.

L’etichettatura si è confermata anche nell’emergenza diossina dalla Germania come uno strumento di rassicurazione importante nell’evitare un effetto psicosi nei consumi come – ha continuato la Coldiretti – si era già dimostrata efficace nei precedenti allarmi sanitari sulla mucca pazza per la carne bovina e per l’aviaria in quella di pollo, con i consumi che si sono ripresi solo dopo l’introduzione dell’obbligo di indicare la provenienza in etichetta. Uova, carne di pollo, latte fresco infatti – rileva la Coldiretti – non hanno risentito di un calo negli acquisti a differenza dei salumi, mozzarelle, carne di maiale e dei formaggi, per i quali l’etichettatura non era obbligatoria”.

Le reazioni a caldo

Questa legge è una vittoria dell’Italia intera perché il nostro Paese ha dimostrato di essere leader in Europa in tema di sicurezza alimentare avendo avuto il coraggio di legiferare laddove invece l’Europa, ancora troppo distante dai cittadini, ha trovato sempre il modo di impantanarsi perpetuando di fatto gli interessi delle lobby degli affari – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare l’approvazione definitiva – si tratta di un passo avanti nella democrazia economica e nei diritti dei consumatori, ed è, quindi, sentito e doveroso il nostro ringraziamento a tutti coloro – soci, associazioni, cittadini, esponenti politici – che hanno permesso di vincere questa battaglia. Sappiamo che un ulteriore e decisivo impegno servirà a far sì che la legge venga applicata bene e velocemente; aspro, infatti, potrebbe essere il confronto con una UE che rema ancora contro, e poi – ha precisato Marini – i soliti portatori insani di interessi proveranno di certo a rimettersi di traverso. Ma noi saremo lì a monitorare, a sollecitare, a denunciare, ci saremo con quel senso di responsabilità proprio di una forza sociale come Coldiretti che ogni giorno, e sempre di più, si sente impegnata ad arricchire di futuro il nostro Paese. […] Questa legge è una vittoria per i cittadini e per i consumatori che potranno finalmente sapere da dove viene ciò che mangiano e scegliere italiano, perche l’agricoltura italiana e il cibo vero italiano sono i più controllatati, i più sicuri e i più apprezzati al mondo. È una vittoria per le nostre imprese agricole che – afferma Marini – potranno far riconoscere il valore del proprio lavoro e della propria qualità e contrastare la concorrenza sleale di chi vende per italiano ciò che di italiano non ha neppure l’incarto. È una vittoria per la filiera agricola italiana, ma anche per le industrie e la distribuzione italiana che vorranno valorizzare il vero made in Italy quale leva competitiva esclusiva per fronteggiare i mercati interni ed internazionali. È una vittoria – conclude Marini – per la politica italiana tutta, perche la legge è stata votata all’unanimità da tutti i partiti e da tutti i parlamentari, e questo fa onore a un Paese che generalmente è diviso su ogni cosa e che ha, invece, ritrovato l’unità proprio su una norma dove è in gioco la corretta informazione ai consumatori e la difesa della trasparenza”.

«Riportando sulle etichette l’indicazione del luogo di origine degli alimenti si assicurerà un’informazione completa e una maggior tutela dei consumatori e di quei produttori onesti che puntano alla qualità. In questo modo si rafforzerebbe la prevenzione e si reprimerebbero più facilmente le frodi alimentari», ha commentato Roberto Burdese, Presidente di Slow Food Italia. «In momenti di crisi come questo, in cui l’emergenza diossina sta sconvolgendo i mercati europei, è fondamentale che i consumatori ricevano informazioni precise sull’origine degli alimenti acquistati. Non dimentichiamo però come lo scandalo della diossina sia scoppiato non per l’assenza di norme, ma per la loro mancata applicazione da parte dei produttori»«Questo DDL afferma invece il principio secondo il quale omettere l’origine sia sempre un inganno», ha concluso Burdese, e Slow Food non può che dichiararsi favorevole ad una maggiore attenzione verso il diritto all’informazione del consumatore.

Più cauta la reazione dell’AIAB, l”Associazione Italiana Agricoltura Biologica che sposta l’attenzione anche sul discorso degli organismi geneticamente modificati: “Non possiamo che accogliere con soddisfazione l’approvazione di un testo di legge che finalmente impone chiarezza sull’origine di tutti i prodotti alimentari e trasparenza sull’uso degli OGM in tutta la filiera – commenta Andrea Ferrante, Presidente nazionale dell’AIAB -. Ma siamo molto preoccupati, invece, per le disposizione che riguardano le sanzioni sulle sementi. Senza un riferimento all’art. 19 bis della legge 1096/71 e successive modifiche, alle direttive comunitarie che salvaguardano le sementi contadine e senza l’esplicita esclusione dal campo di applicazione del Ddl etichettatura delle varietà iscritte al catagolo sementi, infatti, la nuova legge rischia di penalizzare i contadini che producono sementi a livello locale, per altro valorizzando la biodiversità,con sanzioni che sono pesanti santissime per i piccoli produttori, ma irrisorie per l’industria sementiera“.

Preoccupano anche le disposizioni relative a un sistema integrato di produzione – prosegue Ferrante-. La messa in atto di un sistema integrato, infatti, può rappresentare l’ennesimo regalo all’agrochimica che confonderà il consumatore. Trovando sul mercato un altro marchio nazionale che certificherebbe una cosiddetta produzione ‘ambientalmente sostenibile’, infatti, il consumatore finale distinguerà più difficilmente i prodotti che sono veramente biologici,da quelli realizzati ispirandosi a criteri di sostenibilità ambientale. Tanto più che l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi per l’agricoltura integrata non viene assolutamente messo in discussione, ma viene solo razionalizzato“.

 

Verdiana Amorosi

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