Allevamenti intensivi: i batteri resistenti agli antibiotici causano 23 mila morti all’anno

Mucca pazza, pink slime, aviaria. Ecco alcuni dei più noti rischi legati al consumo di carne e agli allevamenti intensivi. Rappresentano davvero il pericolo maggiore? Probabilmente no. A destare preoccupazione interviene ora un elemento soltanto in parte nuovo: l’uso e l’abuso dio antibiotici negli allevamenti.

Mucca pazza, pink slime, aviaria. Ecco alcuni dei più noti rischi legati al consumo di carne e agli allevamenti intensivi. Rappresentano davvero il pericolo maggiore? Probabilmente no. A destare preoccupazione interviene ora un elemento soltanto in parte nuovo: l’uso e l’abuso di antibiotici somministrati agli animali.

Il riferimento è soprattutto alla produzione di carne bovina e suina, ma anche all’allevamento di pollame. L’impiego di antibiotici è ormai una pratica normale, diffusa in tutto il mondo. Negli Stati Uniti il limite sarebbe ormai stato più che oltrepassato. La somministrazione di antibiotici agli animali da allevamento sta portando con frequenza sempre maggiore alla formazione di batteri super-reistenti.

Contro gli attacchi dei nuovi batteri non esistono cure. Le infezioni dovute al consumo di carne contaminata, nei soli Stati Uniti, sono la causa della morte di almeno 23 mila persone ogni anno. Si tratta di quanto emerge dall’ultimo rapporto stilato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC), che porta il titolo di “Antibiotic resistance threats in the United States, 2013”.

Il documento è incentrato sui pericoli connessi alla diffusione di batteri resistenti agli antibiotici. L’abuso di antibiotici da parte dell’industria alimentare viene considerato la causa principale della diffusione di infezioni incurabili. Nel corso degli ultimi anni, i batteri si sono rafforzati. Nei casi più preoccupanti, né gli antibiotici né altri medicinali risultano efficaci per fermare i loro attacchi.

Secondo il CDC, 2 milioni di persone all’anno vengono contagiate da batteri resistenti agli antibiotici. I medicinali ad ampio spettro sono ampiamente usati non soltanto nelle normali cure mediche rivolte ai cittadini, ma soprattutto nei trattamenti farmacologici destinati agli animali da carne.

Secondo quanto riportato da The Guardian, l’80% degli antibiotici venduti negli Stati Uniti vengono somministrati agli animali attraverso l’acqua e il mangime. Il loro utilizzo negli allevamenti sarebbe ormai fuori controllo e risulta quindi estremamente difficile conoscere dove, quando e in quali quantità vegano impiegati.

Inoltre, non abbiamo dati certi per quanto riguarda i residui di antibiotici che rimangono nella carne normalmente presente nei punti vendita. Negli Stati Uniti non esistono leggi che impongano di effettuare dei test. Già in piccole dosi, gli antibiotici sarebbero in grado di portare alla formazione di batteri resistenti sia nell’intestino umano che nei corsi d’acqua e nelle zone naturali o abitate situate nei pressi delle fattorie.

Gli antibiotici possono annientare un numero eccessivo di batteri presenti nel nostro organismo, tanto da risultare tra le cause di un incremento del rischio di cancro, malattie cardiache, obesità e diabete. La sentenza del CDC è chiara: “L’impiego di antibiotici per la crescita non è necessario e la pratica dovrebbe essere vietata”.

L’FDA ha proposto alle case farmaceutiche di etichettare gli antibiotici soltanto come medicinali per prevenire le malattie, e non come promotori della crescita per gli animali da allevamento. Alcuni esperti suggeriscono un’immediata messa al bando del loro impiego, che dovrebbe essere permesso soltanto sotto prescrizione veterinaria. In alcuni Paesi Europei, l’abuso di antibiotici è già stato regolamentato, ma gli Stati Uniti sono ancora molto lontani da questo traguardo.

Marta Albè

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