Il segreto della dieta mediterranea? È (anche) nei colori, con gli antociani

Il segreto della dieta mediterranea? E' anche nei colori e il merito è degli antociani, molecole che determinano la colorazione dal rosso al blu di frutta e verdura e che possono contribuire alla prevenzione di malattie cronico-degenerative connesse alla produzione di radicali liberi

Il segreto della dieta mediterranea? È anche nei colori e il merito è degli antociani, molecole che determinano la colorazione dal rosso al blu di frutta e verdura e che possono contribuire alla prevenzione di malattie cronico-degenerative connesse alla produzione di radicali liberi.

A documentare le ultime scoperte sul ruolo benefico degli antociani per la salute sono stati Lucia Guidi e Marco Landi del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa in un loro recente contributo al volume “Handbook of Anthocyanins: Food Sources, Chemical Application and Health Benefits” (Nova Science Publisher).

“Gli antociani (anthos = fiore e kyanos = blu) sono tra i pigmenti più diffusi nel regno vegetale e molti alimenti tipici della dieta mediterranea ne sono ricchi come ad esempio mirtilli, melanzane, pesche, arance, fichi, ciliegie, olive solo per annoverarne alcuni”, ha spiegato Lucia Guidi.

Per ogni frutto e ortaggio i ricercatori dell’Ateneo pisano hanno riportato il contenuto di antociani, ricavandone così una sorta di “classifica” degli alimenti, con in testa l’uva nera (800-900 mg di antociani per 100 grammi), seguita dalla ciliegia (350-400 mg), dalribes (80-420 mg) e dalle olive (55-430 mg), fino al vino rosso (24-35 mg).

“È stato calcolato – ha concluso Lucia Guidi – che l’apporto procapite di antociani attraverso la dieta può variare nei Paesi europei tra i 19,8 e 64,9 mg al giorno e che certamente gli italiani sono tra i maggiori consumatori di queste molecole proprio in virtù della dieta mediterranea e dall’assunzione quotidiana di frutti come more, fragole o prugne e di ortaggi come melanzane e radicchio senza dimenticare, infine, il vino”.

Roberta Ragni

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