Batterio Killer: i germogli vettori dell’E.coli sarebbero stati venduti in Italia

altri contagi in Francia. E il dito viene puntato contro i semi italiani e i trattamenti cui vengono sottoposti

Anche l’Italia avrebbe la sua parte nell’epidemia dell’E.Coli. Ad essere posti sotto accusa nella vicenda del batterio killer sono stati i soliti germogli, venduti sì al negozio Jardiland di Villenave d’Ornon dalla ditta britannica Thompson & Morgan, ma, a quanto pare, acquistati dal nostro paese. A riferirlo sarebbe stato Nacho Parra, il direttore del negozio, da cui sarebbe scaturita l’epidemia in Francia.

Nei giorni scorsi, infatti, a Bordeaux, 12 persone sono state ricoverate a causa dei classici sintomi, seguite da un altro bambino di 4 anni in Belgio. Nessuna vittima per fortuna. Ma le indagini hanno puntato il dito contro l’Italia. Ciò è avvenuto perché 7 delle persone colpite dal batterio killer a Bordeaux avevano preso parte l’8 giugno scorso ad una festa nel paesie di Begles, in un centro di divertimenti e lì avrebbero consumato i germogli. La prefettura ha inoltre confermato che “i test hanno permesso di determinare che sette di loro hanno frequentato il centro di divertimenti per l’infanzia (CLPE) di Begles, l’8 giugno, nell’ambito di un saggio di fine anno“.

Secondo Parra, il problema non sarebbe però direttamente legato ai germogli di soia, ma al trattamento a cui i semi sono sottoposti: “Il modo in cui vengono coltivati può cambiare tutto: dipende anche dall’acqua che viene utilizzata per innaffiarli, forse l’acqua aveva un problema“.

Intanto è salito a 47 il bilancio dei morti, con un nuovo decesso in Germania anche se il numero dei contagi è diminuito nelle ultime due settimane.

Dal canto suo, Coldiretti difende l’operato italiano, affermando: “Il problema non sono i semi in quanto tali, ma casomai le condizioni igieniche con cui sono stati manipolati e soprattutto l’acqua con cui sono stati fatti germinare per ottenere il germoglio messo in commercio“. Inoltre, secondo Coldiretti, l’ipotesi che a contaminazione potrebbe essere legata al seme originario e non a tutti i passaggi successivi sia solo una possibilità molto remota: “Se l’origine italiana dei semi è tutta da verificare, è certo però – sottolinea – che i semi sono stati acquistati da una ditta inglese e fatti germogliare in Francia dove si è verificata peraltro l’intossicazione alimentare“.

Francesca Mancuso

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