Mangiare sano fa bene anche all’ambiente. Ecco la ricerca che lo conferma

Se vogliamo ridurre il nostro impatto ambientale dovremmo considerare l'ipotesi di migliorare la nostra alimentazione. Una ricerca ha infatti scoperto che il cibo sano non solo fa bene al nostro corpo ma è salutare anche per l’ambiente.

Se vogliamo ridurre il nostro impatto ambientale dovremmo considerare l’ipotesi di migliorare la nostra alimentazione. Una ricerca ha infatti scoperto che il cibo sano non solo fa bene al nostro corpo ma è salutare anche per l’ambiente.

Questa volta ad affrontare un argomento tanto spinoso è stato un team di scienziati dell’Università di Leida nei Paesi Bassi che ha visto pubblicati i risultati del proprio studio su PNAS.

Non è certo la prima volta che una ricerca mette in correlazione lo stile alimentare con le emissioni di gas serra e dunque si sofferma ad analizzare l’impatto che il nostro cibo ha a livello globale sull’ambiente. Vi ricordate ad esempio la ricerca italiana che aveva messo a confronto la dieta onnivora, vegetariana e vegana per capire quale fosse la più sostenibile per il nostro pianeta?

Questa volta il team di esperti è arrivato a concludere che la produzione alimentare, comprese le colture, l’allevamento del bestiame, la pesca e il trasporto che deve subire il cibo prima di arrivare sulle nostre tavole, è responsabile del 20-30% delle emissioni totali di gas serra. Cambiare la nostra dieta potrebbe però invertire questa tendenza.

Lo studio ha infatti rilevato che se i cittadini di 28 paesi ad alto reddito come Stati Uniti, Germania e Giappone decidessero di seguire le raccomandazioni dietetiche dei rispettivi governi, i gas serra legati alla produzione del cibo avrebbero una riduzione compresa tra il 13 e il 25%.

“Almeno nei paesi ad alto reddito, una dieta più sana porta ad un ambiente più sano”, ha dichiarato Paul Behrens, scienziato ambientale dell’Università di Leida a capo della ricerca.

Per giungere a questa conclusione, Behrens e il suo team hanno analizzato i dati di Exiobase, un enorme database che rappresenta l’intera economia mondiale. Con questo strumento sono riusciti a monitorare non solo i costi ambientali dei vari tipi di alimenti che consumiamo, ma anche i costi dei macchinari coinvolti nella produzione di quel cibo, il reale prezzo di acquisto dei supermercati e infine quello per farli arrivare sulle nostre tavole.

Il database tiene anche conto del fatto che alcuni paesi sono più efficienti nella produzione di cibo rispetto ad altri. Ad esempio, la coltivazione di pomodori in Inghilterra richiede più energia di quella effettuata in Spagna, regione più calda che favorisce la produzione di questo frutto. Allo stesso modo una bistecca di mucca nutrita con cereali in Inghilterra ha un impatto ambientale minore rispetto a quella di una mucca nutrita con erba in Australia.

Nello specifico sono stati esaminati tre modi in cui l’ambiente è influenzato dalle nostre diete: emissioni di gas serra, uso del suolo ed eutrofizzazione, che è l’aggiunta di nutrienti alle fonti d’acqua che possono portare a proliferazioni di alghe tossiche e mancanza di ossigeno nell’acqua.

Per lo studio sono stati contemporaneamente raccolti anche i dati sulle diete più tipiche di 39 paesi nonché sulle raccomandazioni dietetiche emesse dai governi di quegli stessi paesi.

I risultati ottenuti dal confronto di tutti i dati erano tutt’altro che uniformi, ma a grandi linee si è scoperto che i paesi più ricchi ridurrebbero il loro impatto ambientale se i loro cittadini seguissero le diete raccomandate a livello nazionale, ciò è vero soprattutto in quanto tutti i governi propongono una significativa riduzione della quantità di carne consumata.

Al contrario paesi poveri come India e Indonesia vedrebbero aumentare il loro impatto ambientale soprattutto perché le diete raccomandate a livello nazionale richiedono più calorie di quante ne consumino effettivamente i cittadini di quei paesi.

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In conclusione però l’effetto complessivo, se i vari paesi seguissero le diete raccomandate a livello nazionale, sarebbe una diminuzione dei gas serra, dell’eutrofizzazione e dell’uso del suolo. Non resta dunque che darci da fare tutti quanti!

Francesca Biagioli

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