Carne rossa fa male o no? Ecco quanto mangiarne al massimo secondo l’AIRC

Un consumo eccessivo di carni rosse aumenta il rischio di sviluppare alcuni tumori, ma l’aumento del rischio rimane proporzionale alla quantità e frequenza dei consumi.

La carne rossa fa male? Dipende dal consumo che se fa. Ben lontana dal demonizzarlo completamente, l’Airc mette il punto sulle qualità di quest’alimento: un consumo modesto di carne rossa – una o due volte a settimana al massimo – rimane accettabile anche per l’apporto di nutrienti preziosi (soprattutto vitamina B12 e ferro).

Di contro, un consumo eccessivo di carni rosse aumenta il rischio di sviluppare alcuni tumori e l’aumento del rischio è proporzionale alla quantità e frequenza dei consumi. In più, le carni rosse lavorate andrebbero consumate solo saltuariamente.

Ne scaturisce che sostanzialmente, secondo i dati dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, “nessuna patologia è causata soltanto dal consumo di carne rossa”.

Tuttavia se si segue una dieta ricca di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, si ha un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro. Tra i tumori, il rischio aumenta soprattutto per quelli dell’apparato gastro-intestinale, come il cancro al colon-retto e allo stomaco, ma anche per alcuni tumori “ormone-dipendenti” come quello al seno, alla prostata e all’endometrio.

Nel 2015 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione, agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità che valuta e classifica le prove di cancerogenicità delle sostanze, ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A della classificazione dello IARC) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1 della classificazione dello IARC). Cosa significa?

Questa classificazione dello IARC non sta a significare che i salumi siano più pericolosi della carne rossa fresca. La classificazione di cancerogenicità non è una classificazione di rischio ma “una misura della sicurezza con cui gli esperti si esprimono sulla cancerogenicità di un prodotto”.

La classificazione indica che “gli studi su salumi e insaccati hanno una qualità e un’ampiezza tale da farci dire con sicurezza che i salumi possono aumentare il rischio di ammalarsi, mentre che gli studi sulle carni rosse sono statisticamente meno forti e quindi ci permettono solo di dire che probabilmente l’associazione esiste”. Quanto alle carni bianche (pollame e coniglio), secondo gli esperti “non esistono studi sufficientemente attendibili e che quindi non possono pronunciarsi né in un senso né nell’altro”.

In che misura aumenta il rischio individuale di ammalarsi di cancro del colon attraverso il consumo di carne rossa?

Secondo studi epidemiologici, che valutano l’aumento del rischio sui grandi numeri e non a livello del singolo individuo, il 18-21% dei tumori al colon è presumibilmente legato al consumo di carni rosse e insaccati, e così il 3% di tutti i tumori. E, tanto per fare un esempio, il fumo di sigaretta è responsabile dell’86% dei tumori al polmone e del 19% di tutti i tumori, secondo i dati di Cancer Research UK (secondo cui se gli inglesi smettessero di fumare, ci sarebbero 64.500 casi in meno di cancro l’anno e se tutti diventassero vegetariani ci sarebbero 8.800 casi in meno in un anno).

Da un’indagine condotta nel 2011 dal World Cancer Research Fund è emerso che un consumo notevole di carni rosse lavorate aumenta del 17% il rischio individuale di ammalarsi di cancro del colon. In questo caso, però, si tratta di un “rischio relativo”, da rapportare al rischio reale del singolo individuo: se una persona non ha storie familiari di tumori al colon e per il cancro in generale, non fuma, fa attività fisica, ma èconsum frequentemente salumi, accrescerà il suo rischio di ammalarsi del 17%, ma il suo rischio resterà comunque molto basso, tanto che si può dire che in termini assoluti quella persona non avrà modificato di molto il proprio rischio di ammalarsi di cancro al colon.

Viceversa un individuo che abbia una malattia infiammatoria dell’intestino o un’elevata familiarità per cancro del colon (due condizioni che accrescono di molto il rischio individuale), mangiando insaccati senza limiti accrescerà il proprio rischio del 17%, ma in termini assoluti quella percentuale è più grande di quella della persona che non è, di partenza, ad alto rischio.

Quali sono le dosi massime consigliate per un consumo salutare?

Carne rossa

Secondo il World Cancer Research Fund, non devono essere consumati più di 300 grammi a settimana (l’Harvard School of Medicine parla invece di porzioni non superiori a 80 grammi, al massimo due volte a settimana), senza mai dimenticare le famose cinque porzioni di frutta e verdura per un totale di almeno 400 grammi al giorno. Lo IARC ha concluso che il consumo al di sotto dei 500 grammi alla settimana non costituisce un pericolo per la salute.

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Conclusione? È ormai certo che un consumo abbondante di carne rossa, soprattutto se lavorata e cotta ad alte temperature, fa salire il rischio di sviluppare molte malattie, in primis il cancro al colon-retto. Limitate quindi il consumo di proteine animali, specie se avete familiarità con i tumori, e sostituite la carne rossa con pollo oppure con pesce o con proteine vegetali come legumi e soia. Infine, limitate di molto le carni lavorate come i salumi e quelle molto cotte e abbrustolite.

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