Celiachia: il Parlamento europeo la delcassa: meno tutele per i celiaci

La celiachia è una malattia o una moda? A causa del clamore mediatico suscitato da stime secondo cui dal 2 al 6 per cento della popolazione soffrirebbe di sensibilità al glutine non-celiaca, sindrome ancora non ben definita, il Parlamento Europeo ha tolto i celiaci dall'elenco dei cittadini le cui esigenze nutrizionali specifiche vanno particolarmente tutelate. Lo ha fatto con il Regolamento COM 353/2011 che di fatto "declassato" coloro che soffrono di una reale patologia su base autoimmune.

La celiachia è una malattia o una moda? A causa del clamore mediatico suscitato da stime secondo cui dal 2 al 6% della popolazione soffrirebbe di sensibilità al glutine non-celiaca, sindrome ancora non ben definita, il Parlamento Europeo ha tolto i celiaci dall’elenco dei cittadini le cui esigenze nutrizionali specifiche vanno particolarmente tutelate. Lo ha fatto con il Regolamento COM 353/2011 che di fatto “declassato” coloro che soffrono di una reale patologia su base autoimmune.

Tutta colpa di chi segue una sorta di moda alimentare, spendendo inutilmente soldi, fino a 250 milioni di euro contro i 180-190 erogati gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale per i pazienti con celiachia diagnosticata, per acquistare cibi senza glutine di cui non avrebbe affatto bisogno.È pericoloso sottoporsi a diete di esclusione fai da te perché i veri casi di celiachia potrebbero restare senza diagnosi, esponendosi a rischi”, avverte l’Associazione Italiana Celiachia.

La celiachia, infatti, non va confusa con una “moda” alimentare”. Lo dimostrano i 135.000 pazienti italiani diagnosticati che devono necessariamente sottoporsi a diete prive di glutine come unica terapia alla loro patologia autoimmune. L’equivoco per cui molti, pensando di avere una sensibilità al glutine, consumano cibi speciali ritenendo anche che siano più sani, leggeri o addirittura dimagranti, invece, rappresentano una scelta pericolosa, perché può impedire di diagnosticare adeguatamente casi di vera celiachia.

“Banalizzare la dieta senza glutine a dieta “di moda” – dichiara Tosi, Presidente AIC -ha portato l’Europa a non riconoscere più le esigenze nutrizionali dei celiaci: l’11 giugno scorso il Parlamento Europeo ha definitivamente approvato il nuovo Regolamento sui prodotti destinati ad alcune categorie vulnerabili della popolazione, che comprendono i lattanti, i bambini nella prima infanzia, chi ha bisogno di alimenti per i cosiddetti “fini medici speciali” e perfino chi deve perdere peso, ma non i celiaci. Per di più questo ritenere la sensibilità al glutine una sorta di “patologia di massa” spinge anche molti ristoratori a improvvisarsi cuochi “gluten free”, senza le necessarie conoscenze e competenze: questo sta mettendo a rischio la salute dei veri celiaci, per i quali una dieta senza glutine è l’unica terapia”.

La diagnosi di celiachia, infatti, si basa infatti sull’evidenza dell’appiattimento dei villi intestinali, verificata tramite una biopsia intestinale e provocata proprio dall’assunzione di glutine: una volta a dieta, a meno che la diagnosi non sia stata troppo tardiva, il celiaco recupera in qualche mese un perfetto stato di salute e i villi appaiono di nuovo normali. “Mettersi a dieta prima degli accertamenti necessari perciò comporta l’impossibilità di arrivare alla diagnosi: non si potrà sapere con certezza di quale patologia si soffre né accedere al buono mensile di sostegno per l’acquisto di prodotti senza glutine da parte del SSN”, conclude Tosi.

Roberta Ragni

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