Dolci, pasticcini e junk food ingrassano di più anche le emissioni di gas serra

 Un nuovo studio australiano invita a consumare meno junk food: non solo la nostra salute, ma anche il nostro Pianeta ci ringrazierà

 Un nuovo studio australiano invita a consumare meno (o abolire del tutto) dolciumi e junk food: non solo la nostra salute, ma anche il nostro Pianeta ci ringrazierà

Ogni giorno possiamo scegliere che impronta lasciare sul nostro Pianeta con le nostre scelte: possiamo scegliere di rinunciare all’automobile e andare a piedi o in bicicletta per inquinare meno; possiamo scegliere di smettere di fumare per ridurre le particelle inquinanti nell’aria che respiriamo (oltre che per fare del bene alla nostra salute); possiamo scegliere di non lasciarci sedurre dalla fast fashion e optare per la moda circolare e sostenibile. Anche a tavola, ovviamente, possiamo fare la differenza per il bene del pianeta: si pensi che un quarto delle emissioni di gas serra presenti nell’atmosfera viene prodotta dall’industria alimentare – quindi il cibo che mangiamo ha un impatto enorme sull’ambiente. (Leggi anche: I cibi trasformati e ultra-processati sono una piaga non solo per la tua salute, ma anche per l’ambiente. Lo studio su The Lancet)

Un nuovo studio condotto dalla University of South Australia punta proprio in questa direzione, dimostrando come cibi fritti, pasticcini, dolciumi e carne processata – oltre a far male alla nostra salute – siano particolarmente dannosi per l’ambiente. Gli abitanti di Australia e Nuova Zelanda mangiano, in media, dosi maggiori di cibo “di sfizio” (gli alimenti, cioè, non necessari al sostentamento) e di junk food rispetto a quelle raccomandate dai nutrizionisti, e contribuiscono così maggiormente alle emissioni di gas serra e ad altri danni all’ambiente.

(Leggi anche: Se non smettiamo di consumare carne subito, andremo incontro ad una catastrofe climatica. Il report shock)

Secondo un report del governo federale pubblicato lo scorso anno, l’Australia ha emesso circa 510 tonnellate di anidride carbonica, di cui il 14,2% imputabili all’industria alimentare: in media, ogni australiano ha prodotto l’equivalente di 19,7 kg di diossido di carbonio ogni giorno a causa delle sue scelte alimentari. I ricercatori hanno distinto fra core food (ovvero i cibi essenziali per vivere: frutta, verdura, cereali, carne e prodotti caseari) e non-core food (i cibi non necessari: bevande zuccherate, alcolici, dolciumi, carni processate): i primi sono responsabili di circa il 70% delle emissioni totali di gas serra, mentre i secondi del restante 30%. L’impatto dei cibi non essenziali è quindi minore rispetto a quello dei cibi essenziali, ma il fatto che questi vengano consumati in modo troppo frequente non aiuta certo l’ambiente.

I cibi non essenziali necessitano di più terreni coltivabili, di maggiori risorse idriche e hanno un’impronta ecologica maggiore – spiega Sarah Forbes, fra gli autori dello studio. – Bisogna iniziare a renderci conto dell’impatto ambientale del tipo e della quantità del cibo che mangiamo, considerando la nostra salute e quella dell’ambiente. Entro il 2050, la popolazione mondiale raggiungerà i 10 miliardi di persone. Non c’è possibilità di sfamare tutte queste persone se non cambiamo adesso il modo in cui mangiamo e produciamo il cibo.

Oltre agli effetti inquinanti della produzione del cibo, non è da sottovalutare l’impatto della produzione degli imballaggi (per la maggior parte in plastica, altamente inquinanti), del trasporto e della distribuzione nei supermercati. Vale davvero la pena continuare a consumare massivamente patatine, pasticcini e cioccolata solo per soddisfare la nostra gola, senza pensare alle conseguenze che queste scelte possono avere sull’ambiente?

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Fonti: Current Nutrition Reports / University of South Australia

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