Le tue felpe Adidas sono state prodotte “rubando” gli stipendi delle lavoratrici, licenziate e mai pagate

Dall'inizio della pandemia, almeno il 10% di chi lavora nella produzione tessile ha perso il lavoro. Milioni di persone sono a rischio di licenziamento e non ricevono stipendi da mesi. La maggior parte di queste persone sono donne, in fabbriche in cui i loro diritti non vengono rispettati e non hanno alcun potere di farsi valere.

La campagna Pay Your Workers, sostenuta da 260 organizzazioni in tutto il mondo, tra cui decine di sindacati che rappresentano i lavoratori e le lavoratrici tessili nei Paesi di produzione, è scesa in piazza in una settimana di mobilitazione globale che si concluderà domani 30 ottobre, per chiedere ad Adidas di rispettare i diritti dei lavoratori nella sua catena di fornitura.

Sta per concludersi la settimana di mobilitazioni per chiedere ad Adidas di rispettare i diritti lungo tutta la sua catena di fornitura, il pagamento di stipendi regolari e tutte le garanzie necessarie in caso di licenziamento. Da Bologna a Milano, passando per Torino, Genova, Firenze, Fidenza, Parma e Roma, dove sono previsti eventi e flashmob di piazza, la richiesta è sempre la stessa: pagate chi lavora!

Sono 8 le fabbriche della Cambogia sotto la lente di ingrandimento di un’indagine sindacale, secondo cui le lavoratrici e i lavoratori del settore tessile che hanno prodotto indumenti per Adidas sono stati privati di almeno 11,7 milioni di dollari di salari maturati nei primi 14 mesi della pandemia.

Per questo motivo, già in questi giorni, le strade di Roma e di altre città sono state tappezzate da volantini e sticker con su una frase: “Adidas ruba“. E per oggi, sabato pomeriggio 29 ottobre, alcune attiviste e attivisti hanno organizzato una protesta contro il marchio di abbigliamento che si terrà nel centro della Capitale.

La maggior parte della produzione di Adidas avviene in Paesi in cui i sistemi di protezione sociale sono inadeguati, se non addirittura inesistenti e, nonostante nel 2021 Adidas abbia registrato un utile netto di oltre 2,3 miliardi di dollari, il marchio si rifiuta di pagare i suoi lavoratori.

Anche le lavoratrici che ormai non producono più articoli per Adidas aspettano i loro soldi: le operaie della fabbrica Hulu Garment in Cambogia, per esempio, licenziate all’inizio della pandemia aspettano ancora 3,6 milioni di dollari. Un vero e proprio furto che, ahinoi, va ben al di là dei confini della Cambogia.

In Italia le iniziative hanno preso piede da Bologna lo scorso 24 ottobre. Poi è stata la volta di Milano, Torino, Genova, Firenze, Fidenza, Parma e Roma, dove in queste ore sono previsti eventi e flashmob di piazza. A queste azioni fisiche, si affianca la tempesta digitale attraverso azioni online di mailbombing e pressione sui social media.

Contemporaneamente ci saranno manifestazioni in almeno altre 20 città nel mondo, tra cui Berlino, Los Angeles e Dacca.

I salari di povertà colpiscono i lavoratori ovunque

L’iniziativa fa parte della campagna internazionale Pay Your Workers e della campagna nazionale Abiti puliti. In questo momento, la maggior parte delle persone che realizzano i nostri vestiti guadagnano salari da povertà mentre i marchi continuano a realizzare enormi profitti.

La maggior parte delle persone che confezionano i nostri vestiti non guadagnano un salario dignitoso. I lavoratori dell’abbigliamento, per lo più donne, guadagnano in media il 45% in meno di quanto necessario per provvedere a se stessi e alle loro famiglie. Nonostante gli orari di lavoro estenuanti, la maggior parte lotta per mettere in tavola cibo sano, vivere in alloggi adeguati, accedere all’assistenza sanitaria o persino mandare i propri figli a scuola.

Gli attuali salari minimi legali nel settore, stabiliti dai governi nei paesi produttori di abbigliamento, semplicemente non sono sufficienti per vivere. I salari di povertà sono endemici per l’industria globale. Colpiscono i lavoratori dell’abbigliamento ovunque. L’industria della moda dà lavoro a decine di milioni di persone nel mondo e 1,5 milioni nell’UE, la maggior parte delle quali non riceve un salario minimo.

Il lavoro minorile è una diretta conseguenza della mancanza di un salario dignitoso. La situazione è stata aggravata dalla pandemia di Covid-19, a causa della quale centinaia di migliaia di lavoratori non sono stati pagati per il loro lavoro quando i principali marchi hanno annullato gli ordini di beni già prodotti.

Cosa ha portato tutto ciò? Ad una grave crisi umanitaria con i lavoratori rimasti senza rete di sicurezza sociale, che lottano per pagare cibo, assistenza sanitaria e alloggio.

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Fonte: Pay Your Workers

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