Sei un freelance? La tua salute potrebbe risentirne più di quanto immagini. Lo studio di Oxford

Fare il freelance può avere i suoi aspetti positivi (come essere in grado di lavorare da remoto e una certa flessibilità), ma ci sono anche degli svantaggi.

Il lavoro da freelance può sì avere dei vantaggi, ma una ricerca dell’università di Oxford mette in guardia anche sulle possibili insidie per la salute

Tempi duri per i freelance, che si vedono non soltanto sballottolare da una commissione all’altra e battagliare con regimi fiscali a volte opinabili, ma possono anche trovarsi in condizioni di lavoro di scarsa qualità che spesso hanno un effetto negativo sulla salute.

Nel periodo dell’economia digitale – che coinvolge circa 70 milioni di persone -, insomma, mentre fare il freelance può avere i suoi aspetti positivi (come essere in grado di lavorare da remoto e una certa flessibilità), ci sono anche degli svantaggi. Lo afferma un nuovo studio dell’Università di Oxford, che punta il dito contro orari di lavoro irregolari, concorrenza difficile e mancanza di protezione sociale.

Secondo la nuova ricerca condotta su oltre 700 lavoratori della piattaforma di lavoro online nel sud-est asiatico e nell’Africa sub-sahariana, le condizioni di lavoro di scarsa qualità associate all’economia digitale potrebbero avere conseguenze per il benessere dei dipendenti. L’economia digitale dei gig (dove gig indica un modello economico sempre più diffuso in cui non esistono più le prestazioni stabili con posto fisso e a tempo indeterminato, ma si lavora on demand), si è espansa a livello globale ad un ritmo rapido e crescente, ma la ricerca suggerisce che, mentre la flessibilità e l’autonomia del lavoro in remoto possono essere inizialmente allettanti e di beneficio per alcune persone, potrebbero esserci conseguenze impreviste sul benessere.

Le nostre scoperte dimostrano che l’autonomia di lavoro nell’economia gig viene spesso al prezzo di ore lunghe, irregolari e anti-sociali, che possono portare alla privazione del sonno e all’esaurimento”, afferma Alex Wood, co-autore dello studio.

La p online è mediata da algoritmi e sistemi di classificazione. I lavoratori con i punteggi più alti (dati dai clienti) tendono a posizionarsi più in alto nei risultati di ricerca della piattaforma e ricevono più lavoro.

Wood aggiunge: “La natura competitiva delle piattaforme di lavoro online porta ad un lavoro ad alta intensità, che richiede ai lavoratori di completare il maggior numero di commissioni il più rapidamente possibile e soddisfare le richieste di più clienti”.

Il 54% dei lavoratori che hanno preso parte allo studio ha affermato che devono lavorare a velocità molto elevate e il 22% ha riportato dolori a causa del loro lavoro. “Ciò è particolarmente sentito dai lavoratori poco qualificati, che devono completare un numero altissimo di lavori per poter vivere in modo dignitoso”, afferma il prof. Mark Graham, coautore. “Dato che c’è un eccesso di offerta di lavoratori con poche abilità e nessun potere contrattuale collettivo, la paga rimane bassa. Completare il maggior numero possibile di posti di lavoro è l’unico modo per vivere bene”.

Speriamo che questa ricerca metta in luce le potenziali insidie per i gig collaboratori e aiuti i responsabili politici a capire come funziona realmente l’economia dei gig online”, riassume Wood. Insomma, anche se ci sono benefici per i lavoratori come l’autonomia e la flessibilità, ci sono anche serie preoccupazioni, specialmente per i lavoratori con scarse competenze. Ma, d’altronde, ci conforti il fatto che, anche in ufficio, se le condizioni lavorative non sono ottimali lo stress è in agguato.

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Germana Carillo

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