Congedo di paternità esteso a 3 mesi: non dovrebbe essere Nestlé a farlo, ma lo Stato italiano

Grazie a un rivoluzionario accordo tra Nestlè Italia e i sindacati, i dipendenti della multinazionale avranno diritto ad un congedo paternità fino a tre mesi: un grande passo a favore della genitorialità condivisa. Cosa aspetta ancora il nostro Stato a fare altrettanto?

I dipendenti italiani di Nestlé potranno usufruire di 3 mesi di congedo parentale: lo ha stabilito la multinazionale in accordo con le organizzazioni sindacali FAI CISL, FLAI CGIL e UILA UIL. Grazie all’istituzione della “Nestlé Baby Leave” tutti i papà (o il secondo caregiver) potranno godere di 12 settimane di congedo in occasione della nascita di un figlio o dell’adozione di un minore.

Il gruppo ha deciso di investire circa un milione di euro all’anno nella misura. Questa novità rappresenta una piccola grande rivoluzione in un Paese in cui lo Stato garantisce appena 10 giorni di congedo retribuito ai neopapà (uno dei numerosi paradossi italiani).

Nestlé Baby Leave si pone un obiettivo ben preciso: consentire ad entrambi i genitori di dedicare tempo ed energie al neonato in un momento particolarmente delicato non solo per il piccolo, ma anche per la mamma e il papà.

In troppi casi la genitorialità in Italia grava soprattutto sulle donne, diventando un ostacolo alla loro carriera e un’esperienza frustrante. Non sorprende quindi che negli ultimi anni ci sia stato un crollo delle nascite: nel 2020 l’Italia ha raggiunto il picco negativo con un tasso di 7 neonati ogni 1.000 abitanti. E anche i dati dell’INPS mostrano chiaramente che nel nostro Paese manca un’equa distribuzione dei carichi familiari: nel 2020 soltanto il 21% dei padri ha richiesto il congedo parentale contro il 79% delle madri.

Le iniziative a supporto della genitorialità e dell’abbattimento delle barriere di genere rappresentano da sempre una priorità per Nestlé. Si tratta di due temi assolutamente inscindibili poiché la genitorialità continua a impattare sull’avanzamento di carriera delle donne, rendendo dunque necessario riequilibrare ruoli e compiti nel contesto familiare – commenta Giacomo Piantoni, Direttore Risorse Umane del Gruppo Nestlé in Italia – Siamo stati i primi in Italia, nel 2012, a prevedere due settimane di congedo di paternità e oggi, dieci anni dopo, continuiamo a dimostrare di essere degli apripista su queste tematiche.

Ma ancora lo Stato italiano è indietro anni luce

Grande la soddisfazione da parte delle associazioni sindacali che hanno sottoscritto l’accordo:

L’intesa raggiunta, oltre a rappresentare una concreta misura in favore delle pari opportunità tra uomini e donne nell’ambito lavorativo, delinea una lungimirante strategia sociale nella convinzione che la tutela e la promozione della genitorialità è al contempo una opportunità in favore delle attuali generazioni e un investimento per quelle future. Fai, Flai e Uila auspicano che questo accordo possa fare da apripista sia nella contrattazione collettiva che nel Paese.

L’estensione del congedo parentale introdotto da Nestlé è senza dubbio un’ottima notizia, ma al contempo suscita rabbia e indignazione perché accende i riflettori sull’incapacità del nostro Stato di promuovere la genitorialità condivisa, la parità dei diritti e la carriera femminile. Occuparsi dei figli spetta sia alla mamma che al papà. Si diventa genitori in due, ma pare che la legislazione italiana se ne sia dimenticata…

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Fonte: Nestlé Italia

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