Contro lo sfruttamento della fast fashion, in Bangladesh sono scoppiate violente proteste dei lavoratori

I lavoratori impiegati nell’industria dell’abbigliamento hanno dato vita a forti proteste in Bangladesh rivendicando maggiori diritti e salari più alti

In Bangladesh si stanno verificando violente manifestazioni dei lavoratori nell’industria dell’abbigliamento, specialmente nelle città industriali di Gazipur, Ashulia e Hemayetpur. Le proteste stanno coinvolgendo decine di migliaia di persone che sono scese in piazza chiedendo maggiori diritti e salari adeguati.

Alcune fabbriche sono state assaltate e vandalizzate e gli scontri con la polizia hanno portato ad almeno un morto tra i manifestanti. Nonostante siano passati dieci anni dal tragico crollo del complesso Rana Plaza, la situazione dei lavoratori nel settore tessile non è migliorata significativamente.

Quali sono le motivazioni della protesta

I salari rimangono estremamente bassi, le condizioni di lavoro sono massacranti e si verificano casi di sfruttamento minorile. Inoltre l’inflazione e il deprezzamento della valuta locale hanno ulteriormente peggiorato la situazione finanziaria dei lavoratori.

In Bangladesh circa 3.500 industrie tessili impiegano milioni di persone, soprattutto giovani donne, con uno stipendio base di circa 75 dollari al mese. Tuttavia, l’Asia Floor Wage Alliance stima che il salario minimo necessario per soddisfare le esigenze base in nutrizione, salute ed educazione sarebbe di circa 340 dollari.

La disparità tra i salari attuali e quelli necessari evidenzia la mancanza di un reddito adeguato per condurre una vita dignitosa, spingendo spesso i bambini a lavorare invece che frequentare la scuola per contribuire al sostentamento familiare.

Il problema del fast fashion

Le grandi aziende della moda e del fast fashion occidentali sono accusate di alimentare questo sistema di sfruttamento, approfittando della manodopera a basso costo nei paesi più poveri del mondo. Su 91 marchi di abbigliamento, solo il 12% di essi ha intrapreso azioni dirette per garantire un salario minimo legale per i propri lavoratori.

La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente peggiorato le condizioni dei lavoratori tessili, con molte fabbriche che sono state pagate al di sotto del costo di produzione. Questa situazione di sfruttamento e violenza è alimentata dalle pratiche sleali di alcune delle principali aziende di abbigliamento globali.

A ciò si aggiunge il fatto che l’industria della moda è anche responsabile di impatti ambientali significativi, contribuendo al 10% delle emissioni globali di carbonio e all’inquinamento dell’acqua. Il consumo eccessivo nell’industria dell’abbigliamento danneggia gravemente l’ambiente e i diritti dei lavoratori, mettendo in evidenza le disuguaglianze intrinseche e lo sfruttamento che caratterizzano questo settore.

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