Paola & Chiara aprono un varco di luce sulla nostalgia delle estati più belle della nostra vita

Paola&Chiara tornano a Sanremo con il brano "Furore" e, inevitabilmente, tornano alla mente le estati più belle della nostra vita.

Chiudi gli occhi: è l’estate del 2000, su Italia 1 va in onda il Festival Bar, Paola&Chiara cantano Vamos a bailar (esta vida nueva), conosci le parole del testo a memoria, la canti. E sei felice, sì, felice. Ecco, parlare di Paola&Chiara senza provare una certa nostalgia per quegli anni è quasi impossibile. Che poi, si sa, a una certa distanza, la memoria è meno nitida e resta a fuoco solo il retrogusto di un ricordo. E ha ancora un buon sapore, ce l’avrà sempre. È il sapore di quelle estati lì, delle sere di luglio con i balconi spalancati, il volume della televisione che copre il suono delle cicale, i pensieri azzerati da un tempo che non ci chiedeva di correre.

Paola&Chiara sono tornate con un brano (Furore, in gara a Sanremo), un tour (che promette di essere una grande festa) e la voglia di celebrare quegli anni, la spensieratezza e l’allegria di un tempo che nessuno di noi ha mai dimenticato. Ed è ancora possibile, perché la musica ha il pregio di non consumarsi, di non finire, di resistere alle mode, alla memoria che si riempie, al futuro che si svuota. E le canzoni di Paola&Chiara hanno il pregio di essere leggere ma di avere un peso. Perché Vamos a bailar celebra la vita, Festival l’amore universale, a dimostrazione che il pop – se è fatto bene – può far divertire e riflettere. E può durare.

Non solo nostalgia: Paola&Chiara, la storia di due icone del pop

Non è corretto ridurre Paola&Chiara a un fenomeno, alla sola nostalgia. Perché le sorelle Iezzi (questo il loro cognome) hanno il merito di aver dato prestigio al pop italiano. Si tratta di due artiste intelligenti, curiose, inquiete, in costante evoluzione, fedeli al bello, ma mai all’idea che il pubblico aveva di loro. Hanno indagato il pop in ogni sua forma, da quello celtico a quello latino, dal pop rock all’electro pop. Sono state ribelli, provocanti, sensuali, lungimiranti, all’avanguardia, attente alla cura di ogni dettaglio. Hanno saputo rispettare il pop e darne una lettura personale e riconoscibile, ma sempre con un piglio internazionale.

Oggi più che mai ha senso parlare di loro, ma non solo perché sono tornate a cantare insieme dopo dieci anni dalla separazione ufficiale. Il motivo è un altro: essere pop non significa appartenere a un genere musicale, perché il pop – di fatto – non lo è. Essere pop, e Paola&Chiara hanno dimostrato di saperlo bene, significa maneggiare la musica in un certo modo, darle una certa forma, che prevede l’utilizzo di tutti i mezzi con cui un artista si esprime: le parole, la melodia e gli arrangiamenti, innanzitutto, e poi la grammatica visiva, tutto ciò che permette alla musica non solo di essere ascoltata, ma anche guardata. Essere pop, inoltre, significa abitare un’epoca, conoscerla nel profondo, quindi darne una lettura personale e, nel contempo, collettiva. Significa restituire – attraverso la musica – le parole, i suoni, il gusto di un momento preciso. Significa, insomma, fermare qualcosa che se ne va.

Paola&Chiara, quindi, hanno utilizzato il pop nel modo che è più consono a un genere che è (o dovrebbe essere) innanzitutto sperimentazione, ricerca, quindi evoluzione. A scanso di equivoci, è necessario chiarire che Paola&Chiara sono due musiciste che hanno sperimentato sul serio, in quanto non solo autrici dei loro brani, ma anche, spesso, arrangiatrici e produttrici. Se c’è un filo conduttore che unisce i dischi che hanno pubblicato, è proprio la costante volontà di mettersi in discussione e l’atteggiamento naif di chi si lascia trascinare dalla curiosità e dall’istinto. La musica d’autore, per sua natura, è senza tempo. Il pop, invece, è qui e ora, ma – se è ben fatto – può durare.

Cambiare per non tradirsi: la discografia di Paola&Chiara

A tale proposito, un pregio che va riconosciuto a Paola&Chiara è quello di aver realizzato dei dischi che non portano i segni del tempo passato: non sono invecchiati, non suonano mai obsoleti. Prendiamo il caso di Television, l’album di Vamos a bailar, per intenderci, che è stato pubblicato ventitré anni fa: se fosse uscito il mese scorso, nessuno avrebbe pensato a un nostalgico revival. Questo è possibile perché il loro pop non è mai stato semplice imitazione di un’epoca precisa, non si sono accodate a un sentire comune, ma hanno sempre fatto un lavoro di ricerca, di studio, di interpretazione. E ogni evoluzione che hanno proposto al pubblico non è nata dalla volontà di impressione, ma da un sentire intimo, da un bisogno personale, dalla necessità di assecondare la noia.

Paola&Chiara, insomma, uguali a se stesse non lo sono state mai, eppure sempre riconoscibili. La loro discografia, sebbene non abbia mai seguito una traiettoria del tutto lineare, rappresenta un percorso coerente, è una verità in divenire, quindi non conclusa, che si esprime nella forma che le è più congeniale a ogni tappa. È come se ogni cosa, appresa negli anni, si sommasse alle altre e tutte insieme cercassero un’armonia capace di contenerle tutte. Sì, perché ogni disco di Paola&Chiara è la somma di quelli passati, anche quando ha un aspetto del tutto inedito. I loro album sono la conseguenza di una ricerca che non conosce il proprio approdo, ma che impara a riconoscerlo di volta in volta. In un’Italia che accoglie con ingordigia quello che arriva da oltreoceano e tratta con sufficienza quello che viene fatto nel proprio territorio, Paola&Chiara – per molti anni – sono state un’occasione sprecata.

Paola&Chiara album per album: da ragazzine acque e sapone a simbolo di libertà e coraggio

L’esordio di Paola&Chiara risale al 1997, quando hanno partecipato a Sanremo con Amici come prima e hanno proposto il disco Ci chiamano bambine, un album pop-rock. L’anno dopo, in seguito a un altro Sanremo, stavolta decisamente meno fortunato, hanno pubblicato Giornata storica, che rappresenta a tutti gli effetti la prima sterzata del duo milanese: nuovo sound, stavolta di matrice celtica, e nuovo look, decisamente meno docile e adolescenziale. Da segnalare, l’ultima traccia del disco, Soldati, in cui – col solo ausilio di un violino, un violoncello e una fisarmonica – Paola&Chiara hanno omaggiato le vittime dell’attentato di Omagh, alla cui memoria è dedicato l’intero progetto discografico: un brano intenso e commovente, uno dei più riusciti e forse meno noti della loro carriera.

E poi il 2000, con un boato che ha stravolto e segnato la loro storia artistica: Vamos a bailar. Il brano, come un manifesto programmatico («Ora è tempo di essere nuova immagine»), ha messo in chiaro le cose: Paola&Chiara sono cambiate un’altra volta, non sono più due ragazzine, sono diventate due donne consapevoli, emancipate, spregiudicate. Hanno smesso di cantare all’unisono e hanno iniziato a mettere in mostra le loro peculiarità, ognuna le proprie: da una parte Chiara, introversa, sensibile, con una voce vibrante e un’estensione importante; dall’altra Paola, estroversa, imprevedibile, con un timbro intenso: due voci complementari, due personalità diverse, due sorelle innamorate del cambiamento.

Cambia la loro immagine, diventano sensuali, i loro videoclip le incoronano icone di bellezza ed erotismo. Si danno al pop latino e regalano al pubblico un disco raffinato, intimo, per certi versi malinconico, che parla di rinascita: la loro scrittura è perfettamente a fuoco, il loro stile è riconoscibile, Paola&Chiara sono diventate quelle che conosciamo, oppure quelle che molti hanno creduto di conoscere. E, mentre qualcuno ha iniziato a etichettarle come le «reginette dell’estate», loro hanno scelto di cambiare un’altra volta.

Nel 2002, è stata la volta di Festival, un disco che portava con sé una pesante eredità: era il successore di Television, che aveva venduto un milione di copie, aveva rappresentato la consacrazione per le sorelle di Milano e l’inizio della loro carriera fuori dai confini del nostro Paese. Cosa fare, dunque, per aggirare l’ostacolo? Semplice: non cavalcare l’onda del successo e assecondare, di nuovo, la volontà di cambiare. Festival è un album nato dopo un viaggio in America, partendo da New York, che allora sanguinava ancora per la caduta delle Torri Gemelle, fino a raggiungere il Brasile e l’Argentina. Infatti, Festival ha il sapore dell’America Latina: mescola, con estrema naturalezza, sensualità e spiritualità, atmosfere oniriche e altre più intimiste. E mostra tutte le facce di Paola&Chiara: si passa, con disinvoltura, dal brano Kamasutra, un elogio all’erotismo e alla sessualità, a Arrivederci, addio, una preghiera laica di grande impatto.

Nel 2004, poi, è la volta di Blu, Paola&Chiara rimescolano le carte e realizzano un disco che richiama prepotentemente gli anni Ottanta, tra musica nera, elettronica e chill out. Sono lontani i tempi del rosso di Festival, un disco caldo, corposo, intensissimo: Blu è elegante, sognante, rilassato. La loro immagine, di conseguenza, è nuova, più chic, ma sempre sensuale. Da segnalare Diana, brano dedicato alla memoria di Lady D.

Nel 2007, le cose cambiano un’altra volta: Paola&Chiara abbandonano le major discografiche, si mettono in proprio e rischiano un’altra volta, con un progetto, Win the game, scritto e cantato (quasi esclusivamente) in inglese: l’album – autoprodotto – è profondamente dance-pop, la loro immagine è glamour e sono tra le prime, in Italia, ad affacciarsi al mondo del web come lo intendiamo oggigiorno, ovvero un’enorme piazza virtuale in cui la voce di ognuno può avere una grande risonanza. Diventano le regine di MySpace, coinvolgono i fan nella scelta del titolo e si lanciano in una sfida che appare impossibile: cambiare un’altra volta, e stavolta radicalmente, senza nostalgia del loro passato.

E poi è stata la volta di Milleluci, un album che ha segnato l’ennesima rivoluzione: il suono, stavolta, è pop-rock, influenzato da atmosfere britanniche, ma anche da sonorità hip-hop/R&B. Milleluci è sfaccettato, imprevedibile, trascinante. 

E poi Giungla, l’ultima fatica discografica (ad oggi) delle sorelle Iezzi: una sintesi, come dicevo in apertura, della loro storia artistica, che è stata stratificata, inafferrabile, non etichettabile, sebbene si sia realizzata all’interno di un pop di alta qualità. È il disco dell’addio e, non a caso, il tema principale dell’intero progetto è la separazione.

Ecco, è riduttivo parlare di nostalgia quando si fa riferimento a Paola&Chiara, perché sono state e sono due artiste moderne e due donne libere, che non hanno temuto di combattere contro i preconcetti di chi voleva (e vuole ancora) che una donna, specie nella musica (ma vale, ahinoi, in tutti i campi), sia materna nel senso di accogliente, accomodante, decorativa. Paola&Chiara hanno sfidato i tempi e i giudizi facili, hanno proposto al pubblico la storia di due ragazze che cantano l’amore, il sesso, il cambiamento, senza temere di essere sottovalutate. È successo, com’era prevedibile, ma loro sono tornate, pronte ad aprire un varco di luce sulla nostalgia di quelle estati felici. E pronte, soprattutto, a dirci che c’erano arrivate per prime, ma molti erano impegnati a etichettarle come «le cantanti dei tormentoni». 

Leggi tutti i nostri articoli Speciale Sanremo 2023.

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