Una classe divisa: l’esperimento di Jane Elliott sul razzismo, era il 1968 ma è ancora tremendamente attuale

Un’insegnante americana divisi in due gruppi la classe in base alle caratteristiche fisiche, il risultato del lavoro è stato sorprendete. Un’attività che è diventata un documentario, ripetuta negli anni tanto da essere ripresa anche dall’Oprah Winfrey Show negli anni '90

Il 1968 è un anno molto particolare per gli Stati Uniti che si trovano nel mezzo di movimenti di protesta per i diritti, altri ancora contro la guerra in Vietnam, o la ghettizzazione dei giovani latinos e afroamericani.

È soprattutto l’anno in cui viene ucciso Martin Luther King: un proiettile calibro 30-06 partito da un fucile di precisione: un colpo alla testa per far tacere l’uomo che stava motivando milioni di persone e alla quali stava insegnando a far diventare realtà i sognai di giustizia e uguaglianza. Un evento che diede il via a molte proteste e, nel silenzio di una scuola in Iowa, a un esperimento diventato un caso.

Blue eyes/Brown eyes

Dopo quel 4 aprile Jane Elliott, educatrice antirazziale, femminista e attivista LGBT+, decise di condurre un test nella scuola dove insegnava, le elementari di Riceville, e passato alla storia come Blue eyes/Brown eyes per spiegare il meccanismo subdolo della discriminazione per una caratteristica fisica e gli effetti che questa ha sulle persone in fatto di autostima e prestazioni.

Elliott suddivise gli studenti (tutti bianchi) in due gruppi, uno con alunni con gli occhi blu e l’altro con chi li aveva marroni. I primi erano quelli del “gruppo superiore” con privilegi come il poter sedere nei primi banchi, doppia razione di cibo, intervallo più lungo, accesso alla nuova palestra, elogi e incoraggiamenti. Inoltre vennero invitati a giocare solo tra di loro.

Il secondo gruppo era quello “degli inferiori”, degli emarginati ai quali era vietato di bere dalla stessa fontanella dell’altro gruppo; ricevettero attestati di disistima dall’insegnante, vennero scoraggiati mentre erano impegnati in diverse attività; non potevano avvicinarsi ai compagni di classe con gli occhi blu. Il giorno dopo il tutto venne ripetuto ma a parti invertite.

I risultati sull’autostima

Il gruppo dei privilegiati era quello più sicuro, fiducioso anche spavaldo fino ad arrivare, in alcuni casi, all’arroganza persino nei bambini generalmente più premurosi verso gli altri. Quelli timidi, grazie alla dose extra di incoraggiamento ricevuto, si sentirono più liberi anche di sperimentare atteggiamenti di leadership.

Chi invece apparteneva al gruppo degli “inferiori” sentiva minata la propria autostima anche negli studenti in genere più esuberanti; il rendimento nelle attività era sceso già nell’arco di poche ore assieme alla sicurezza in sé stessi; iniziavano a credere di essere effettivamente meno dotati per effetto della discriminazione.

Un esperimento fenomenale

I risultati di quella due giorni vennero pubblicati sul Riceville Recorder. Molte le critiche mosse per quell’insegnante che aveva esposto i bambini a un trattamento così rigido: peccato che altri bambini erano sottoposti a questo tutti i giorni e non solo a scuola.

L’eco di questo metodo, sviluppato attorno all’archetipo del “gruppo minoritario”, attrasse giornali e televisioni: venne replicato più volte dal 1970 sotto i flash dei fotografi e anche davanti alle telecamere come mostra il documentario dell’emittente ABC Eye of the storm.

Nel 1985, il film A Class Divided ha raccontato nuovamente quell’esperienza riunendo i protagonisti di quella classe elementare del ’68 che a distanza di 15 anni hanno commentato gli effetti di quelle giornate. La Elliott condusse una sessione tra gli impiegati di una prigione dell’Iowa e le reazioni erano sempre identiche anche tra gli adulti.

Nel 1992 l’esperimento viene proposto di nuovo  all’Oprah Winfrey Show,  a dimostrazione che potrebbe essere riproposto ancora oggi, purtroppo.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

FONTI: Jane Elliott

Leggi anche:

 

 

 

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook