Tampon Tax, bocciato di nuovo l’emendamento per ridurre l’Iva su assorbenti e prodotti igienici femminili

Tampon Tax, è stato già bocciato l'emendamento per ridurre l’Iva sugli assorbenti, sottoscritto da 32 deputate della maggioranza e dell'opposizione.

Mentre la Germania detassa gli assorbenti passando dal 19% al 7% di IVA a partire da gennaio 2020, decisione influenzata da una petizione online lanciata dalle attiviste Nanna-Josephine Roloff e Yasemin Kotra rivolta al Parlamento, l’emendamento sottoscritto da 32 deputate della maggioranza e dell’opposizione, appena presentato dal Partito Democratico in commissione Finanze alla Camera, è già stato bocciato.

L’emendamento all’articolo 45 del decreto fiscale riporta:

“Ai prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppe e spugne mestruali, si applica l’aliquota del 10 per cento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) ai sensi di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.

L’intento era far abbassare l’Iva sui prodotti sanitari e igienici femminili, quali tamponi interni, assorbenti igienici esterni, coppette e spugne mestruali, portandola al 10% contro l’attuale 22%.

Prima firmataria era Laura Boldrini che su Twitter, l’11 novembre, scriveva:

“Insieme ad altre 32 deputate di vari gruppi politici, sia di maggioranza che di opposizione, ho sottoscritto un emendamento al decreto fiscale che riduce dal 22 al 10% l’IVA sui prodotti sanitari e igienici femminili Perché non sono beni di lusso ma una necessità!”

Purtroppo le sue speranze, e quelle delle altre deputate, sono svanite nel nulla perché l’emendamento non è stato approvato e addirittura è stato dichiarato inammissibile.

Già l’anno scorso il movimento Onde Rosa aveva avviato la petizione “Stop TAMPON TAX, il ciclo non è un lusso!” su change.org per chiedere di ridurre la tassa e il Partito democratico stesso aveva presentato un emendamento per ridurla al 10%. Ma la Commissione Bilancio respinse la mozione dicendo che non c’erano coperture.

Nulla purtroppo è cambiato da allora e oggi l’Italia continua a essere uno dei paesi con l’Iva più alta sui prodotti sanitari e igienici femminili, considerati vergognosamente di lusso, nonostante nella maggior parte degli altri paesi la tassazione non superi il 6%. Ci fanno compagnia l’Ungheria, che ha un’aliquota al 27%, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Mentre paesi inaspettati come Nigeria, Libano, Giamaica e Nicaragua hanno un tasso pari a zero. Vergognoso!

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