Sciopero a oltranza per migliaia di medici: cosa c’entra la violenza sulle donne con le proteste che stanno infiammando l’India

Nella notte tra giovedì 9 e venerdì 10 agosto una dottoressa tirocinante trentunenne è stata stuprata e uccisa nell’ospedale in cui lavorava, a Calcutta. Ora, al grido di "Reclaim the night" (Riprendiamoci la notte), si chiede più sicurezza per le donne

Violentata e uccisa. In un ospedale. La terribile vicenda accaduta nell’ospedale universitario R G Kar di Calcutta, la capitale del Bengala occidentale, ha acceso i riflettori sulle condizioni in cui si è costretti a lavorare nei nosocomi di mezza India: negli ospedali governativi sovraffollati con accesso illimitato, infatti, i medici (il 30% sono donne) spesso affrontano la furia dei parenti dei pazienti dopo un decesso o per richieste di cure immediate.

Non molto distante da quello che accade anche dalle nostre parti, qualcuno avrebbe da dire: e in effetti anche qui, i casi di dottori e dottoresse aggrediti dai familiari dei degenti sono praticamente all’ordine del giorno. La differenza? Nelle strutture ospedaliere dell’India è cronico anche il problema della violenza sulle donne.

Per questo motivo, in molte città e non solo a Calcutta, gli specializzandi hanno incrociato le braccia a tempo indeterminato da lunedì, garantendo il loro impegno solo sui servizi essenziali, e l’Indian Medical Association, il più grande sindacato medico del Paese, ha promosso una “astensione dal lavoro” in tutta l’India anche per le strutture private.

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E così, la marcia sotto lo slogan Reclaim the Night (Riprendiamoci la notte, sì, lo stesso del movimento nato negli Anni ’70 in Inghilterra contro la violenza sulle donne) è stata il culmine di quasi una settimana di proteste proprio nella notte dell’Indipendence Day, una imponente manifestazione di migliaia di donne e uomini che ha invaso le strade di Kolkata al grido di “vogliamo giustizia“.

Frattanto, la polizia di Kolkata ha fermato un sospettato del crimine, una sorta di agente di sorveglianza dell’ospedale, mentre i genitori della vittima hanno dichiarato di sospettare uno stupro di gruppo, accusando gli agenti di cattiva gestione del caso e negligenza. Come richiesto anche dalla governatrice del Bengala Occidentale, Mamata Banerjee, l’indagine è stata affidata al Central Bureau of Intelligence, la principale agenzia investigativa del Governo indiano.

Come si legge sulla BBC, quello che è successo la settimana scorsa non è stato un caso isolato. Il caso più sconvolgente rimane quello di Aruna Shanbaug, un’infermiera di un importante ospedale di Mumbai, che è stata lasciata in uno stato vegetativo dopo essere stata violentata e strangolata da un addetto al reparto, nel 1973. È morta nel 2015, dopo 42 anni di gravi danni cerebrali e paralisi. Più recentemente, in Kerala, Vandana Das, una dottoressa di 23 anni, è stata accoltellata a morte con forbici chirurgiche da un paziente ubriaco l’anno scorso. Questa scia di proteste riuscirà a fermare queste brutalità?

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