Vi spieghiamo perché l’Iran esulta per la sconfitta ai Mondiali di calcio in Qatar

All'uscita della loro nazionale dai Mondiali, i cittadini iraniani sono scesi in piazza a festeggiare: ecco perché

Nell’ambito dei Campionati Mondiali di calcio in Qatar, si è svolta ieri sera una delle partite più attese e temute del girone: quella fra Stati Uniti e Iran. I due Paesi, infatti, sono più distanti che mai dal punto di vista politico e non hanno rapporti diplomatici da oltre quarant’anni.

Inoltre, proprio in queste settimane l’Iran è sconvolto da una serie di proteste di piazze contro il regime che ha preso il potere nel Paese e che sta operando una dura repressione in termini di diritti umani e di libertà: come vi abbiamo raccontato in vari articoli, gli scontri fra i manifestanti e la polizia stanno provocando molte vittime, che non avranno giustizia.

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Insomma, molto più che una partita quella che si è svolta ieri e che si è conclusa con la vittoria degli Stati Uniti (1-0). Poiché si trattava di una sfida a eliminazione diretta, l’Iran ha chiuso con questa sconfitta la propria partecipazione ai Mondiali.

Tuttavia, anziché mostrare tristezza e delusione per questa occasione mancata, gli iraniani si sono mostrati contenti ed esultanti. Sui social rimbalzano le immagini e i video delle feste di strada che si sono svolte la scorsa notte, con trombette e fuochi d’artificio. Come si può spiegare una tale reazione della popolazione?

I tifosi si sono detti molto delusi dalla nazionale iraniana – e non tanto perché questa è stata sconfitta ed eliminata. I Campionati del mondo di calcio avrebbero dovuto rappresentare un momento di visibilità internazionale per la squadra e il Paese, e la popolazione oppressa dal regime si aspettava che i calciatori mostrassero al mondo la propria opposizione alla dittatura.

Insomma, ci si attendeva un’azione forte da parte della squadra che era sotto i riflettori del mondo, un’azione che potesse mettere in evidenza le difficoltà di un popolo che si vede la bocca cucita e i diritti affogati in un lago di sangue e violenza.

E invece i giocatori iraniani non hanno fatto nulla, non hanno boicottato le partite né compiuto qualche altro gesto eclatante. La loro timida forma di protesta si è concretizzata nel non cantare l’inno nazionale all’apertura della prima partita di cui sono stati protagonisti, dimostrando in questo modo di non sentirsi veramente parte del Paese che erano chiamati a rappresentare.

Anche questo piccolo segno di dissenso contro il regime è poi sparito nelle partite successive, in cui i calciatori hanno mostrato di cantare l’inno nazionale. Questo perché hanno subito minacce dagli inviati del regime iraniano in Qatar: se non si fossero comportati “bene”, i loro familiari sarebbero stati arrestati e torturati.

La nazionale di calcio quindi non rappresenta il popolo iraniano, che si è trovato compatto a tifare per gli Stati Uniti affinché la squadra di casa fosse eliminata. Ora l’Iran è uscito dalla scena pubblica, mentre le proteste ancora insanguinano il Paese

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