Il professore pakistano condannato a morte per aver fatto una lezione sui diritti delle donne

La sua colpa è quella di aver insegnato ai suoi studenti i diritti delle donne. Parliamo di Junaid Hafeez 33 anni, pakistano e attivista dei diritti umani, che è stato condannato all'impiccagione per blasfemia il 21 dicembre scorso. Ora una petizione chiede la sua salvezza.

La sua colpa è quella di aver insegnato ai suoi studenti i diritti delle donne. Parliamo di Junaid Hafeez 33 anni, pakistano e attivista dei diritti umani, che è stato condannato all’impiccagione per blasfemia il 21 dicembre scorso. Ora una petizione chiede la sua salvezza.

Un caso emblematico quello di Hafeez che mostra come la legge contro la blasfemia spesso sia un pretesto per far tacere persone scomode e che si battono per i diritti umani, soprattutto quelli delle donne. Il professore universitario è accusato dal tribunale pakistano, di aver diffuso posizioni blasfeme nei confronti della fede musulmana, di aver offeso il profeta Maometto sui social e di ‘aver insegnato tematiche come i diritti delle donne nel suo Paese’, si legge sulla petizione lanciata da Helen Haft, ricercatrice statunitense su Change.org.

Junaid Hafeez è stato arrestato nel 2013 e da allora, è stato sempre recluso in isolamento. Il suo avvocato, Rashid Rehman, è stato assassinato nel 2014 per aver deciso di difenderlo.

Adesso, “Non impiccate il professor Junaid Hafeez” è la richiesta firmata già da oltre mille persone. Il professore insegnava all’università Bahauddin Zakariya a Multan, una città situata nel Pakistan centrale nella regione del Punjab. Dopo essere tornato in Pakistan dal Mississippi, dove aveva trascorso un soggiorno accademico come borsista del Programma Fulbright, Junaid aveva voluto insegnare ai suoi studenti la letteratura, ma anche il concetto di giustizia sociale riferito ai diritti delle donne.

“Junaid e io abbiamo preso entrambi parte al programma di scambio accademico Fulbright. Giorni prima di aver appreso della sua condanna a morte avevo pubblicato un pezzo sulla blasfemia in Pakistan”, scrive nella petizione Helen Haft.

Ma nella petizione si chiede anche l’abolizione delle legge sulla blasfemia in Pakistan che

“è uno strumento che può essere utilizzato contro chiunque in qualsiasi momento. Le leggi impediscono alle persone di parlare non solo riguardo alla religione ma anche su tematiche come i diritti delle donne. Le leggi ad oggi hanno ridotto al silenzio attiviste e attivisti per i diritti delle donne, per i diritti umani, giornalisti, professori e cittadini comuni. Mentre minoranze religiose, dissidenti politici, liberi pensatori e intellettuali sono spesso presi di mira, le prime vittime sono gli stessi musulmani”.

Nel frattempo che il caso di Junaid Hafeez venga impugnato in appello, il professore rischia la morte in qualsiasi momento. “Non c’è garanzia che il verdetto verrà ribaltato ed è imperativo che la comunità globale prenda posizione contro questa violazione dei diritti umani”, si legge ancora. Da quando in Pakistan è stata introdotta la pena di morte per blasfemia negli anni ’80 si sono verificate 1500 accuse di blasfemia. Un’accusa che equivale a una sentenza di morte.

FIRMA QUI LA PETIZIONE

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