Mehran, il rifugiato che ha vissuto all’aeroporto di Parigi, è morto solo e dimenticato (nonostante il film The Terminal)

La sua storia incredibile ha ispirato un famoso film con Tom Hanks, ma la fama non gli ha garantito l'accesso a una vita dignitosa. E così Mehran Karimi Nasseri è morto solo e in povertà

Mehran Karimi Nasseri è morto solo e dimenticato da tutti, stroncato da un infarto al terminal 2F dell’aeroporto parigino di Charles de Gaulle. Aveva 76 anni e per 18 aveva vissuto proprio all’interno dell’aeroporto francese.

Aveva lasciato Masjed Soleiman, nella provincia iraniana del Kuzistan, a metà degli anni ’70 e si era spostato fino in Europa alla ricerca di sua madre. Purtroppo però, non avendo con sé i documenti né il passaporto, arrivato all’aeroporto di Parigi non aveva potuto attestare la sua identità né chiedere lo status di rifugiato politico accordatogli dalle Nazioni Unite.

Mehran è stato quindi trattenuto nella cosiddetta zone d’attente per i viaggiatori senza documenti. Da quel momento in poi la sua vita si è come fermata: essendo entrato legalmente nel Paese, non poteva essere espulso dall’aeroporto; tuttavia, non avendo i documenti, non aveva il permesso di mettere piede in Francia.

A causa di questo cortocircuito burocratico, Mehran ha vissuto all’interno dell’aeroporto per ben 18 anni, dall’agosto 1988 fino al luglio 2006, quando è stato ricoverato in ospedale per problemi di salute e gli è stato concesso un permesso di soggiorno per entrare ufficialmente in Francia.

La sua storia assurda e commovente ha ispirato il regista statunitense Steven Spielberg, che nei primi anni Duemila ha voluto comprarne i diritti per farci un film. Mehran Karimi Nasseri è diventato così Viktor Navorski (Tom Hanks), cittadino di un immaginario Stato dell’Europa orientale che resta intrappolato per mesi all’aeroporto di New York prima di vivere un romantico lieto fine che al vero Nasseri è purtroppo mancato.

Il film “The Terminal” (2004) è diventato un cult e ha reso Mehran famoso in tutto il mondo – anche se il nome del rifugiato iraniano non compare mai all’interno della pellicola (neanche nei titoli di coda), né si fa in alcun modo riferimento al fatto che si tratti di una storia ispirata a fatti realmente accaduti.

Il boom mediatico derivante dal successo del film e il denaro guadagnato dalla vendita dei diritti della sua storia non gli hanno restituito la libertà e la dignità umana che i 18 anni trascorsi nel terminal aeroportuale gli avevano tolto.

Una volta libero, Mehran ha vissuto una vita modesta, senza trovare un lavoro o una dimora, senza farsi degli amici o costruirsi una famiglia. Da pochi mesi era tornato a vivere in aeroporto, da clochard, poiché viveva in condizioni di povertà.

E nell’aeroporto è morto, solo e dimenticato da tutti, stroncato da un infarto. A trovarne il cadavere sono stati gli inservienti del terminal 2F.

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Fonte: ANSA

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