L’alternanza scuola-lavoro non ci piace, l’urlo degli studenti italiani

Gli studenti scendono in piazza per chiedere una scuola più giusta e più sicura e per dire basta allo sfruttamento rappresentato dall'alternanza scuola-lavoro

Un lavoro che non è lavoro in una scuola che stenta a chiamarsi scuola. Nell’anno Domini 2022 esiste una cosa, in Italia, che si chiama alternanza scuola-lavoro. Chiamano gli studenti a fare una sorta di stage, in fabbrica, in azienda, ma succede che qualcosa va storto. Molti ragazzi dichiarano di fare qualcosa che va al di là di quello per cui erano stati chiamati. Altri muoiono.

Ciò che la scuola, come istituzione pubblica, dovrebbe insegnare ai suoi studenti non è tanto la risoluzione delle equazioni di secondo grado o la data di morte di Napoleone Bonaparte: bisognerebbe invece concentrarsi sul fare formazione a 360°, sul creare teste pensanti in grado di camminare con padronanza lungo il cammino della vita, sul rendere i nostri ragazzi autonomi cittadini di un domani migliore.

(Leggi anche: Lorenzo Parelli: non è una “morte bianca” ma una morte di scuola)

Il principio alla base dell’alternanza scuola-lavoro – ovvero quello di permettere ai giovani di “toccare con mano” cosa sia la vita in una fabbrica, in una grande azienda, in un ufficio, quando questi sono ancora studenti – si innesta nell’ideale di una scuola meno nozionistica e più aderente alla realtà concreta e non è da condannare, almeno in teoria. Sono da condannare però le modalità con cui questa alternanza viene svolta, che a volte finiscono per offuscare la nobiltà dello scopo.

Non è tollerabile, per esempio, che l’alternanza scuola-lavoro si trasformi in un perverso meccanismo di sfruttamento dei giovani, che finiscono per lavorare gratis e per svolgere mansioni per cui non sono stati adeguatamente formati (né tantomeno pertinenti al percorso di studi che si sta svolgendo). Non è tollerabile che i finanziamenti a sostegno dell’iniziativa finiscano nelle tasche di chi sa approfittarsene e non in investimenti sulla sicurezza dei giovani coinvolti. Non è tollerabile, infine, che degli studenti muoiano nello svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria.

Oggi i ragazzi di tutta Italia sono scesi in piazza a manifestare contro una scuola obsoleta e contro un apparato, quello dell’alternanza scuola-lavoro, che non offre né formazione né prospettive lavorative agli studenti. Oltre 200.000 studenti delle scuole superiori in oltre 40 città hanno ricordato Lorenzo e Giuseppe, giovanissimi studenti morti durante stage di formazione in azienda, e hanno chiesto le dimissioni dei ministri dell’Istruzione (Bianchi) e dell’Interno (Lamorgese).

Si sono sporcati di vernice rossa, a simboleggiare il sangue di chi non c’è più e lo sfruttamento in un contesto che di formativo non ha proprio nulla. Chiedono una scuola diversa, i nostri giovani, una scuola più giusta e soprattutto più sicura, una scuola in cui si impara a vivere prima che a scrivere e leggere. Ascoltiamo le loro parole, il loro grido di aiuto in un mondo troppo difficile da comprendere per noi adulti – figuriamoci per loro.

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