L’Italia è tra i Paesi che vendono più armi nel mondo

Le bombe italiane viaggiano in tutto mondo e l’export non conosce crisi: l’Italia si colloca, così, tra i ‘big ten’ della vendita di armi internazionali.

Le bombe italiane viaggiano in tutto mondo e l’export non conosce crisi: l’Italia si colloca, così, tra i ‘big ten’ della vendita di armi internazionali.

Lo Stockholm international peace research institute (Sipri) ha raccolto i dati, confermando che il fenomeno è consolidato: nel quadrienno 2013/2017 l’export di armi verso i Paesi esteri è cresciuto del 13%, piazzando l’Italia alla nona posizione tra i Paesi esportatori con una fetta di mercato globale pari al 2,5%. Appena lo 0,4% in meno rispetto a Israele.

La ricerca non riesce a ricostruire esattamente dove ogni Paese esporti le armi prodotte, ma esistono indicatori importanti. L’Arabia Saudita, impegnata nel conflitto in Yemen contro le milizie sciite, viene sicuramente rifornita da bombe made in Italy. Le armi dei ‘big ten’ finiscono copiosamente anche in Egitto, Emirati Arabi e Cina. Nella graduatoria c’è pure l’Iraq, destinatario del 3,4% di armi esportate dai Paesi più sviluppati.

export armi

“I diffusi e violenti conflitti in Medio Oriente hanno creato un dibattito politico in Europa occidentale e in Nord America sulla limitazione delle vendite di armi per le preoccupazioni sui diritti umani – spiega Pieter Wezeman, ricercatore senior di Sipri-. “Eppure gli Stati Uniti e gli Stati europei rimangono i principali esportatori di armi nella regione e hanno fornito oltre il 98% delle armi importate dall’Arabia Saudita”.

Un ragionamento condiviso dall’ambasciatore Jan Eliasson, presidente del consiglio di amministrazione del Sipri:

“L’aumento del flusso di armi suscita preoccupazioni sulla pace e la sicurezza internazionali. Questo evidenzia la necessità di migliorare i meccanismi internazionali come il trattato sul commercio di armi”.

Un dato incoraggiante c’è: le importazioni di armi da parte degli Stati africani sono diminuite del 22% nel 2013-17 rispetto al 2008-12.

Certo è che se si smettesse di fabbricarle, nessuno le potrebbe acquistare.

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Roberta Ragni

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