I dati Istat pubblicati il mese scorso avrebbero dovuto indignarci molto più del discorso di Elisabetta Franchi oggi

I dati pubblicati dall'ISTAT ad aprile sull'occupazione femminile sono terribili. Ma hanno trovato poca eco. Eppure, avrebbero dovuto indignarci molto più del discorso di Elisabetta Franchi che sta colonizzando social e giornali con le sue provocazioni (e tanta pubblicità gratuita)

In questi ultimi giorni non si parla d’altro, le parole e il video dell’imprenditrice Elisabetta Franchi rimbalzano sui social media, creando una bufera mediatica che sta indignando tutta Italia, soprattutto perché a pronunciarle è proprio una donna, e una mamma.

Ora, però, al di là della “pubblicità gratuita” che questa manager sta ricevendo per via delle sue affermazioni così provocatorie (mentre sui suoi social pubblica foto patinate e auguri per la festa della mamma) ciò che fa riflettere, e che ci stiamo dimenticando di ribadire con forza, è che quello che ha detto è la cruda realtà della società italiana.

I dati Istat pubblicati ad aprile, che avrebbero dovuto scandalizzare l’Italia molto più del discorso della Franchi, non hanno avuto eco, nonostante riferissero un crollo quasi esclusivamente femminile dell’occupazione, con ben 99mila donne diventate disoccupate o inattive.

Durante le lunghe giornate trascorse a casa per il diffondersi della pandemia, un po’ in tutto il mondo si sono verificate le stesse cose: si è visto che molti lavori possono essere svolti da casa e che sono state soprattutto le donne a dover lasciare lavori, anche part time.

Ora che si inizia una convivenza più stabile con il Covid si torna in ufficio, si riescono a mantenere delle forme di impiego ibrido, ma sono ancora le donne a incontrare maggiori difficoltà. E questo accade anche in Italia così come negli Stati Uniti.

Il focus dello studio

Una ricerca, dal titolo Work, Employment and Society, ha tratteggiato i contorni della quotidianità familiare tra lavoro e distribuzione dei lavori domestici. L’articolo a firma di Joanna Syrda, professoressa presso la Scuola di Management presso l’Università inglese di Bath, ha documentato come la divisione dei compiti in ambito casalingo continui a pesare sempre sulle donne anche quando queste guadagnano di più dei mariti. Lo studio ha esaminato l’impatto della genitorialità in relazione al tempo che si dedica ai “mestieri” di casa e al reddito percepito.

Il risultato della ricerca

Lo studio si è basato sulla ricerca condotta dell’Institute of Family Studies che ha esaminato la relazione tra reddito coniugale e divisione dei lavori domestici in oltre 6.000 coppie sposate, eterosessuali, a doppio reddito, tra il 1999 e il 2017. Le donne con figli hanno dedicato meno tempo ai lavori domestici, da 18 a 14 ore settimanali, nel momento in cui contribuivano per metà al reddito familiare.

Nel momento in cui hanno guadagnato più dei loro mariti le attività domestiche delle donne sono aumentate arrivando a 16 ore settimanali. Di conseguenza quelle svolte da un uomo variavano da sei a otto ore a settimana come nella condizione osservata in cui il suo ero lo stipendio principale.

Emerge chiaro il divario di genere nella divisione delle attività casalinghe che aumenta in proporzione alla diminuzione del divario economico tra i due coniugi. Un modo, probabilmente inconscio, di mantenere ruoli e stereotipi imposti per tanti anni che è propria delle coppie sposate e non di quelle conviventi, secondo i dati elaborati.

Una seconda conferma

Anche l’economista Misty L. Heggeness ha condotto diverse indagini sulle famiglie a doppio reddito in merito alla distribuzione del lavoro domestico. La più recente ha analizzato la differente possibilità di dividersi tra impiego, gestione dei figli in età scolare e lavori di casa tra i due sessi, all’inizio del 2020 negli Stati Uniti.

Ancora una volta emerge che sono state soprattutto le mamme ad aver fatto ricorso a permessi: una settimana, di media, in confronto alle 0,53 di ore da parte dei mariti nell’arco della settimana lavorativa.

Durante quelle giornate le donne hanno così messo in pausa il loro lavoro per seguire i figli alle prese con la scuola a distanza, le faccende di casa, necessità di vario tipo. Anche in questo caso si “ristabilisce un ordine” tradizionale che per molti ha portato a una crisi profonda: chi è riuscito ad affrontare la situazione con sincerità e dialogo ha strutturato una migliore divisione dei compiti e ha salvato il matrimonio.

Cosa vogliono donne e uomini dal mondo del lavoro?

Le prospettive di lavoro e della qualità di vita che si cercano sono cambiate come dimostra un report Gallup. Nell’analisi condotta nell’autunno 2021 su 13.000 dipendenti americani si è visto che donne e uomini vogliono, in linea generale, una migliore retribuzione, benefits, un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata.

Per il 66% delle donne in cima alla lista c’è il bilanciamento tra carriera e vita privata, seguito da compensi e benefici vari.

Per gli uomini questa percentuale scende al 53%. Inoltre le donne sono sempre più indirizzare verso realtà inclusive mentre questo è un fattore non prioritario per gli uomini.

Il caso Elisabetta Franchi

Donne contro le donne. È questo quello che emerge dalla disastrosa intervista rilasciata da Elisabetta Franchi, osannata guru della moda italiana e del modello della self made woman che ha creato un impero nonostante le difficoltà. Ha candidamente ammesso:

Io le donne le ho messe ma sono anta, ragazze cresciute. Se dovevano sposarsi si son già sposate, hanno già fatto, se dovevano far figli li hanno già fatto (…).

Ovviamente le frasi sono state mal interpretate e strumentalizzate, afferma l’imprenditrice. Da chi ha affrontato tante difficoltà ci si aspetta però un atteggiamento diverse e un rispetto per le donne a prescindere da qualunque sia la loro scelta di vita, senza discriminare chi decide di diventare madre e che, incredibilmente, rientra per questo in una sorta di categoria di serie b.

Ci si aspetta anche che lo sfruttamento sul lavoro non venga fatto passare come un merito. Per diventare una donna di successo occorre comportarsi come quanti che chiedono ai colloqui, violando il codice delle Pari Opportunità, se si desiderano dei figli, se si hanno dei figli piccoli o se qualcuno aiuta in casa a tenerli quei pargoli?

Una business woman è davvero una donna che ha interiorizzato degli archetipi e modelli maschili che mantengono una situazione di gender gap che si combatte con le unghie e con i denti?

I dati italiani

Per rispondere a questa polemica non occorre essere madri o femministe ma basta leggere i dati, purtroppo sempre impietosi, diffusi dall’Istat e che fanno vedere come il fenomeno descritto dalle ricerche sopra menzionate sia diffuso anche qui.

Riguardo alle attività domestiche e alla cucina, nel 2016 queste coinvolgevano per l’81% e per il 20 % gli uomini. Nel biennio 2018-2019 le donne tra i 25 e i 44 anni si occupavano per il 63% delle faccende domestiche. Durante le fasi più acute della pandemia il carico del lavoro domestico è pesato in particolare sul 32% sulle donne e sul 19% sugli uomini.

Nel 2021 l’occupazione femminile è tornata a salire al 53,2%, con un +1,1% sul 2020 ma è il dato del part-time involontario a far riflettere, quello che si accetta o chiede per necessità contingenti: il 17,9% è “scelto” dalle donne rispetto al 6,5% degli uomini.

Dati Istat lavori domestici

©Istat – Asimmetria nel lavoro familiare nelle coppie, anni 2017-2018 e 2018-2019

 

È possibile superare gli stereotipi? Siamo pronti per una società in cui gli uomini non devono sentirsi sminuiti o senza un ruolo preciso se una donna guadagna di più? Ci si professa come persone moderne e pro-emancipazione femminile eppure, per come la società è ancora costruita, il cammino sembra ancora più lungo e tortuoso di quello che dovrebbe essere.

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Fonti: ISTAT/Università degli Studi di Milano/SAGE/Gallup

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