“Finti stupri” raccontati nelle fiction Rai, è ora di aprire un dibattito serio e profondo

Raccontare un finto stupro significa dare all’opinione pubblica una visione distorta dei fatti e la vittima, spesso rappresentata come bugiarda, finisce col divenire in tutti i casi la carnefice. Tutto ciò si amplifica se a narrare in questo modo la violenza sessuale sono le reti ammiraglie

L’asticella dell’attenzione si sollevò per un attimo un paio di anni fa, quando Æstetica Sovietica, la pagina social che si occupa di analisi sociale, stereotipi di genere e rappresentazione delle minoranze, fu tra i primi ad accusare la Rai di inadeguatezza nella rappresentazione delle violenze sessuali. I “finti stupri”, insomma, quasi sempre narrati nelle fiction.

Il caso fu palese, allora, in ben tre diverse sceneggiate (tutte produzioni italiane) che raccontarono storie di violenze non avvenute, dando quindi adito a una rappresentazione molto parziale della realtà.

Nel 2021, in una puntata della fiction Mina Settembre e in una di Che Dio ci aiuti 6, entrambi trasmessi su Rai 1, si raccontava la storia di due donne che avevano denunciato uno stupro che non era veramente accaduto. Anche in Le indagini di Lolita Lobosco, tratta dagli omonimi romanzi di Gabriella Genisi e in onda sempre sulla rete ammiraglia, la prima puntata parlava sia di un “finto stupro” sia di femminicidio: la giovane donna che aveva denunciato la violenza, infatti, viene poi uccisa dal fidanzato che aveva tradito.

Le linee editoriali Rai

Sempre allora, la discussione si accese e si evidenziarono le linee guida editoriali per le fiction Rai, che parlano chiaro e dicono che l’offerta deve:

contribuire al superamento degli stereotipi culturali attraverso una rappresentazione veritiera della società civile, orientata al recupero di identità valoriali e rispettosa delle diverse sensibilità. […] il servizio pubblico deve rivolgersi alla complessità del Paese, deve porsi il compito di rappresentarla […] negli aspetti problematici, controversi e provocatori attraverso tematiche «attuali, vere, vitali e significative per l’esperienza del vissuto del telespettatore, raccontando l’identità e le trasformazioni del nostro Paese.

Sarebbe il caso che la Rai facesse anche buone narrazioni, altrimenti in questo modo il servizio pubblico contribuisce ad alimentare la «diffidenza dello spettatore nei confronti del riconoscimento e della denuncia delle violenze sessuali, disse sempre nel 2021 Nadia Somma, consigliera dell’Associazione D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), che riunisce più di 80 centri antiviolenza non istituzionali.

E allora non ci sono più finti stupri in TV?

Non esattamente. In queste ultime settimane sono andate in onda alcune puntate de Un posto al Sole in cui si narrano, tra le altre, le vicissitudini di una giovane Alice. Alice racconta alla nonna di essere scampata a un tentativo di violenza sessuale da parte del suo fidanzato (o ex?) e i lividi che ha sui polsi ne sarebbero la prova. Elena, la madre, che pare sappia quanto la figlia possa spingersi con le bugie, chiede e richiede ad Alice di raccontare tutta la verità evitando di dire menzogne. In realtà, infatti, sarebbe stata la ragazza a procurarsi gli ematomi da sola per vendicarsi del fidanzatino innamoratosi di un’altra.

E allora giù tutta la scena della mamma che insiste con la figlia che “sì magari però tu in passato già hai detto qualche bugia, sei sicura che ora sia tutto vero?”. Insomma, la scena che arriva al pubblico è quella di una madre che dubita della figlia. Esattamente come accade alla stragrande maggioranza delle donne quando raccontano di aver subito una violenza. Ed è esattamente la narrazione che si dà nella realtà, quella di una ipotetica violenza sessuale usata come un’arma da donne scaltre e bugiarde.

Una narrazione errata, che non fa altro che ribaltare la realtà e celare la gravità delle violenze ancora oggi subite da migliaia di donne.

I numeri delle violenze

Secondo dati Istat, in Italia 5,4% della popolazione femminile adulta (pari a 1 milione 157 mila donne), ha vissuto forme gravi di violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila), mentre meno del 10% delle donne italiane vittime di stupro denuncia quanto loro accaduto.

Una tendenza dura a morire, ecco perché ciò che passa in TV, in determinate fasce orarie in cui il pubblico è davvero foltissimo, potrebbe fare molto.

Non solo a scuola e non solo in famiglia, anche il servizio pubblico ha il suo dovere da compiere, proprio perché arriva nelle case della gente. Una fiction o un talk show dovrebbero mettere a tavolino un dibattito serio e corrispondente solo ed esclusivamente al vero e promuovere una cultura del sostegno alle donne vittime di violenza, invece di fare esattamente il contrario e strizzare l’occhiolino alla pratica del processo alle vittime.

Un po’ come quell’ “oposcuolo anti-stupro” che ci siamo visti apparire in una scuola superiore qualche settimana fa. Ecco: siamo pieni di cose da non dire riguardo alle violenze sessuali. A quando un dibattito producente?

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Fonte: Æstetica Sovietica

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