Un secolo fa un esperimento quantistico ha dimostrato perché non cadiamo dalla sedia

Sono passati 100 anni: Stern e Gerlach non lo sapevano ancora ma avevano dimostrato l'esistenza dello spin, un movimento rotatorio delle particelle elementari, tecnicamente associato al loro momento angolare che, come tutte le proprietà quantistiche, ha una caratteristica molto particolare: quando viene misurato può essere solo orario o antiorario. E che si rivelò poi la chiave per comprendere una gamma infinita di fenomeni quotidiani, fino al perché non cadiamo dalla sedia

8 febbraio 1922. Otto Stern e Walther Gerlach dimostrano una proprietà della materia che si rivela poi la chiave per comprendere una gamma infinita di fenomeni quotidiani, fino al perché non cadiamo dalla sedia. Lo spin.

È passato poi alla storia come ‘Esperimento di Stern-Gerlach’: tutti gli studenti di chimica e di fisica sono invitati anche oggi a conoscerlo, usato per dimostrare che elettroni e atomi hanno proprietà quantistiche intrinseche e che la misura di un sistema quantistico influenza il sistema in esame.

Che cos’è lo spin

Lo spin è un movimento rotatorio delle particelle elementari, tecnicamente associato al loro momento angolare che, come tutte le proprietà quantistiche, ha una caratteristica molto particolare: quando viene misurato può essere solo orario o antiorario, non esistono situazioni “intermedie” che però esistono se nessuno misura il sistema.

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Per gli elettroni, per i quali spesso viene nominato, lo spin interviene nel cosiddetto ‘Principio di esclusione di Pauli’ che afferma come, se due elettroni si trovano nello stesso orbitale (ovvero nella stessa “zona di spazio” attorno al nucleo dell’atomo), devono averlo necessariamente contrario.

Cosa ha dimostrato l’Esperimento di Stern-Gerlach

Nelle prime ore dell’8 febbraio 1922 Stern e Gerlach spararono un raggio di atomi d’argento attraverso un campo magnetico, pensando che gli atomi d’argento agissero come minuscole barre magnetiche e quindi reagissero a un campo magnetico.

Ma non fu così: il raggio si divideva nettamente in due. Sparato orizzontalmente, si “schiacciava” in uno spazio stretto, con un polo sopra e l’altro sotto. Quando il campo magnetico veniva disattivato, il raggio si limitava invece a proseguire lasciando un debole punto argentato sullo schermo, direttamente in linea con il percorso di uscita del raggio dal magnete.

In altre parole, con il magnete acceso, ogni atomo subiva forza verticale che dipendeva dall’angolo del suo asse nord-sud, più forte verso l’alto con il nord puntato verso l’alto e più forte verso il basso con il nord puntato verso il basso. Cosa c’è di strano? La forza potrebbe anche assumere qualsiasi valore intermedio, incluso zero se l’asse nord-sud dell’atomo fosse orizzontale.

Quindi un atomo magnetico che entra con un angolo casuale dovrebbe avere la sua traiettoria deviata di una quantità casuale corrispondente, che varia in continuum. Di conseguenza, l’argento che arriva allo schermo avrebbe dovuto dipingere una linea verticale. Ma non è quello che è successo.

A differenza dei magneti classici, gli atomi sono stati tutti deviati della stessa quantità, verso l’alto o verso il basso, suddividendo così il raggio in due fasci discreti piuttosto che diffonderlo su una linea verticale.

Era comunque ancora troppo presto per capire cosa davvero era successo. Fu solo dopo la fondazione della moderna meccanica quantistica, a partire dal 1925, che i fisici si resero conto come il magnetismo dell’atomo d’argento non fosse prodotto dal suo elettrone più esterno ma dallo spin intrinseco di quell’elettrone, che lo fa agire come una minuscola barra magnetica.

Come “usiamo” lo spin oggi

L’impatto dell’esperimento Stern-Gerlach è stato davvero immenso. Ha portato i fisici a rendersi conto che c’era qualche caratteristica interna di una particella quantistica che in realtà non corrispondeva ad analogie con cose come pianeti e stelle.

E che in un certo  senso serve a rassicurarci sulla stabilità della materia e quindi anche che no, a meno che non facciamo operazioni “sbagliate” noi, non possiamo cadere dalla sedia, come scrive anche Scientific American.

Oggi inoltre il concetto di spin quantistico è alla base di tutti i computer quantistici. La versione quantistica di un bit di computer, chiamata qubit, ha la stessa forma matematica dello spin di un elettrone, indipendentemente dal fatto che sia codificato o meno in un oggetto rotante (anzi, spesso non lo è).

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Tutto questo in “appena” 100 anni, che sembrano tanti per le singole vite umane, ma che per la storia dell’umanità è davvero un soffio. Che ci ha portato fino a qui.

Nel bene e nel male.

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