Articolo 5, l’attivazione anche in caso di attacco cibernetico ai danni di un Paese alleato Nato

Per il segretario della Nato Jens Soltenberg questa è un’opzione reale. Prima di ora è stato invocato una sola volta, a seguito degli attacchi dell’11 settembre 2001

Un attacco cibernetico potrebbe far attivare l’articolo 5 del trattato dell’Alleanza Atlantica. Il segretario della Nato Jens Soltenberg ha affermato che una possibile azione contro le infrastrutture di un Paese alleato potrebbe innescare una risposta militare collettiva. Qualora questa ipotesi dovesse tramutarsi in realtà verrebbe applicato l’articolo 5 che, nello specifico, recita:

Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

Nelle righe di questo articolo del trattato, siglato a Washington il 4 aprile 1949, non si fa specifico riferimento ai cyber-attack ma questo è il segno dei tempi, dell’inizio di quelle che vengono definite guerre ibride che si combattono sul campo ma anche in una diversa dimensione. Prima di ora, l’articolo 5 era stato invocato una sola volta dagli Stati Uniti all’indomani dell’11 settembre 2001.

Il 24 febbraio la Polonia e tre Repubbliche baltiche — Estonia, Lettonia e Lituania — si sono subito appellate per l’attivazione dell’articolo 4 dello stesso trattato dopo l’inizio dell’offensiva del Cremlino verso l’Ucraina. La minaccia e l’incertezza del domani sono sentite particolarmente reali: la Polonia, assieme all’Ucraina, condivide la frontiera da dove è partita l’azione militare; le Repubbliche baltiche temono anche l’incognita Mar Baltico che, in un’ipotesi nefasta, potrebbe diventare un altro possibile target delle operazioni militari.

A questi Paesi si sono poi uniti anche altri Stati membri della Nato come Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania e Slovacchia.

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Fonte: Nato

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