Ogni anno i genitori condividono sui social 300 foto dei figli in media: l’allarme dei pediatri, “i rischi sono enormi”

Senza il loro consenso, senza che ne abbiamo sentore e senza che in un giorno futuro sia assicurato il diritto all’oblio, continuiamo con questa pratica sconsiderata dello “sharenting”, ovvero dell’abitudine quasi ossessivo-compulsiva di condividere online immagini o informazioni sui minori

Un nuovo studio della SIP, Società Italiana di Pediatria, ha svelato che ogni anno i genitori pubblicano in media 300 foto dei figli sui social. Prima dei 5 anni ne hanno già condivise quasi 1.000.

Ripresi e fotografati in ogni dove, a qualunque età, in qualunque posizione, anche la più ridicola. Immortalati a fare cose, a improvvisare balletti, a fare la pappa, la nanna, la merenda, lo sport. Ogni giorno, ogni secondo, il popolo adulto mette online su millemila profili social almeno una, due, venti foto dei propri figli. Minorenni, ovvio, dati in pasto al web.

Proprio così, e pare che nessuno se ne accorga che quello è un atto che mina in tutti i sensi non soltanto la libertà dei nostri figli di NON essere messi in pubblica piazza, ma anche la loro stessa sicurezza. Già, perché non tutti sono consapevoli del fatto che circa il 50% del materiale presente su siti pedopornografici proviene proprio dai social media.

I genitori sono per lo più inconsapevoli dei rischi a cui sottopongono i figli, spiega Pietro Ferrara, primo autore dello studio sui rischi connessi allo sharenting, professore di Pediatria all’Università Campus Bio-Medico di Roma e responsabile del Gruppo di studio per i diritti del bambino della SIP.

Leggi anche: Sharenting: Chiara Ferragni, ti spieghiamo cos’è l’ossessione di documentare, passo dopo passo, la vita dei figli sui social network

Un nuovo studio, firmato dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) e pubblicato sul Journal of Pediatrics, ha infatti mostrato che questo trend cela dei pericoli di cui gli stessi genitori non sono a conoscenza e che riguardano gli ambiti della tutela dell’immagine del minore, della riservatezza dei suoi dati sensibili, della sicurezza digitale.

Cposì, mentre in Francia è in discussione in Parlamento una proposta di legge che vorrebbe limitare la condivisione di foto dei figli online, in Italia, già nel novembre scorso, la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Carla Garlatti ha sollecitato per lo sharenting l’applicabilità delle disposizioni in materia di cyberbullismo, che consentono ai minorenni di chi-edere direttamente la rimozione dei contenuti.

Lo studio

A fare il punto su questo fenomeno è lo studio pubblicato sulla rivista Journal of Pediatrics, dell’European Pediatrics Association, che cita a sua volta un recente lavoro che evidenzia come, in media, l’81% dei bambini che vive nei Paesi occidentali, abbia una qualche presenza online prima dei 2 anni, percentuale che negli Stati Uniti è pari al 92%, mentre in Europa si attesta al 73%.

Dati recenti mostrano che entro poche settimane dalla nascita, il 33% dei bambini ha proprie foto e informazioni pubblicate online. E un numero crescente di bambini nasce digitalmente ancor prima della nascita naturale. Infatti, si stima anche che un quarto dei bambini abbia un qualche tipo di presenza online prima di venire al mondo: negli Stati Uniti, il 34% dei genitori pubblica abitualmente ecografie online, percentuale che in Italia si attesta al 15%.

Ma cosa spinge a condividere e quali sono i rischi? Nella maggior parte dei casi, i genitori che condividono foto online dei figli lo fanno ingenuamente per “documentare” la crescita dei piccoli, condividere  preoccupazioni, cercare informazioni in ambito educativo, pediatrico, scolastico. Le tre tipologie di foto che vengono maggiormente pubblicate sono di vita quotidiana (mentre il bimbo dorme, gioca, mangia), di uscite o viaggi e di momenti speciali (Natale, battesimo, primo giorno di scuola, compleanni).

Non va sottovalutato però che questa pratica può associarsi ad una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini, spiega Pietro Ferrara. Spesso, infatti, i genitori non pensano che quanto condiviso sui social media, a volte anche molto personale e dettagliato, esponga pericolosamente i bimbi ad una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che informazioni intime e personali, che dovrebbero rimanere private, potrebbero benissimo essere impropriamente utilizzate da altri, oltre a poter fonte di imbarazzo per il bambino una volta divenuto adulto (ad esempio in colloqui di lavoro, test di ammissione all’università). Infine, questo tipo di condivisione da parte dei genitori può inavvertitamente togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità.

Non tutti sanno, inoltre, che in Italia la legge sul diritto d’autore prevede che nessun ritratto di una persona possa essere esposto senza il consenso di quest’ultima e che l’articolo 10 del codice civile, che consente la richiesta di rimozione di un’immagine che leda la dignità di un soggetto con conseguente possibilità di risarcimento danni.

Va, però, anche evidenziata un’ambiguità delle normative che proteggono l’immagine in quanto si parla di ‘consenso dell’interessato’ che, nel caso di minore, deve essere offerto dal suo rappresentante legale (articolo 316 del Codice Civile), cioè proprio il genitore, sottolinea Ferrara.

Tra i rischi della condivisione social di contenuti privati c’è anche quello che questi finiscano su siti pedopornografici: un’indagine condotta dall’eSafety Commission australiana ha evidenziato come circa il 50% del materiale presente su questi siti provenga dai social media dove era stato precedentemente condiviso da utenti per lo più inconsapevoli di quanto facilmente potesse essere scaricato, non solo da amici, ma anche da estranei.

Cosa fare allora? Semplice, dicono gli esperti, evitare di pubblicare o farlo molto ma molto meno (e in ogni caso mai nudi!) ed essere consapevoli che condividere immagini, video e qualsiasi tipo di contenuto che abbia come protagonisti i bambini significa costruire un loro “dossier digitale” senza consenso e senza che loro ne siano a conoscenza. Inoltre, la condivisione sui social media di materiali e informazioni riguardanti i propri figli deve prevedere una certa cautela e, in molte occasioni, l’anonimato. È ora di riaccostarci alla realtà e chiederci se abbiamo bisogno per davvero di tutto questo.

Seguici su Telegram Instagram | Facebook TikTok Youtube

Fonte: SIP

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook