Adolescenti ai tempi del Covid-19, “vittime” o “carnefici” senza il primo bacio

Cosa sentono veramente gli adolescenti? È tutto così scontato o è giusto che debbano pagare anche loro lo scotto di misure non rispettate?

Passano da vittime a carnefici in un attimo: alcuni considerano gli adolescenti degli autentici untori, altri sono più sensibili a ciò che stanno passando. Perché anche a loro questa pandemia sbatte in faccia una dura realtà: la solitudine, che a quell’età si amplifica a mille. È davvero così? O per loro è più facile come in molti azzardano a dire?

Sono soli? Certo. Hanno bisogno di noi? Ora più che mai. 13, 14, 15 anni, forse anche prima, sicuramente anche dopo, è quell’età storpia e aurea allo stesso tempo in cui prudono le mani e il cervello è in attività costante, perennemente insoddisfatto.

Sono gli adolescenti, ragazze e ragazzi che ora – in questa precisa fase storica – hanno nel cuore un’unica grande tristezza: un vuoto di affetti e una serie di mancanze. E non ci sono mamma e papà che tengano, gli amici – ora – sono necessari quanto l’aria.

Dentro ai loro giorni, tutti uguali, c’è un caleidoscopio di sentimenti che fanno a cazzotti. Anche loro, gli adolescenti, volenti o nolenti, si devono “piegare” all’infamità di questo tempo, obbligati come sono a dover tener fede a certe regole e a farsi un pochino più grandi, un pochino più maturi.

Loro, che per natura alle regole voltano sistematicamente le spalle.

C’è chi dice che per questi ragazzi, comunque, è tutto più facile, iperconnessi come sono e sicuramente più “fortunati” di generazioni passate.

Ma è davvero così? Cosa sentono veramente? È tutto così scontato o è giusto, come molti pensano, che debbano pagare anche loro lo scotto di misure non sempre rispettate?

Lo abbiamo chiesto a Stefania Citta, psicologa e psicodiagnosta, che con i ragazzi ha a che fare ogni giorno e che parte da un dato certo: l’adolescenza è di per sé un delicato passaggio fondamentale ed inevitabile del ciclo di vita, spesso accompagnato da tensioni, ribellioni e conflitti, paragonabile a una nuova nascita che cambia, trasforma, rompe e strappa tutto ciò che ci ha circondati nell’infanzia.

Risultato? In questa età si confermano e consolidano tratti di personalità, si definiscono le sfumature caratteriali, si rafforzano i legami importanti, si scopre il corpo e anche la sessualità. Da qui il primo bacio e le prime carezze che ora hanno subito uno stop.

Un passaggio impegnativo, insomma. Ma ora immaginate di prendere tutto ciò e privarlo di alcuni fondamentali punti di ancoraggio, dell’esperienza del ‘qui ed ora’ per esempio e della diretta conseguenza emotiva; o ancora del gruppo, quel micromondo che ci fa capire dove siamo ma soprattutto dove possiamo arrivare; ma specialmente del reale, quella sensorialità a pelle, di quel linguaggio non verbale che dobbiamo interpretare, di quegli attimi di coraggio e forza che ci fanno scattare in avanti, di quelle palpitazioni che sono la nostra reazione immediata”, racconta la dottoressa.

Già, perché il mondo adolescenziale è questo. È una struttura all’interno di mille strutture e mille mondi, è una bolla a sé, un universo immenso e complicato, bello e difficile allo stesso tempo, in cui entrare in punta di piedi a sorvegliare “da remoto” quel che accade.

Perché è tutto lì il processo. Gli adolescenti non sono gli untori: molti, soprattutto sui social, si sforzano a sputare veleno (anche) su di loro, non considerando nel modo più assoluto che sono figli del loro tempo e, soprattutto, sono figli nostri, specchio e risultato delle nostre azioni (o non azioni).

Per loro, che vivono praticamente con uno smartphone in mano, hanno la smart TV e tutte le distrazioni che vogliono, è davvero più semplice gestirsi, autoisolarsi in casa e contribuire alla riduzione dei contagi?

Non esattamente – ci dice la Citta. Le restrizioni sociali  e scolastiche conseguenti alla pandemia, i limiti imposti e il surplus virtuale, rendono difficile il confronto con i coetanei e di conseguenza viene in qualche modo alterata la percezione che si ha di se stessi e l’immagine di se stessi nel mondo, nel reale”. Ciò per dire che subiscono anche loro: nonostante abbiano i mezzi per mantenere le relazioni con gli altri, quello che manca è un imprescindibile contatto fisico.

Insomma, che lo vogliamo o no, anche i nostri ragazzi possono risentire di questi giorni decisamente difficili e non perché sono “giovani” non meritano di essere capiti e ascoltati.

Sentimenti di bassa autostima, difficoltà di relazione con il gruppo e contemporaneamente un mancato consolidamento di quegli affetti che caratterizzano le amicizie, potrebbero essere le dirette conseguenze. L’era digitale ha già di per sé modificato i canali di comunicazione, ma oggi si rischia di vivere il mondo dalla propria stanza. Si rischia di favorire il consolidamento di disagi psicologici che oggi sono sfumature ma che poi, in determinate condizioni sociali e familiari, possono divenire tratti della struttura di personalità. È come un’impalcatura che man mano si costruisce: ci sono parti solide, resistenti, e parti piccole e poi può mancare una vite e solo a lungo termine quel ‘vuoto’ si farà notare”.

Il lockdown, la quarantena, l’isolamento, creano percezioni surreali e momenti assai angosciosi per tutti. Ma per i nostri adolescenti lo squilibrio, che ora si sta manifestando proprio nei percorsi di crescita, rischia di essere più difficile da gestire.

Per i ragazzi più forti tutto questo sarà un capitolo particolarmente faticoso di cui un giorno fare tesoro, “ma per i fragili la parte emotiva e tutti gli scombussolamenti non sono da prendere sottogamba”, chiosa la dottoressa Citta.

I ragazzi sono alle prese con un vuoto, stanno perdendo le loro usuali attività quotidiane, la loro organizzazione e pianificazione del tempo, ma particolarmente i loro svaghi e il gruppo dei pari.

Le mamme e i papà cosa devono fare?

I genitori ahimè sono chiamati a contenere, aiutare e gestire difficoltà emotive e l’uso massiccio di dispositivi elettronici da parte dei figli. Possiamo allora a proporre attività ‘inusuali’ da condividere in un prestabilito momento della giornata, come ad esempio cucinare, imparare uno strumento da autodidatta, disegnare, così da trasformare il tedio in qualcosa di costruttivo e, perché no, di una nuova passione – dice la Citta. Ricordiamoci che l’ascolto rispettoso e il dialogo sono sempre un modo per ‘buttare fuori’ qualcosa che da soli non si riesce ad elaborare. non abbiate remore nel chiedere aiuto ad un esperto per un supporto psicologico in merito.

Se tutto si prepara nell’infanzia, tutto si gioca nell’adolescenza”, citando l’analista francese Kestenberg.

Ed è proprio così: finiamola di puntare il dito verso quanti pensiamo siano i colpevoli di una pandemia. Finiamola di alzare i toni e prendercela con chiunque. I ragazzi ci osservano e hanno bisogno di noi, hanno delle aspettative cui dobbiamo rispondere. Le hanno eccome, anche se fanno finta di niente.

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