Il lato oscuro del “rosa salmone” che rosa non è: l’installazione artistica di denuncia degli allevamenti intensivi

Parlare di cibo, ambiente e crisi climatica nei luoghi dell'arte, della cultura e del design può fare la differenza contro la crisi climatica

Quando l’arte diventa denuncia: il colore fittizio “rosa salmone” non è il colore reale del pesce, ma deriva da un pigmento sintetico somministrato ai salmoni d’allevamento attraverso il mangime.

Come vivono i salmoni negli allevamenti intensivi? Stipati in vasche dove vivono al massimo per due anni, immersi in acque inquinate e ricche di pesticidi e nutriti solo con alimenti trasformati. Condizioni terribili, che causano malattie, infezioni, cecità e malformazioni nei pesci. Molti, arrivano addirittura a mangiarsi da soli.

La denuncia sugli allevamenti ittici questa volta non arriva da gruppi ambientalisti o animalisti ma da due artisti che, attraverso un’installazione e un libro hanno fatto luce sulle condizioni di vita di uno dei pesci più diffusi sulle nostre tavole.

Dal 2013, Daniel Fernández Pascual e Alon Schwabe hanno dato vita al duo Cooking Sections che, attraverso installazioni, performance e video, esplora i sistemi che organizzano il mondo attraverso il cibo.

Il loro ultimo lavoro si chiama “Salmon: A Red Herring” e fa parte del progetto “Climanore”, lanciato nel 2015 con l’obiettivo di esplorare il legame tra il modo in cui le persone mangiano e la crisi climatica, grazie alla collaborazione con esperti in ecologia, biologia marina, agronomia, nutrizione e ingegneria.

Il libro e l’istallazione (in mostra presso il Tate Britain di Londra dallo scorso novembre alla fine di febbraio di quest’anno) riflettono in particolare sul cambiamento di colore delle specie, indicativo della crisi ambientale in corso.

Come ormai sappiamo, il colore fittizio “rosa salmone” non è il colore reale del pesce, ma deriva da un pigmento sintetico somministrato ai salmoni d’allevamento attraverso il mangime.

Poiché i salmoni di allevamento non possono nutrirsi in modo naturale, la loro carne non risulta rosa, bensì grigia. Gli allevatori utilizzano dunque un colorante chiamato SalmoFan per rendere la carne più invitante. Il mix di pigmenti di sintesi viene aggiunto ai mangimi e consente di personalizzare il colore della carne di salmone in relazione alle esigenze di mercato: così il “rosa salmone” può essere più intenso o più chiaro, in base ai gusti dei consumatori.

Installazione

©Climavore

Qual è però il legame tra l’industria ittica e l’arte e perché due artisti hanno deciso di affrontare il tema degli allevamenti di salmone? Secondo il duo è assolutamente normale che anche il mondo dell’arte, della cultura, così come l’architettura e il design si interessino della crisi ambientale e, per farlo, non è possibile prescindere dal cibo.

“Il cibo è uno strumento. Consente di comprendere gli ambienti, i paesaggi e la geopolitica.”, ha spiegato Schwabe.

“Tocca molti livelli diversi. Il cibo è uno dei maggiori responsabili delle emissioni atmosferiche ed è anche una delle forze trainanti della deforestazione. È ovunque.”, ha aggiungo Pascual.

La loro installazione, indagando sul colore dei salmoni, ha fatto si che la Tate Britain eliminasse il salmone dai propri menu. Parlare di agricoltura sostenibile, spreco alimentare e altri temi simili nei luoghi della cultura può dunque fare la differenza.

Fonti di riferimento: The Guardian/Climavore

Leggi anche:

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook