Nella totale indifferenza, il Governo ha tagliato le spese per la scuola (mentre ha aumentato quelle militari)

Il Governo Draghi ha deciso di tagliare le spese destinate al mondo della scuola e dell'università, mentre aumentano quelle per la Difesa. Ma un Paese che non investe nell'istruzione, e quindi sul futuro, è inevitabilmente destinato al declino

“L‘istruzione è l’arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo” diceva il grande Nelson Mandela. Eppure, il nostro Paese preferisce tagliare le spese destinate alla scuola e investire di più nel settore militare.  Il DEF (Documento di Economia e Finanza) 2022, approvato lo scorso 6 aprile, prevede infatti una riduzione dello 0,5% delle risorse finanziare indirizzate al mondo della scuola e dell’università.

Se nel 2020 la spesa pubblica è stata pari al 4% del totale, questa scenderà al 3,5% nel 2025 per mantenersi intorno a quella cifra anche negli anni successivi. Per intenderci si tratta di un taglio di ben 15 miliardi di euro l’anno, come sottolineato in un post pubblicato dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa.

Una cifra folle. – ha commentato Costa – Si consideri che l’Italia già destinava alla scuola una percentuale del proprio PIL inferiore alla media europea (4,7%), mentre ci sono Paesi che destinano fino al 6,9%, come in Svezia, o 6,3% in Danimarca. Adesso l’Italia si attesta addirittura all’ultimo posto nel ranking europeo. Le prospettive future di un Paese si fondano sulla formazione giovanile e sull’aggiornamento in età più matura. Una buona scuola, inoltre, contrasta le diseguaglianze sociali (per le quali siamo, purtroppo, al 1° posto in Europa).

E mentre i fondi per la scuola previsti dal Governo scarseggiano sempre di più, le spese militari lievitano in maniera spaventosa e inaccettabile. Lo scoppio della guerra in Ucraina è stata l’occasione, o meglio il pretesto, per il nostro Paese per incrementare i fondi per la Difesa, che entro il 2028 dovrebbe arrivare a coprire il 2% del PIL, pari al 3,5% del bilancio dello Stato. Miliardi di euro che la nostra nazione potrebbe investire in altro, in settori come l’istruzione e la sanità.

È inaccettabile che, dopo l’aumento delle spese per armamenti al 2% del PIL, nell’arco temporale del DEF 2022-2025, si prospetti un taglio dello 0,5% del PIL delle risorse destinate alla scuola, già drammaticamente al di sotto della media europea, come se la scure della politica degli anni precedenti non abbia già penalizzato abbastanza gli insegnanti ma soprattutto gli studenti, cittadini di domani. – commentano Angelo Bonelli e Eleonora Evi, portavoci nazionali di Europa Verde – La visione miope di Draghi e del suo Governo fa dell’Italia un Paese che non investe nell’istruzione e che rinuncia al futuro e al benessere sociale. Questi tagli non possono essere scaricati ancora una volta sui giovani: è eticamente inammissibile. Bisogna invece investire affinché transizione ecologica, tecnologica e digitale divengano realtà attraverso una formazione rinnovata e rivolta alla creazione di nuove professionalità. Un Paese che non coltiva l’istruzione dei suoi giovani è  un Paese destinato a non avere futuro.

Perché il Governo Draghi ha deciso di tagliare le spese destinate all’istruzione

Ma perché questa importante riduzione delle spese destinate al mondo della scuola e delle università? I motivi andrebbero ricercati nel calo demografico.

Partendo da un livello pari al 3,4 per cento del Pil nel 2026, l’indice di spesa presenta un andamento stabile nei primi anni e lievemente decrescente fra il 2030 e il 2040 – si legge nel Def. – Tale riduzione è dovuta al calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche previste. Tuttavia, tra il 2040 e il 2055, la dinamica di spesa evidenzia un leggero aumento di circa 0,2 punti percentuali di Pil, che si riassorbe successivamente. Al 2070 la spesa in rapporto al Pil converge verso un valore pari al 3,4 per cento.

Un Paese che non investe nei giovani è un Paese che non guarda al futuro

A livello europeo Paesi, l’Italia si posiziona all’ultimo posto per percentuale di spesa spesa pubblica complessiva riservata all’istruzione, mentre si trova al dodicesimo per le risorse impiegate nel settore della Difesa. Come se non bastasse, i salari dei docenti italiani sono tra i più bassi nell’Unione Europea, in particolare rispetto a quelli dei colleghi di nazioni come Germania e Danimarca. Pensare di tagliare i fondi all’istruzione significa non avere a cuore il futuro dell’Italia e delle nuove generazioni.

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Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze /Europa Verde/Sergio Costa (Facebook)

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