“C’erano una volta un italiano, un ucraino e una russa”, la direttrice d’orchestra Gianna Fratta e quel concerto oggi impossibile

“Il nostro è stato un atto politico; perché non mi si venga a dire che l'arte e la cultura non sono anche politica”, sono le parole della direttrice d'orchestra Gianna Fratta per raccontare il suo concerto a Kiev tenutosi un mese prima dell’inizio dell’invasione in Ucraina.

“C’erano una volta un italiano, un ucraino e una russa”, comincia così il racconto della direttrice d’orchestra e pianista Gianna Fratta indicando però che non è l’inizio di una barzelletta. Tutt’altro. Il 21 gennaio del 2022, quando le minacce di una guerra diventavano sempre più reali, lei era a Kiev per dirigere il concerto Ad Memoriam. Al suo fianco sul palco c’erano tre solisti di queste tre nazionalità.

Per via delle tensioni sempre più acute, in molti avevano sconsigliato sia la Fratta che il violista Cataldo de Palma, il violinista Oleksandr Semchuk e la violinista Ksenia Milas di realizzare questo evento. Nessuna minaccia di guerra però avrebbe potuto fermare la loro voglia di trasformare quei rumori in un concerto portatore di pace, e come un atto politico, insieme all’Orchestra Sinfonica della Filarmonica Nazionale d’Ucraina, decisero di esibirsi.

Concerto a Kiev di Gianna Fratta

©Gianna Fratta/Facebook

Se Kiev fosse stata bombardata qualche giorno prima, ci saremmo stati anche noi, forse con gli strumenti o la bacchetta in mano. Ma non ci importava; avevamo scelto di stare lì e lì siamo stati. Avevamo scelto di prendere una posizione: non far fermare la musica dalla minaccia di una guerra”, prosegue il racconto della direttrice Fratta.

Si pensa spesso che in tempi di crisi, l’arte e la cultura non siano una priorità. Ma in realtà dialogano con la sua dimensione sociopolitica e, di conseguenza, con il loro potenziale riflessivo e trasformativo. Come afferma la Maestra Gianna “l’arte è una visione del mondo, è un’idea che dal singolo artista viene proposta alla collettività”.

Avevamo preso una posizione, perché prima che musicisti siamo cittadini, prima che artisti siamo esseri umani, prima che interpreti e responsabili di note siamo interpreti e responsabili della società che contribuiamo a formare”, si legge ancora.

Tra le toccanti parole, spiega e condivide la posizione della Scala sulla richiesta al maestro russo Valery Gergiev – che finora non si è espresso – di pronunciarsi su quanto sta accadendo.

Lui è un simbolo, è un uomo che con le sue parole può contribuire ad isolare culturalmente le scelte del suo Paese, a distaccarsene, almeno. Per questo comprendo la posizione della Scala. La Scala non sta prendendo una generica posizione verso un generico artista russo, sta prendendo una precisa posizione verso uno specifico artista, simbolo stesso del legame tra musica e politica”.

Senza però trascurare quegli artisti russi che la guerra sta ingiustamente calpestando:

Non comprendo le ritorsioni che in tutto il mondo si stanno esercitando su artisti russi del tutto estranei alla politica di quel Paese, artisti residenti da anni altrove, che stanno pagando in prima persona, e senza motivo, le proprie origini. Artisti costretti a fare dichiarazioni. Artisti minacciati. Artisti che si trovano nel territorio di nessuno: maltrattati dalla Russia, perchè lontani dalla patria in questo momento, maltrattati dagli altri Paesi perchè di origine russa. A loro va tutta la mia vicinanza”.

Vi invitiamo a leggere il suo testo completo, una lettura – come dice la maestra Fratta – di 5 minuti, 4 giorni di scritture e tante lacrime.

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