No, quasi certamente non verrai colpito da un razzo cinese che precipita sulla Terra

Sta destando non poca preoccupazione la notizia che riguarda la probabile caduta del secondo stadio del razzo cinese Long March 5B, ma quali sono i rischi reali?

Il rientro del secondo stadio del razzo cinese Long March 5B preoccupa anche l’Italia, nonostante le autorità cinesi continuino a rassicurare il mondo intero sui rischi estremamente bassi legati alla caduta dei detriti sulla Terra. Ma quali rischi corriamo? In realtà, non è possibile stabilire con esattezza quando cadrà lo stadio del razzo che lo scorso 29 aprile ha portato in orbita il primo modulo della stazione spaziale Tiangong. Secondo gli scienziati, il rientro è atteso tra sabato 8 e domenica 9 maggio. Tuttavia, non è semplice prevedere dove avverrà la caduta.

In base a quanto emerso dal monitoraggio dell’Isti-Cnr, la caduta potrebbe avvenire nella fascia compresa fra 41,5 gradi a Nord e 41,5 gradi a Sud, area che comprende anche l’Italia centrale e meridionale, ma tantissime altre regioni della Terra. Inoltre, l’orbita potrebbe subire variazioni. Quindi le possibilità che possa essere colpita un’area popolata sono davvero molto basse, anche se non del tutto nulle.

Le previsioni degli esperti

Secondo l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), la data di riferimento per la caduta del secondo stadio del razzo cinese è il 9 maggio, con un margine di incertezza di circa 18 ore. Molti come mai non possiamo avere qualche dato certo in più sul momento del rientro?

“Il motivo è che, così come non si può disegnare la Terra con un tondo, non si può neppure disegnare l’atmosfera con un cerchio. – spiega Ettore Perozzi, responsabile dell’Ufficio per la Sorveglianza Spaziale dell’Agenzia spaziale italiana. – Le regioni superiori dell’atmosfera sono sede di vari fenomeni, ad esempio delle variazioni di ‘temperatura’, che ne modificano l’estensione, rendendone i confini non facilmente definibili. Quindi un oggetto in caduta, come nel caso del secondo stadio del razzo cinese, si avvicina sempre più alla superficie terrestre fino a quando variazioni locali e anche molto rapide dell’atmosfera lo portano ad attraversare uno strato più denso. A quel punto avviene una brusca frenata e la susseguente la caduta. Predire questo fenomeno con settimane o anche solo con giorni di anticipo è molto difficile: quello che possiamo fare è stabilire una finestra temporale per il rientro, che diventerà sempre più piccola man mano che inseguiamo l’oggetto nella sua discesa”.

Invece, l’Aerospace Corporation, organizzazione senza scopo di lucro in gran parte finanziata dal governo federale degli Stati Uniti, prevede che il rientro avverrà sabato alle 03:43, con un margine di incertezza di circa 16 ore, e che i detriti potrebbero finire in Africa, nel territorio del Sudan.

Ma soltanto poche ore prima della caduta il quadro sarà più chiaro. In ogni caso, il rientro nell’atmosfera della fase finale del razzo è costantemente monitorato non soltanto dalle autorità cinesi, ma da diversi scienziati e agenzie, tra cui l’Agenzia spaziale italiana (ASI), l’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) e l’Aeronautica militare che stanno partecipando a queste attività nell’ambito della Task Force del Consorzio Europeo di sorveglianza e monitoraggio dello Spazio dell’Unione europea.

Coordinamenti internazionali di questa portata si sono già attivati in passato, ad esempio con i resti di Tiangong-1, la vecchia stazione spaziale cinese che nel 2018 è caduta nell’Oceano Pacifico, senza provocare danni. Speriamo che anche stavolta vada tutto per il meglio, ma alla luce di queste vicende appare ormai sempre più urgente regolamentare meglio le attività spaziali, che troppo spesso mettono a rischio l’umanità. 

Fonte: Agenzia Spaziale Italiana/The Aerospace Corporation 

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