Ecco perché non abbiamo bisogno di altri inceneritori. Anche i più moderni non producono solo vapore acqueo…

Inceneritori, un tema caldo, che negli ultimi giorni ha acceso le polemiche nel cuore del governo. Il punto è sempre lo stesso: sono davvero utili all'Italia? Ma soprattutto occorre davvero costruirne degli altri?

Inceneritori, un tema caldo, che negli ultimi giorni ha acceso le polemiche nel cuore del governo. Il punto è sempre lo stesso: sono davvero utili all’Italia? Ma soprattutto occorre davvero costruirne degli altri?

Una questione annosa, che da sempre divide mettendo da una parte chi pensa che trasformare i rifiuti in energia sia necessario, dall’altra chi invece punterebbe maggiormente sul riciclo e sul trasformazione dei rifiuti in nuovi materiali.

Gli inceneritori italiani

Secondo l’ultimo rapporto Ispra, nel nostro paese sono operativi 41 impianti di incenerimento che trattano rifiuti urbani, non distribuiti in maniera uniforme sul territorio nazionale. Il 63% si trova al Nord (26 impianti) e, in particolare, in Lombardia e in Emilia Romagna con 13 ed 8 impianti operativi. Al Centro e al Sud, gli impianti operativi sono rispettivamente 8 e 7.

Nel 2016 è stato incenerito circa il 18% dei rifiuti urbani, in calo di 1 punto percentuale rispetto al 2015. In discesa anche la quantità di rifiuti pro capite inceneriti, passati da 92 kg/abitante per l’anno del 2015 a 89 per il 2016.

tabella inceneritori italia ispra

Su base regionale, la maggiore quantità di rifiuti inceneriti è in Lombardia col 34% del totale nazionale. A seguire, l’Emilia Romagna (18%), la Campania (13%), il Piemonte (8%), il Lazio (7%), la Toscana (5%), il Veneto (4%), il Trentino Alto Adige il Friuli Venezia Giulia la Sardegna e il Molise (2%), ed infine Puglia, Calabria e Basilicata (1%).

tabella inceneritori italia ispra regioni

Gli inceneritori servono davvero?

Secondo Legambiente, abbiamo un quadro impiantistico di incenerimento saturo, regioni in cui la capacità di combustione dei rifiuti è addirittura eccessiva e sovradimensionata, come in Lombardia e in Emilia Romagna. In altre, soprattutto al centro sud, sono stati costruiti negli ultimi 10 – 15 anni impianti

“per bruciare i rifiuti per colmare un deficit impiantistico ‘immaginario’, spacciato furbescamente come uno dei motivi alla base delle emergenze rifiuti; ci sono regioni dove i risibili quantitativi di rifiuti in gioco rendono superfluo realizzare un impianto dedicato. In questo scenario non ha più senso costruire nuovi impianti di incenerimento/gassificazione per rifiuti (il contrario sarebbe un incomprensibile regalo alla lobby dell’incenerimento). È invece fondamentale procedere alla realizzazione di impianti di digestione anaerobica per l’organico da raccolta differenziata e per altri rifiuti biodegradabili compatibili”.

La vera sfida non è il facile (ma costoso e dispendioso) incenerimento, ma una corretta raccolta differenziata e un sistema di trasformazione dei rifiuti, che in questo modo possono tornare a nuova vita sula base dei principi dell’economia circolare.

Perché convertire i rifiuti in energia quando invece potrebbero tornare nel ciclo produttivo?

Va detto però che, soprattutto nel Nord Europa, gli inceneritori vengono molto utilizzati.

L’inceneritore con pista da sci di Copenaghen

In questi giorni sta facendo parlare di se l’avveniristico impianto di Copenhagen, di recente apertura, che ospita sul tetto anche percorsi di trekking e una pista da sci. Un termovalorizzatore innovativo, non c’è dubbio, in grado di produrre una quantità ridotta di inquinanti rispetto ad altri.

Soprannominato Copenhill perché aspira a diventare una collina verde nel cuore della capitale danese, è stato costruito da una società formata da 5 Comuni, prendendo il posto di un vecchio inceneritore. Con due linee di combustione, è in grado di bruciare 70 tonnellate di rifiuti all’ora. L’energia generata dalla combustione alimenta 50mila abitazioni e fornisce calore a 120mila.

Ma non produce solo vapore acqueo, come spesso abbiamo sentito dire. Anche se le emissioni sono certamente inferiori rispetto a quelle di colleghi più datati, l’inceneritore di Copenhagen produce ossidi di azoto (che secondo i produttori non supereranno i 15 mg/Nm3), monossido di carbonio e ammoniaca.

istogramma rifiuti

Secondo la presidente nazionale degli Amici della Terra Monica Tommasi

“In Europa e in Italia, le regioni dotate di inceneritori per il recupero di energia sono le uniche anche in grado di recuperare la materia, riciclando la gran parte dei rifiuti prodotti. Tutte le altre regioni, soprattutto quelle con un grave deficit di impiantistica, hanno ancora un esagerato conferimento in discarica e un imbarazzante export di rifiuti. Le discariche hanno un grande impatto ambientale, sono tra i più importanti produttori di gas ad effetto serra (metano ed anidride carbonica), emettono sostanze tossiche nel suolo, nelle acque e nell’aria, sia quando sono in esercizio, sia per diversi secoli dopo la chiusura. Costituiscono un grande danno per l’ambiente e per l’economia”.

Il Ministro dell’ambiente Costa dice no agli inceneritori

Secondo il Ministro dell’ambiente Costa, non serve realizzare nuovi inceneritori:

“Al di là delle motivazioni ideologiche, puntare sugli inceneritori è oggi una scelta antieconomica e tecnicamente non condivisibile. La dimostrazione è quello che sta accadendo il Veneto, come leggete in questo post, dove gli #inceneritori li stanno spegnendo. Senza contare che siamo a Caserta per affrontare l’emergenza roghi tossici degli impianti di stoccaggio e dei trattamenti dei rifiuti e non ‘l’emergenza rifiuti’.

Il Governo smorza i toni della polemica

La bagarre tra Lega e 5 Stelle, i primi a favore, i secondi contro la realizzazione di nuovi impianti, è stata messa a tacere da un comunicato congiunto da parte del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dei due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

“Il governo lavora a una soluzione condivisa e senza polemiche. L’obiettivo è sempre la tutela della salute e del territorio. Il contratto di governo sul tema generale dei rifiuti esprime un chiaro indirizzo politico-amministrativo: dobbiamo lavorare per realizzare quanto prima una completa economia circolare e rendere ‘verde’ il nostro sistema economico. Questo significa lavorare a difendere la cultura del ‘riciclo’ e rendere i rifiuti ‘prodotti’, puntando alla capillare diffusione della raccolta differenziata. Il governo dunque si impegna al contempo a gestire le criticità che nel periodo di transizione dovessero manifestarsi, affidando al ministro dell’Ambiente le proposte e la prevenzione di queste criticità per una soluzione innovativa, concreta, realizzabile”

Speriamo.

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