Un batterio mangia plastica salverà il mare dall’inquinamento?

Un batterio mangia plastica salverà mari e oceani dall’inquinamento? Ogni anno in tutto il mondo si producono ben 311 milioni di tonnellate di plastica di cui il 90% è ottenuto dal petrolio, mentre solo il 14% viene avviato al riciclo. Come risolvere il problema?

Un batterio mangia plastica salverà mari e oceani dall’inquinamento? Ogni anno in tutto il mondo si producono ben 311 milioni di tonnellate di plastica di cui il 90% è ottenuto dal petrolio, mentre solo il 14% viene avviato al riciclo. Come risolvere il problema?

Un gruppo di ricercatori giapponesi ha individuato un batterio capace di ‘mangiare’ la plastica. Questo batterio infatti è in grado di rompere i legami del PET, il materiale che di solito viene utilizzato per realizzare le bottiglie di plastica.

Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista Science. I ricercatori hanno evidenziato che la maggior parte della plastica prodotta del mondo si degrada molto lentamente e proprio per questo motivo rappresenta un grave rischio ambientale, soprattutto per gli oceani, dove i rifiuti di plastica mettono a rischio gli ecosistemi e la vita degli animali acquatici.

Per arginare almeno in parte il problema della dipendenza dal petrolio i ricercatori ritengono che dovremmo produrre plastica biodegradabile da fonti rinnovabili – ma non si tratterebbe comunque di una soluzione definitiva per liberarci completamente della plastica.

Ecco allora che grazie agli studi più recenti gli scienziati hanno individuato un batterio che sarebbe in grado di degradare completamente la tipologia di plastica più utilizzata nel mondo, cioè proprio il PET.

Il batterio Ideonella sakaiensis 201-F6 ha sviluppato enzimi capaci di scomporre il PET. È forse questa la risposta della natura al problema della palstica che abbiamo accumulato nel corso dell’ultimo secolo?

Anche in questo caso però non riusciremmo a risolvere il problema della plastica al 100%, dato che si dovrebbero comunque investire spazi, strumenti e risorse per creare delle apposite strutture dove degradare il PET grazie all’azione di un batterio, che sarebbe in grado di farlo scomparire in sole 6 settimane. Abbiamo invece già a disposizione le strutture per riciclare il PET.

Lo stratagemma che sfrutta l’azione del batterio mangia plastica ci appare utile per ridurre la presenza della plastica in mari e oceani ma non dovremmo dimenticare che il PET in questo momento può già essere riciclato e riutilizzato per altri scopi – l’industria dell’abbigliamento lo ricicla per creare fibre tessili, ad esempio.

In questo modo si evita di distruggere del tutto un materiale che è stato creato da una risorsa costosa, critica e difficile da gestire come il petrolio. L’unica strategia per ridurre i rifiuti sarebbe dunque produrre meno plastica? Dovremmo forse incrementare e migliorare il riciclo del PET? E della plastica possiamo davvero fare a meno? Non si tratta di certo di una sfida semplice. Solo con il tempo capiremo se il batterio mangia plastica potrà esserci davvero d’aiuto.

Marta Albè

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