Come smaltire e riciclare correttamente l’olio esausto della frittura

Che il fritto non faccia poi così tanto bene, è cosa nota. Però forse non tutti sanno che ciò che resta in padella, l'olio esausto, può far danni ancor maggiori se non smaltito correttamente. Dal lavandino, attraverso la rete fognaria, l'olio esausto raggiunge gli impianti di depurazione causandovi gravi danni dagli elevati costi economici.

Versato in uno specchio d’acqua, un solo litro d’olio è capace di formare una pellicola inquinante grande quanto un campo da calcio riducendone pericolosamente l’ossigenazione e di rendere non potabile un milione di litri d’acqua (più o meno il consumo di acqua di un individuo per ben 14 anni). È capace, disperso nel suolo, di impedire l’assunzione delle sostanze nutritive da parte della flora e, rientrando nella catena alimentare, come mangime per gli animali ad esempio, ha conseguenze nefaste anche sulla nostra salute.

Il tentativo di disciplinare la materia riguardante l’eliminazione ed il riutilizzo degli oli da parte della Comunità Europea risale già al 1975, ma in Italia è solo nel 1982, con l’istituzione del Consorzio Obbligatorio degli Oli usati, il Conou, che si muovono i primi, faticosi passi in tale direzione ed unicamente per il riciclo degli oli lubrificanti. Solo 13 anni dopo, con il D.Lgs 95/ 1995, vengono finalmente stabilite competenze, autorizzazioni e modalità di svolgimento dell’attività di raccolta e smaltimento e dovranno passare ancora quattro anni perché vengano decise tecniche e fissati parametri in materia di eliminazione degli oli e della loro corretta destinazione.

Finalmente nel 1997, il Decreto Ronchi – da non confondere con quello approvato ieri che legifera sulla privatizzazione dell’acqua – stabilisce che tutti gli oli e le emulsioni debbano essere trattati come rifiuti pericolosi, innescando, l’anno successivo, la creazione del Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti, il Conoe, attivo dal 2001 che raggruppa associazioni di raccoglitori (ANCO), di rigeneratori (Anirog e Aroe), di produttori (Confcommercio, Confartigianato, Coldiretti, CNA, Federalberghi, Fipe e Una-Confindustria) coinvolgendo all’incirca 12.000 imprese.

oli_vegetaliIl Conoe, che non ha fini di lucro, pur non disponendo del contributo obbligatorio di riciclaggio da parte dei produttori di olio alimentare previsto dalla legge si è comunque sviluppata grazie al contributo volontario delle imprese di raccolta e rigenerazione, raggiungendo una capacità di raccolta e di trattamento del prodotto (olio di fritture prodotto dalla ristorazione, dall’industria e dalle famiglie) che si aggira attorno alle 45.000 tonnellate annue ed incrementata in sette anni del quasi 90%.

Oltre che evitare danni ambientali, riciclare l’olio esausto consente notevoli vantaggi economici: attraverso i processi di trattamento e riciclo si ottengono prodotti di elevata qualità come lubrificanti vegetali per macchine agricole, estere metilico per il biodiesel, glicerina per la saponificazione, combustibile per recupero energetico. Ma anche, come abbiamo visto con Revivoil anche lubrificanti eco-friendly per automobili. I

l recupero delle 280.000 tonnellate di olio esausto che l’Italia produce ogni anno genererebbe in poche parole un valore recuperato stimabile intorno agli 84 milioni di euro. Ad oggi, purtroppo, sono ancora rarissime le campane per la raccolta differenziata degli oli esausti posizionate in città, prolificano invece con successo le iniziative di numerose associazioni al fine di sensibilizzare, educare, informare la collettività circa la necessità e l’urgenza di tale pratica.

Nell’attesa che venga organizzata una filiera più capillarmente distribuita ciò che potete fare è portare l’olio della vostra frittura a qualche ristorante vicino casa che effettua, per legge, il riciclo degli olii esausti o contattare l’azienda di raccolta e recupero più vicina. L’elenco, suddiviso per Regione è disponibile sul sito del CONOE che ricorda come la raccolta dei cittadini sia di competenza del Comune al quale gli stessi devono rivolgersi per conoscere l’ubicazione delle isole ecologiche attrezzate con il contenitore per il rifiuto.

Effettivamente oggi, pur essendo ancora indietro, aumentano i comuni che si stanno attrezzando in attesa ancora del Decreto attuativo per il contributo ambientale, ma con un piccolo sforzo in più da parte di tutti, si può far in modo che la nostra frittura risulti più leggera: se non per il vostro fegato, almeno per la natura.

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