Nuovo studio non riesce a trovare un collegamento tra l’aumento della deforestazione e la crisi del COVID

 Dopo ogni periodo di depressione economica, la ripresa porta con sé un maggiore sfruttamento delle risorse naturali

 Dopo ogni periodo di depressione economica, la ripresa porta con sé un maggiore sfruttamento delle risorse naturali. Non sembra essere così per la riprtesa post-Coronavirus, tuttavia

Quando la pandemia da Coronavirus ha avuto inizio, e i governi nazionali hanno risposto con lockdown e misure restrittive, gli ambientalisti hanno ipotizzato che questo potesse portare ad un’impennata nel disboscamento illegale nei paesi tropicali: con pochi controlli e con l’aumento della disoccupazione, le foreste pluviali del mondo sarebbero state destinate a morire prima del tempo.

E invece, secondo un nuovo studio condotto dal Global Forest Watch (GFW), diverse forze in azione nei meccanismi economici globali hanno compensato i fenomeni di deforestazione nel mondo: all’aumento della deforestazione in alcune aree del pianeta è corrisposto una diminuzione del fenomeno altrove. L’associazione ha dimostrato che la superficie totale della foresta tropicale è diminuita di 12,2 milioni di ettari nel 2020, 12% in meno rispetto al 2019: si tratta di un’area ampia più o meno quanto la Grecia.

Osservando i dati relativi al triennio 2016-2018, sembra che la perdita di foresta avvenuta nello scorso anno sia in media inferiore rispetto a quella degli scorsi anni. Purtroppo, però, la deforestazione delle tre più importanti foreste tropicali del mondo – Brasile, Repubblica Democratica del Congo e Indonesia – è continuata malgrado l’emergenza sanitaria.

In questi paesi, la pandemia ha reso più vulnerabili i tentativi mossi in difesa delle foreste, messi in atto in primo luogo dagli indigeni: le misure adottate per contrastare la pandemia, come il lockdown, hanno compromesso l’attivismo della polizia e dei servizi di controllo, dando più margine d’azione alle attività di disboscamento illegale. Questo ha avuto effetto sulla popolarità di leader come Jair Bolsonaro, il controverso primo ministro brasiliano: egli aveva avviato politiche di distruzione della foresta amazzonica molto prima che il Coronavirus si diffondesse nel mondo – resta ora da capire se la pandemia (e il modo in cui il paese ha reagito ad essa) abbiano favorito o frenato la sua folle campagna di distruzione dell’ambiente.

Dal punto di vista storico, un’economia emergente (come quella che si risolleva dopo una guerra o dopo una crisi economica) tende ad aumentare i livelli di deforestazione, perché il boom economico porta con sé una grande richiesta di materie prime e di investimenti. Il denaro ‘iniettato’ nell’economia globale a partire dalla pandemia ha superato quello investito in risposta alle altre crisi della storia recente – in primis, la grande recessione del 2008 o il Piano Marshall inaugurato dopo la fine della II Guerra Mondiale.

Addirittura, la quantità di denaro investito da alcuni paesi europei (Regno Unito, Francia e Germania) è stata dieci volte maggiore rispetto a quella che gli stessi paesi hanno investito per risollevare le rispettive economie nel 2008. Gli economisti, tuttavia, ritengono che tutta questa disponibilità economica non possa andare avanti ancora a lungo e che non ci sarà un ‘decennio d’oro’ come ci fu alla fine della I Guerra Mondiale negli anni ’20.

deforestazione e covid-19

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Fonte: Forest Policy and Economics

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