Giornata mondiale dell’Ambiente: l’urlo di dolore del Pianeta resta (ancora) inascoltato

Dalla pandemia alle locuste, dagli incendi in Australia alla perdita dell'Amazzonia, l'urlo del Pianeta è sempre più forte (il tempo per agire sempre meno)

Aria e acqua pulite, cibo, conoscenze scientifiche e mitigazione dei cambiamenti climatici. Tutto questo e molto altro proviene da una sola cosa, la biodiversità, senza la quale tutta la vita sulla Terra e sott’acqua non avrebbe alcuna chance. È per questo che è al motto di “Time for nature”, “È il momento per la Natura”, si festeggia oggi la 46esima Giornata mondiale dell’Ambiente.

Ogni anno, per esempio, le piante marine producono più della metà dell’ossigeno della nostra atmosfera e un albero pulisce la nostra aria, assorbendo 22 chili di anidride carbonica e rilasciando ossigeno in cambio. Non ci resta che difendere la natura.

Celebrata per la prima volta nel ‘74 con lo slogan “Only One Earth”, la Giornata dedicata all’Ambiente si ripete il 5 giugno di ogni anno e fu istituita dalle Nazioni Unite per diffondere e promuovere in tutto il mondo una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali.

Il tema di quest’anno è proprio la biodiversità che, come spiega l’Onu, rappresenta “la base che sostiene tutta la vita sulla terra e sott’acqua” e riguarda “ogni aspetto della salute umana, fornendo aria e acqua pulita, cibi nutrienti, conoscenze scientifiche e fonti di medicina, resistenza naturale alle malattie e mitigazione dei cambiamenti climatici. La modifica o la rimozione di un elemento di questa rete influisce sull’intero sistema di vita e può produrre conseguenze negative”.

La biodiversità e la sua connessione con l’uomo

La biodiversità è la base che sostiene tutta la vita sulla terra e sott’acqua. Riguarda ogni aspetto della salute umana, fornendo aria e acqua pulite, cibi nutrienti, conoscenze scientifiche e fonti di medicina, resistenza naturale alle malattie e mitigazione dei cambiamenti climatici. La modifica o la rimozione di un solo elemento di questa rete influisce sull’intero sistema di vita e può produrre conseguenze negative.

Le azioni umane, tra cui la deforestazione, l’invasione degli habitat della fauna selvatica, l’intensificazione dell’agricoltura e l’accelerazione dei cambiamenti climatici, hanno spinto la natura oltre il suo limite. Occorrerebbero 1,6 terre per soddisfare le esigenze che gli umani fanno della natura ogni anno. Se continuiamo su questa strada, la perdita di biodiversità avrà gravi implicazioni per l’umanità stessa, incluso il collasso dei sistemi alimentari e sanitari.

Il Covid-19, poi, non ha fatto altro che sottolineare che, quando distruggiamo la biodiversità, distruggiamo il sistema che supporta la vita umana. Oggi si stima che, a livello globale, circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti si verificano ogni anno a causa di malattie causate da coronavirus; e circa il 75% di tutte le malattie infettive emergenti nell’uomo sono zoonotiche, il che significa che sono trasmesse alle persone dagli animali.

La natura ci sta inviando un messaggio.

Tutti i segnali che il pianeta ci ha mandato

Anche il WWF conferma come la diffusione del coronavirus sia direttamente e indirettamente collegata a un rapporto “malato” con la natura, caratterizzato da deforestazione, commercio illegale di animali selvatici, modelli di produzione e di consumo insostenibili a cui si aggiungono i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.

Per questo nella Giornata mondiale dell’Ambiente il WWF ha ripercorso le maggiori emergenze degli ultimi 18 mesi per raccontare la drammatica escalation dei segnali che ci sta inviando il pianeta. Lo ha fatto considerando tutte le principali emergenze ambientali come se fossero gli elementi di una Escape Room planetaria che necessita di risposte concrete per passare al livello successivo ossia quello in cui le nostre condizioni di vita, di salute e di benessere vengono garantite e protette.

Riusciremo a risolvere in tempo le crisi in corso e salvarci da questa Escape Room planetaria? La pandemia ha dimostrato che solo con azioni finalizzate al bene comune potremo salvarci dal peggio”.

WWF_Infografica-Planet-Escape-Room

©WWF

Le principali emergenze ambientali

  • Novembre 2018, l’apocalisse degli insetti: uno studio tedesco dimostra come in 27 anni ci sia stata una riduzione di più del 75% della biomassa degli insetti, fondamentali per garantire l’impollinazione di moltissime piante, il cui valore è stimato annualmente in oltre 235 miliardi di dollari, e quindi la base alimentare per tutta l’umanità
  • Maggio 2019, Rapporto Ipbes: il report “Global assessment report on biodiversity and ecosystem services” dell’Ipbes (Intergovernamental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services dell’Onu) mostra come il 75% dell’ambiente terrestre e il 66% dell’ambiente marino siano stati modificati dall’azione dell’uomo, mettendo a rischio la sopravvivenza di un milione di specie.
  • Estate 2019, Amazzonia in fiamme: oltre 200mila roghi mandano in fumo più di 12 milioni di ettari di foresta e di altri preziosi ecosistemi del “polmone verde del pianeta”, che regola il ciclo delle piogge del pianeta, fornisce il 20% delle acque dolci che arrivano negli oceani, sequestra tra i 140 e i 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno, raffredda il pianeta, contrasta la desertificazione, produce cibo e medicine per tutto il pianeta, avvicinandola drasticamente al 25% di distruzione che segnerebbe il punto di non ritorno oltre il quale tutti questi servizi sarebbero compromessi
  • Settembre 2019, ghiaccio bollente: il nuovo report dell’Ipcc (intergovernmental panel on climate change) “Oceani e criosfera in un clima che cambia” lancia l’allarme. A causa di temperature che nell’inverno artico hanno superato di 6°C le medie stagionali, i ghiacci marini e terrestri si stanno riducendo a un ritmo da capogiro
  • Novembre 2019, Venezia affoga: numerose ondate di acqua alta da record sommergono la serenissima, causate da venti di scirocco resi sempre più forti e frequenti dai cambiamenti climatici, responsabili del progressivo innalzamento del livello medio marino, che in laguna si prevede possa raggiungere gli 85 cm entro il 2100, mettendo a rischio uno dei tesori artistici del pianeta.
  • Dicembre 2019: i mega incendi mettono in ginocchio l’Australia, ma anche Indonesia e il bacino del Congo: tra novembre 2019 e gennaio 2020 il continente australiano è stato devastato da una tragica serie di mega-incendi che hanno distrutto più di 11 milioni di ettari (più di 100.000 chilometri quadrati, ovvero un’area più grande del Portogallo), cancellato numerose vite umane e ucciso più di 1 miliardo di animali
  • Dicembre 2019, l’invasione delle locuste: tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 sono comparsi immensi sciami di locuste, moltiplicatesi grazie all’insolita abbondanza di vegetazione nel Corno d’Africa, a causa della stessa anomalia che nel frattempo teneva all’asciutto l’Australia
  • Febbraio 2020: coralli addio? Il terzo fenomeno di “coral bleaching” in pochi anni colpisce la grande barriera corallina australiana. Il cosiddetto “sbiancamento”, ovvero la morte dei coralli a causa della perdita di alghe che fornivano loro nutrienti essenziali, è favorita dall’aumento della temperatura degli oceani causata dal riscaldamento globale, mettendo a rischio uno degli ecosistemi più ricchi di biodiversità, che garantisce inoltre lavoro e sussistenza a decine di milioni di persone.

 

  • Marzo 2020, l’Antartide fonde: anche il continente più freddo del pianeta è colpito da un’ondata di calore che in alcune aree porta le temperature a ben 18.3°c, determinando la fusione dello strato superficiale di ghiaccio in molte zone, con picchi di perdita locali fino al 20%.

 Marzo 2020:, la débâcle delle foreste tropicali: grazie alla fotosintesi clorofilliana, le piante assorbono CO2 dall’atmosfera, rilasciando l’ossigeno indispensabile per la respirazione degli animali, uomo incluso. Le foreste del mondo utilizzano in totale 2,4 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno e l’Amazzonia contribuisce a un quarto di questa enorme quantità. Ma un nuovo studio rivela che la capacità delle foreste tropicali di assorbire di CO2 si è ridotta di un terzo rispetto ai dati degli anni ’90, a causa di siccità, deforestazione e temperature più elevate, e con essa la loro capacità di contrastare il riscaldamento globale.

Solo ieri l’ennesimo urlo di dolore dalla Siberia, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza per l’ultimo disastro ambientale:

L’urlo del Pianeta resta inascoltato. E il coronavirus non ci ha insegnato proprio niente (tranne a gettare anche le mascherine per terra e in mare…)

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