Tolkien aveva ragione: gli alberi giganti hanno un ruolo importante nella protezione delle foreste. Lo studio

Un nuovo studio conferma quello di cui lo scrittore JRR Tolkien nel Signore degli Anelli aveva solo fantasticato: gli alberi giganti proteggono le foreste

Vi ricordate quando JRR Tolkien nel Signore degli Anelli raccontava come gli alberi giganti a riproduzione lenta svolgono un ruolo importantissimo nella crescita e salute delle vecchie foreste? Ebbene non era solo l’immaginazione di uno scrittore ma la realtà. La conferma arriva oggi in uno studio.

Negli anni ’30, il noto scrittore diede ad una stirpe di alberi enormi il nome di Ents, questi vivevano nelle grandi foreste della Terra di Mezzo, proteggendole dai pericoli. Oggi, un articolo pubblicato sulla rivista Science e opera di un gruppo di scienziati dell’Università del Texas ad Austin in collaborazione con il German Centre for Integrative Biodiversity Research e altri istituti internazionali, afferma che questi “pionieri di lunga durata” contribuiscono più di quanto si pensasse in precedenza al sequestro del carbonio e all’aumento della biomassa.

Ormai da decenni, gli alberi di grandi dimensioni ma anche antichi (con secoli e secoli di vita), vengono chiamati “pionieri di lunga durata”. Si fa riferimento, ad esempio, a specie come mogano, noci del Brasile e Pentiba di Ceiba, alberi che crescono rapidamente (fino al doppio della velocità delle altre piante) per centinaia di anni.

Lo studio, che si basa sui dati raccolti dalla foresta pluviale secondaria sul Barro Colorado, un’isola nel mezzo del Canale di Panama, per oltre 30 anni,  evidenzia l’importanza della biodiversità come parte della strategia per fermare il surriscaldamento del pianeta.

Gli autori hanno dichiarato che i loro risultati dovrebbero anche incoraggiare chi si occupa dei modelli climatici globali ad allontanarsi dall’idea di rappresentare gli alberi di una foresta come se fossero tutti uguali. Secondo quanto osservato dai ricercatori, infatti, gli alberi più grandi e antichi contribuiscono a trattenere maggiormente gli inquinanti e di conseguenza a proteggere gli altri alberi e le piante più giovani.

Per arrivare ad affermare questo i ricercatori hanno raggruppato 282 diverse specie di alberi in cinque categorie determinate da crescita, riproduzione e longevità. Ciò ha mostrato i ruoli relativi di specie “veloci” che crescono e muoiono rapidamente, specie “lente” ossia che crescono lentamente, “giganti infertili” e “nani fertili”, alberi bassi dalla crescita lenta che muoiono giovani ma si riproducono molto.

La conoscenza di quanto velocemente crescono gli alberi, per quanto tempo vivono e della potenza riproduttiva può aiutare nel ripristino delle foreste tropicali, che attualmente vengono abbattute a un ritmo allarmante. Potrebbe anche dissipare una teoria secondo cui gli alberi giganti scompaiono quando una foresta raggiunge la maturità.

“I nostri risultati mostrano che i pionieri di lunga durata non sono temporanei ma una caratteristica importante nelle vecchie foreste. Rappresentano circa il 40% della biomassa e non ci sono segni di un declino nel tempo” ha affermato la principale autrice dello studio, Nadja Rüger del Centro tedesco per la ricerca integrata sulla biodiversità e l’Università di Lipsia.

Tuttavia, ha anche avvertito che altre foreste mostrano schemi diversi.

I ricercatori ritengono che gli alberi giganti abbiano speciali caratteristiche, frutto del compromesso tra statura e riproduzione: queste specie, infatti, sarebbero in grado di mettere più energia nell’accumulo di biomassa, utile quindi per crescere ma anche per riprodursi.

Fonte: The Guardian/ Science 

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