Quarto conto energia: la bozza dei nuovi incentivi al fotovoltaico ancora non arriva alle Regioni

il Governo, pur avendo promesso di presentare quanto prima il testo alle Regioni, si trovi adesso in ritardo e speriamo, comunque, che il testo del Quarto Conto Energia sia approvato, come promesso dal Ministro Prestigiacomo, entro il 10 Aprile. Anche il Ministro Romani ha assicurato che il Governo sta lavorando alacremente per rispettare le scadenze. Ce lo auguriamo anche noi e, senza dubbio, anche gli imprenditori dellle energie rinnovabili e del fotovoltaico in particolare, fortemente penalizzati dal protrarsi di un periodo di incertezza normativa dopo l'approvazione del decreto Romani.

Presenteremo i nostri emendamenti al decreto attuativo del Decreto Romani non appena vedremo la bozza che è stata preparata, la stiamo attendendo“. Così si è epresso ieri Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni, al termine dellincontro di ieri.

Abbiamo già visto le opinioni emerse e le problematiche di alcune Regioni, legate al settore delle energie rinnovabili. È evidente , dunque, che il Governo, pur avendo promesso di presentare quanto prima il testo alle Regioni, si trovi adesso in ritardo e speriamo, comunque, che il testo del Quarto Conto Energia sia approvato, come promesso dal Ministro Prestigiacomo, entro il 10 Aprile. Anche il Ministro Romani ha assicurato che il Governo sta lavorando alacremente per rispettare le scadenze. Ce lo auguriamo anche noi e, senza dubbio, anche gli imprenditori dellle energie rinnovabili e del fotovoltaico in particolare, fortemente penalizzati dal protrarsi di un periodo di incertezza normativa dopo l’approvazione del decreto Romani.

Siamo, quindi, ancora alla prima bozza fatta circolare dopo l’incontro tra i Ministri Galan, Romani e Prestigiacomo, secondo la quale ci sarebbe una piccola riduzione subito, pur con le garanzie per gli investimenti in corso ribadite da tutti i Ministri, per poi arrivare ad una diminuzione più consistente con il prossimo anno, nell’ordine del 15-20 per cento. Gli incentivi al fotovoltaico sarebbero destinati, poi, ad una riduzione ancora più consistente (30-35%) con il 2015. Si dovrebbe passare, tuttavia, da un diverso sistema di limiti: non più la poteza incetivabile annua, ma un tetto massimo agli investimenti dello Stato per quanto riguarda gli incentivi al fotovoltaico. La Prestigiacomo aveva perlato di 6 miliardi di euro all’anno, ma alcune associazioni di imprenditori del fotovoltaico avevano comunque ritenuto insufficiente lo stanziamento.

In ogni caso le Regioni, tremite il vicepresidente della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia, Luca Ciriani, hanno ribadito ancora una volta che sono intenzionate a chiedere il mantenimento degli attuali incentivi del Terzo Conto Energia fino a fine anno, per poi passare ad una riduzione graduale come in altri paesi europei. Un riallineamento graduale che dovrebbe avvenire, secondo le Regioni, nel 2016.

Frattanto, Il Consiglio Direttivo di Assosolare ha proprio oggi fatto sapere che, dopo aver pubblicato nei giorni scorsi una propria posizione ufficiale relativa ai punti ancora aperti della bozza del tavolo tecnico tra Governo e Confindustria (a cui l’associazione aveva partecipato e ribadito la richiesta di salvaguardare gli investimenti 2011, non porre tetti annuali e tutelare la filiera industriale italiana) presenterà ulteriori proposte alle aziende associate, nel corso dell’assemblea straordinaria dell’ associazione che si terrà a Milano, il prossimo martedì 5 Aprile. Il testo, con nuove proposte sul Quarto Conto Energia, sarà discusso e sottoposto alla approvazione della assemblea dei soci, quindi presentato ai tavoli tecnici del Ministero dello Sviluppo Economico e Ambiente come posizione ufficiale dell’Associazione.

Secondo Cesare Cursi, presidente della commissione Industria del Senato, il Governo e gli operatori stanno lavorando ad una mediazione che dovrebbe rivelarsi buona : «Il Governo sta effettivamente tendendo conto delle nostre indicazioni» ha detto Cursi.
In ogni caso «è indifferibile – ha detto il pesidente di Confindustria Ceramica, Franco Manfredini, uno dei rappresentanti delle categorie energivore del “tavolo della domanda” – la ricerca di un modello che permetta di proseguire nello sviluppo fotovoltaico affrontando le abnormi distorsioni che hanno portato ad una esplosione assolutamente inattesa ed indesiderata dei costi a carico delle bollette». «Va bene il odello tedesco, ma adeguiamo comunque l’incentivo, che attualmente in Italia è tre volte quanto garantito in Germania». Anche considerando – osserva Manfredini – «le ore di assolamento, 900 in Germania 1700 al sud Italia». Altrimenti «senza capo e con gli incentivi attuali, prima di arrivare alla prima correzione ci troveremo di nuovo al raddoppio dei megawatt installati, con raddoppio dei costi in bolletta già a fine anno».

Il problema dei costi che lo Stato ed i cittadini dovrebbero affrontare per le energie rinnovabili è il più dibattuto negli ultim giorni, specie dopo l’intervento del Ministro Romani a Striscia La Notizia. Così, mentre alcuni (come Aper) minacciano il ricorso alla Commissione Europea contro il Decreto Romani, ed altri lanciano raccolte di firme ( come SoS Rinnovabili, tramite Facebbok) si registrano gli interventi di molti esperti, proprio sui dati e sui costi delle rinnovabili per l’ Italia. Ad esempio, sul Sole 24 Ore on line di oggi, in un articolo a firma di Jacopo Giliberto, si riportano i dati e le tesi dell’ Istituto Bruno Leoni, vicino alla destra liberista governativa: secondo tale studio gli incentivi attuali al fotovltaico sarebero troppo generosi e potrebbero arrivare ad costare fino ad una soma complessiva di 41 miliardi di euro nel 2032 oppure (in uno scenario di pesanti tagli) di 35,8 miliardi. Secondo l’istituto subiremmo le conseuenze di tali costi sia in bolletta che in chiave di obiettivi economici ed ambientali da conseguire attraverso le fonti rinnovabili di energia con il rischio di penalizzazioni per tutto il settore dell’elettricità ecologica, compresi segmenti economicamente più solidi (eolico e biomasse) e tariffe alte e nemiche della competitività.

Secondo il coordinatore degli studi Carlo StagnaroCon una cifra così consistente, sono stati indotti investimenti frettolosi per costruire centrali fotovoltaiche sulla base della tecnologia di oggi. In questo modo non sono state aiutate ricerca e innovazione, bensì l’inseguimento del profitto veloce. Inoltre – osserva Stagnaro – un incentivo consistente impone sulle bollette dei consumatori un onere che limita la competitività senza raggiungere i due obiettivi, cioè quello ambientale, che può essere conseguito anche con strumenti diversi dal fotovoltaico, né quello di politica industriale. Infine, un sussidio generoso crea un rischio politico, una reazione contro l’incentivo che si traduce in un taglio troppo netto che suscita negli investitori il senso di instabilità delle regole e di scarsa credibilità”. E a parere di Stagnaro questi tre effetti negativi sono stati raggiunti.

Secondo la ricerca, il peso degli incentivi alle fonti rinnovabili è pagato al 26,2% dalle famiglie (bassa tensione domestica), per il 28% dalle microimprese come negozi e uffici (bassa tensione non domestica), per il 2,2% dai lampioni stradali, per il 31,8% dalle piccole e medie imprese (media tensione) e per l’11,4% dalla grande industria (alta tensione). Da qui anche i timori espressi ieri dalla Adiconsum, di cui abbiamo già parlato, che penalizzerebbero i cittadini meno abbienti. Secondi gli analisti dell’istituto milanese , comnque, anche se l’aiuto andasse a zero nel 2020, le bollette non scenderebbero in modo consistente perché restano in vigore i diritti acquisiti di anno in anno. «Il fallimento del conto energia – aggiunge Stagnaro – non è più riparabile. E non è riuscito né a generare una filiera industriale importante, né ha dato spinta al progresso tecnologico».

Sulla questione dei dati e dei costi è intervenuto oggi anche Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, che ha voluto replicare soprattutto ai dati del Ministro Romani, sciorinati a Striscia La Notizia : «2,5 euro al mese. Ecco quanto hanno pagato gli italiani per promuovere le “vere” rinnovabili nel 2010. Una cifra che ha inciso sui costi totali solo per il 5,5% e che serve ad assicurare lo sviluppo delle fonti pulite, rinnovabili, tecnologicamente vantaggiose per il sistema Paese, per l’occupazione e per la salute degli italiani. Occorre partire da questi dati per affrontare coerentemente il tema dei costi delle nostre bollette energetiche. I costi elevati delle nostre bollette sono dovuti, in gran parte, all’aumentata dipendenza dell’Italia dal petrolio, e ben altre voci andrebbero eliminate per far diminuire la spesa dei cittadini. Mi riferisco al costo per i Cip 6 delle fonti assimilate piuttosto che alle Tariffe speciali Fs o ancora alla quota per il decommissioning delle centrali nucleari e non solo». Insomma sarebbero assolutamete pretestuose ed infondate le polemiche sui costi delle rinnovabili in Italia. Legambiente pubblica anche due tabelle elaborate sui dati del 2010 dell’Autority Energia e del Kyoto Club, dalle quali viene fuori che alle “vere” rinnovabili in bolletta sono andati 2.756 milioni di euro e alla non rinnovabili in bolletta sono andati 3.052 milioni di euro. L’Associazione ambientalista sottolinea che «Gli incentivi alle rinnovabili inoltre, in uno scenario chiaro e definito caleranno fino a raggiungere, volendo già nel 2020, la grid parity, ossia una situazione per cui il costo di produzione dell’energia da fonti rinnovabili avrà pareggiato il costo d’acquisto dell’energia dalla rete». A chi credere, dunque ? Per Cogliati Dezza «Non è possibile ingannare i cittadini con lo spauracchio degli alti costi dell’energia del vento e del sole, senza fare prima chiarezza sui costi reali della produzione energetica. Tanto più, che tutti i sondaggi realizzati ad oggi, hanno dimostrato che gli italiani vogliono le rinnovabili e che, per questo, sono disponibili a pagare quote accettabili in bolletta. Sarebbe più utile e corretto allora informare su quanto andrebbe a pesare (e quanto ci costa già ora) l’eventuale ritorno del nucleare».

Andrea Marchetti

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